La scuola bloccata

Il libro di Andrea Gavosto, La scuola bloccata, porta a chiederci chi sia davvero da educare e come e se non sia da assicurare il primato dell’etica sull’economia.

Nel giudicare un’opera, non è inutile tener conto delle referenze dell’ autore, per poter valutare l’impatto della sua ideologia sull’argomento trattato.  

Andrea Gavosto è un economista, presidente della Fondazione Giovanni Agnelli, membro di Confindustria e del Comitato tecnico-scientifico internazionale istituito dal MIUR per la messa a punto del sistema nazionale di valutazione delle scuole. Da lui la prassi educante tradizionale è vista come ostacolo a un proficuo passaggio studentesco al mondo del lavoro. Dovremmo accettare l’idea che vi sia un blocco della scuola dovuto ai nostalgici di un tempo che fu. Sarebbe colpa loro se gli studenti italiani, a stare alle rilevazioni di enti non ministeriali, giungono sempre più impreparati al termine degli studi e sempre meno adatti al lavoro.

Sembra che ormai la pedagogia sia stata bandita dal dibattito sull’istruzione.

È l’economicismo a regnare. Potremmo chiederci da che cosa gli economisti siano legittimati a occuparsi di scuola in tal modo. La loro è una scuola vista essenzialmente in funzione del mercato del lavoro. Non si comprende allora perché non si  metta prioritariamente in discussione la realtà lavorativa piuttosto che la formazione scolastica.  Gli sbocchi occupazionali a diversi livelli (professionistico, impiegatizio, operaio) si rivelano generalmente deludenti in termini di dignità e compenso. La rovinosa alternanza scuola-lavoro si è palesata funzionale a un progetto di deprivazione culturale dei giovani e di addomesticamento al regime capitalistico.

L’autore  prende in esame il sistema scolastico italiano in un contesto internazionale.

Ovviamente per il nostro paese si avvale delle ormai ben note risultanze delle misurazioni Invalsi circa gli apprendimenti, i quali  secondo l’ente non ministeriale risentono  di divari territoriali, sociali, di genere dal carattere catastrofico. Per quanto riguarda i divari di genere, si sofferma sull’asserita inferiorità delle ragazze nelle discipline scientifiche, dovuta a stereotipi sociali e a metodi didattici inadeguati:

“Mentre cambiare gli stereotipi di genere richiede un lavoro lungo e paziente, modificare le metodologie di insegnamento è realizzabile nell’arco di un ciclo scolastico. La didattica tradizionale non conduce a risultati soddisfacenti: un approccio meno trasmissivo all’insegnamento della matematica potrebbe determinare una riduzione del divario, avvicinandosi maggiormente allo stile cognitivo delle bambine.”

L’auspicio dell’autore è che le ragazze possano orientarsi sempre più verso le STEM – Science, Technology, Engineering, Mathematics. Sembra quindi da non escludere l’avvio di una propaganda che miri a reclutare fra le studenti tante future scienziate, anche se non è dato comprenderne il vantaggio.

Coerente con la sua visione aziendalista, l’autore a un certo punto affronta le problematiche delle variabili all’interno del sistema scolastico in termini di trade-off.

Si tratta del fenomeno così definito nell’Enciclopedia Treccani in rete:

“In economia, relazionale funzionale tra due variabili tale che la crescita di una risulta incompatibile con la crescita dell’altra e ne comporta anzi una contrazione. Si parla di trade-off  quando si deve operare una scelta tra due opzioni ugualmente desiderabili ma tra loro contrastanti. Ne consegue che un’azione di politica economica che assumesse come obiettivo l’acquisizione di vantaggi in termini di una opzione comporterebbe inevitabilmente costi in termini dell’altra.”

Si tenga presente però quanto scrive Luca Pezzotta a proposito delle variabili in economia:

“Ogni apparente correlazione tra due variabili può essere una coincidenza non collegata, direttamente casuale oppure collegata ad una terza variabile o anche ad un insieme di variabili.”

Ragionare in termini di relazione fra due sole variabili, se può essere fuorviante in economia, lo è in misura ancor maggiore  all’interno del sistema scolastico (come del resto avviene per qualsiasi sistema complesso), tant’è vero che poi lo stesso autore è lungi dall’attenersi esclusivamente al trade-off nella sua  disamina del cosiddetto blocco della scuola.

In tema di politiche scolastiche l’autore si sofferma sul come insegnare.

Naturalmente lo fa nella prospettiva dei venti miliardi di euro per la scuola previsti nel PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Per investire in modo ottimale bisognerebbe operare in termini di modifica del funzionamento scolastico. Mentre resta irrisolto il rapporto fra indicazioni nazionali e autonomie, risalta comunque la necessità di una radicale modifica dei curricoli.  Vengono chiamati in causa tra l’altro  i libri di testo, che secondo l’autore “si sostituiscono ai docenti nell’elaborazione delle strategie di insegnamento”. Se è vero che urgono nuove modalità di trasmissione dei saperi, destano non poca diffidenza le esortazioni a concentrarsi sui nuclei fondanti delle materie e a ridurre quelle “indispensabili” a uno “zoccolo comune” alla stregua dei common core standards statunitensi, destinandone altre a  restare opzionali. Il risultato ovviamente sarebbe quello di depauperare le conoscenze.

L’autore osserva che nell’insegnare bisogna preoccuparsi anche di orientare gli allievi.

Ciò al fine di indirizzarli verso gli studi accademici oppure verso le attività lavorative proprie dei  non laureati. Un corretto orientamento richiede che si riconoscano le attitudini personali degli studenti e le loro motivazioni, informandone anche le famiglie, nonché creando “una serie di occasioni per applicare le competenze sviluppate ai casi della vita reale”. Ritorna qui l’ideologia delle competenze in contrapposizione alle conoscenze. È un’ideologia che comporta conseguenze di ordine strutturale, nel senso che l’intera architettura scolastica tradizionale verrebbe ad esserne scompaginata.

Per quanto riguarda la formazione delle classi, l’autore le vorrebbe “costruite sul livello di competenza degli studenti”.

Ciò nel solco della pratica statunitense detta ability tracking. Vale a dire che “si potrebbe sfruttare meglio l’effetto pari, soprattutto mescolando alunni con età anagrafiche diverse, che la letteratura indica come il mix più efficace”. Tuttavia, se si va alla ricerca di un modello ideale, non è dato reperirlo:

“Esiste un modello migliore degli altri? La risposta è negativa: nonostante alcuni tentativi di determinarlo attraverso i risultati degli studenti nei test standardizzati, non è mai stato possibile dimostrare la superiorità di un modello sugli altri […]”

Costretto a riconoscere che i test standardizzati non offrono alcun apporto al miglioramento del sistema scolastico, ciononostante l’autore un suo modello lo propone. Anche se ogni anno di istruzione in più aumenta i benefici, la durata della scuola materna potrebbe essere ridotta di un anno, oppure la scuola secondaria superiore potrebbe durare quattro anni con un prolungamento dell’orario giornaliero. Questa ingegneria istituzionale finisce col risultare contraddittoria, perché da una parte si riconosce il beneficio di una dilatazione del tempo scolastico e dall’altra se ne propone la contrazione (il prolungamento dell’orario giornaliero è comunque una forzatura nei confronti dei ritmi di sviluppo adolescenziali).

L’autore si sofferma sulle competenze del futuro richieste dal cambiamento tecnologico.

Siamo ormai in una fase di incertezza, che la scuola non insegna ad affrontare: “A fianco delle competenze abituali, la scuola dovrebbe fare uno sforzo perché gli studenti sviluppino creatività, interazioni sociali e capacità di gestire l’incertezza per affrontare il loro futuro: purtroppo, ambiti in cui la nostra scuola non eccelle.”

Si ricalca qui  il pensiero del Premio Nobel James Heckman, economista e statistico statunitense, docente in varie università (Chicago, Columbia, Yale, Dublino), assertore dell’importanza dei character skills nell’apprendimento scolastico, ossia delle cosiddette competenze trasversali consistenti negli aspetti caratteriali, non essendo sufficienti le sole abilità cognitive per la formazione del capitale umano. Su questa scia l’autore rivendica l’importanza del grit, che nel vocabolario inglese significa coraggio e determinazione  nell’affrontare le difficoltà. È evidente che s’intende così alludere alla competitività in campo economico.

Composizione di Mariangela Cacace

Si sa che le politiche scolastiche debbono fare i conti con gli insegnanti.

Qui l’autore è perentorio: “Un sistema scolastico vale quanto valgono i suoi insegnanti.”
Poiché tale affermazione presa isolatamente è tale da rendere inutile qualsiasi proposito di cambiamento del sistema, l’autore precisa che l’apporto non dei singoli docenti, ma di gruppi di docenti all’apprendimento è un “valore aggiunto”. Rileva che nella formazione iniziale dei docenti vi è “scarsa enfasi sulle competenze didattiche”. Ritiene necessario un nuovo sistema di selezione. Per lui ormai l’immagine “romantica” dell’insegnante  è obsoleta. Viene sfiorato anche il rapporto dei docenti coi presidi ed è avanzata una proposta: introdurre fra loro la funzione intermedia del middle manager, figura di mediatore presente nei quadri aziendali. Per quanto riguarda le condizioni di lavoro dei docenti, viene riconosciuta la sussistenza di un’insoddisfazione dovuta alla “struttura salariale piatta”. Per rimediare, si dovrebbero introdurre crediti formativi con l’obiettivo di istituire un meccanismo di carriera secondo un criterio meritocratico. Infatti, se i docenti non mostrano interesse per la preparazione relazionale e pedagogico-didattica,  ciò sarebbe dovuto alla mancanza di incentivi. Non sarà sfuggito all’attento lettore che il lessico dell’autore è costellato di termini economici e ciò rappresenta la conferma linguistica della concezione della scuola come azienda.

L’autore si sofferma poi sul come insegnare.

Non si può dire che non sia aggiornato sulle più recenti ricerche attinenti all’educazione scolastica in campo internazionale. Cita, ad esempio, le ricerche del neozelandese John Hattie, direttore del Melbourne Education Research Institute presso l’Università di Melbourne, noto per aver individuato nel suo Visible Learning centinaia di fattori che influenzano l’apprendimento (finora, a quanto è dato saperne, 252), restando però non esente da critiche per le sue pretese di scientificità.
Ormai è una moda infarcire i discorsi pedagogici con anglismi che dovrebbero suonare come rimprovero agli insegnanti, quasi che essi non siano avvezzi a fare ricorso alle metodiche indicate in quanto non aggiornati: cognitive task analysis (analisi focalizzata sul comprendere compiti che richiedono presa di decisioni, soluzione di problemi, memoria, attenzione e capacità di giudicare),  response to intervention (identificare gli studenti in difficoltà fin dall’inizio e dare loro il supporto di cui hanno bisogno per ben fare a scuola), jigsaw (tecnica mediante la quale gli studenti apprendono in modo cooperativo), scaffolding ((sostegno mediante tutoraggio), e così via.
Non manca il riferimento alle architetture didattiche di Giovanni Bonaiuti: ricettiva o trasmissiva, comportamentale, simulativa, collaborativa, esplorativa, metacognitiva. Né poteva mancare il riferimento alle griglie di osservazione dei comportamenti dei docenti in aula elaborate dal connubio Fondazione Agnelli-Invalsi.

L’autore sintetizza infine i principali modi per sbloccare la situazione scolastica.

Punti salienti sono “riforma dei cicli, orientamento, formazione, selezione e carriera dei docenti, allungamento del tempo della scuola”. Per ottenere ciò, il nostro Ministero dell’Istruzione andrebbe marginalizzato sull’esempio dell’Ofsted anglosassone, così descritto sul sito:

“Ofsted is the Office for Standards in Education, Children’s Services and Skills. We inspect services providing education and skills for learners of all ages. We also inspect and regulate services that care for children and young people. Ofsted is a non-ministerial department.”

Si noti la frase finale: “Ofsted is a non-ministerial department.”

Andrea Gavosto pretende che l’operato dei docenti e dei presidi sia valutato da organismi con una “maggioranza di esterni alla scuola”, confermando in tal modo il progredire del progetto egemonico di enti privatistici decisi a  scongiurare ingerenze statali nei contesti scolastici:

“Ragionevolmente, una riforma del governo delle scuole dovrebbe trasformare gli organi collegiali da strumenti di partecipazione democratica a organismi di vaglio e discussione dell’operato del dirigente e dei docenti, con una formazione ridotta rispetto all’attuale e a maggioranza di esterni alla scuola (famiglie, enti locali, uffici regionali del ministero).”

Nelle conclusioni l’autore riassume i modi per superare il mismatch fra i bisogni delle scuole (domanda) e le caratteristiche dei docenti (offerta).

Ragionando in termini economistici, come si desume dall’uso del termine mismatch (disequilibrio fra domanda e offerta), paventa il rischio che si verifichi una fuga dalla scuola pubblica verso il settore privato e ciò  perché le famiglie non gradirebbero una scuola non selettiva. Strana questa idea:  infatti non poche  famiglie attualmente sono portate a orientarsi verso il settore privato (reso paritario per decisione politica), ove allignano non pochi diplomifici, proprio perché in essi non vi è selezione, ma si elargiscono titoli di studio a pagamento  a studenti che non frequentano le lezioni.

Strano anche il modo in cui l’autore si contraddice sul rapporto fra i test Invalsi e il successo lavorativo.

Infatti, dopo avere riconosciuto che “da noi non ci si è mai preoccupati di verificare se un buon risultato ai test Invalsi sia effettivamente un indicatore della probabilità di emergere negli studi successivi e nel lavoro”, sostiene che le famiglie dovrebbero capire  “che i test Invalsi non sono un’inutile tortura a cui sono sottoposti i loro figli, ma che le competenze di base che essi misurano sono utili per il prosieguo della loro vita”. Con questa apologia dell’Invalsi stride poi  la strana accusa allo stesso Invalsi di essere restio a rendere pubbliche le notizie sul funzionamento delle scuole, mentre è palese che gli opinionisti non mancano di divulgare ad ogni piè sospinto sugli organi di informazione gli esiti dei test invalsici (la verità è che all’autore preme mettere in risalto i modi di pubblicizzare gli esiti scolastici come accertati da Eduscopio della Fondazione Agnelli della quale lui, come si è detto, è presidente). Si vede che nel connubio Fondazione Agnelli-Invalsi, da noi celebrato in altra occasione, non mancano gli screzi.

La lettura di La scuola bloccata è raccomandabile?

Certo. Purché si  prenda cognizione anche di prospettive radicalmente diverse, come quelle  del Manifesto per la nuova scuola, leggibile su diversi siti fra cui change.org/p/manifesto-per-la-nuova-scuola ove lo si può anche firmare, e dell’intervista degli insegnanti Giovanni Carosotti e Sergio Arangino all’economista Emiliano Brancaccio sul sito roars.it/online/le-mani-delleconomia-sulla-scuola dal titolo di per sé eloquente.

Per concludere, sia consentita una riflessione.

Nel momento in cui ancora una volta che c’è un dittatore che minaccia il mondo, chiediamoci chi sia davvero da educare e come. Chi: gli adulti. Come: assicurando il primato non all’economia, ma all’etica. Se possibile.

  • Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

Continua la lettura su: https://www.matmedia.it/la-scuola-bloccata/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=la-scuola-bloccata Autore del post: Matmedia Fonte: http://www.matmedia.it

Articoli Correlati

Giovanni Modugno: a master of the senses

GIOVANNI MODUGNO: UN “MAESTRO DEL SENSO” PER LA SCUOLA ITALIANA DI OGGI

di CARLO DE NITTI

Alle “voci archetipe” della mia remotissima adolescenza

per sempre nei miei spazitempi mnesici, con infinita gratitudine.

Nascoste ai molti, si palesano,

a chi le cerca con animo puro,

perle, veri tesori delle profondità,

che rivelano le nostre vite,

la nostra intima essenza

di cercatori tra le pagine …

1. PROLOGO

Non mi è possibile iniziare questo intervento senza ringraziare con sentimenti di sincera gratitudine il prof. Vincenzo Robles, illustre cittadino bitontino e studioso di preclara fama, per avermi invitato a partecipare – bontà sua – a questo evento sul pensiero di Giovanni Modugno, pedagogista del ‘900 pugliese, italiano, europeo.

Non è quella che segue una forma di excusatio non petita: non sono un esperto di Giovanni Modugno nel senso accademico della parola, ma ho avuto, da molti anni, con la sua storia di vita, di pensiero, politica, culturale e religiosa una frequentazione che mi affascina. Sì, perché una personalità come quella di Giovanni Modugno non può non sé-durre, a prescindere dalle idee di chi a lui si accosti, purché lo faccia con onestà intellettuale e disinteresse, anche venale. Caratteristiche che egli stesso possedette in modo assoluto e che costituirono la cifra peculiare della sua personalità di uomo, di docente e quindi, di pedagogista.

Tutti gli altri intervenuti a questo evento – certamente molto più competenti di me – hanno lumeggiato o lumeggeranno da par loro al meglio il pensiero del pedagogista: a me, che raccolgo “materiali per chi voglia scrivere di storia” (alla maniera dei Commentari cesariani) piace interrogare la figura di Giovanni Modugno per cogliere – provando a suggere l’essenza del suo pensiero – quanto egli possa dire (rectius: insegnare) a noi persone di scuola del XXI secolo, che operano nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado (sebbene, ahimè, io mi trovi nel “pronaos” della quiescenza). Il ri-pensare Giovanni Modugno nella scuola di oggi non può, né deve, essere un mero esercizio di erudizione storiografica, ma un interesse squisitamente teoretico che interroghi il pedagogista, a partire dagli interrogativi del presente che scaturiscono, ovviamente, da bisogni didattici, educativi e pedagogici che urgono alle persone di scuola.

2. I “MAESTRI DEL SENSO”

E’ possibile connotare Giovanni Modugno come un “cercatore di Cristo”, un “apostolo dell’educazione”, un “pellegrino dell’Assoluto”: queste locuzioni possono legittimamente compendiarsi – per utilizzare il lessico della pedagogia di Papa Francesco – nell’espressione “maestro del senso”. Non trovo migliore sintetica definizione se non quella delle parole usate dal Pontefice recentemente a Lisbona, parlando ai giovani dal Pontefice per definirli: . 

E Giovanni Modugno lo è stato, di sicuro, ante litteram, … e lo è ancora oggi, a sessantacinque anni dalla sua scomparsa!

Leggere Giovanni Modugno oggi significa affrontare in modo efficace le urgenze educative del mondo contemporaneo: riformare la scuola, per Modugno, voleva dire formare le coscienze delle degli educandi. Al centro del processo educativo – come sostenevano in quegli anni i pedagogisti dell’attivismo pedagogico – non possono che esserci gli educandi con i loro vissuti, le loro storie interiori, i loro bisogni. Nel processo di educazione, non si può che “ascendere insieme”, per riprendere il titolo di un testo del 1943 dello stesso Modugno, per cambiare se stessi e contestualmente la società in cui si vive. L’unica vera riforma della scuola doveva essere, a parere di Giovanni Modugno, la “riforma interiore”, quella della formazione dei docenti.

La sua vita, la sua ricerca culturale, il suo insegnamentoincarnano l’anelito verso una società più giusta e più libera, nella quale ogni persona, consapevole della sua dignità, possa recuperare e vivere il significato dei valori fondamentali, in primis, la vita e la libertà, senza dei quali non è possibile praticare alcun altro valore. L’attualità del suo messaggio si focalizza prioritariamente intorno alla finalità dell’educazione, riprendendo le istanze più significative della tradizione pedagogica cristiana, arricchita dal dialogo fecondo con autori contemporanei. A partire dalla fine degli anni Venti, intensa fu la relazione di Giovanni Modugno con il gruppo di pedagogisti cattolici che si raccoglieva in quel di Brescia intorno alla casa editrice La Scuola, fondata nel 1904, ed alla rivista Scuola Italiana Moderna, nata nel 1893. Il medesimo milieu cattolico in cui, com’è noto, nacque (nel 1897) e si formò un giovane sacerdote (proclamato santo nel 2018), don Giovanni Battista Montini (il cui padre, l’avvocato Giorgio, era stato tra i fondatori della casa editrice), che alle posizioni di Giovanni Modugno fu certamente vicino, anche attraverso la filosofia della persona di Jacques Maritain (1882 – 1973).  

Nel gruppo di docenti e pedagogisti cattolici bresciani e nelle loro iniziative, di cui fu ispiratore e sodale anche attraverso il suo discepolo e figlioccio Matteo Perrini (1925 – 2007), Giovanni Modugno trovò quella consonanza intellettuale e religiosa che spesso gli mancò in Puglia, una sorta di accogliente “rifugio” ma anche la possibilità di incidere nella scuola militante: basti pensare alla comunanza di interessi e alla sua consonanza intellettuale con Laura Bianchini (1903 – 1983), docente di filosofia bresciana e madre Costituente.  

Anche dopo la seconda guerra mondiale, Giovanni Modugno continuò a collaborare con Scuola Italiana Moderna, la rivista scolastica più diffusa tra i docenti di scuola elementare, ed ispirò anche una filiazione diretta del gruppo bresciano: il “gruppo di maestri sperimentatori” di Pietralba (BZ),  dal nome dalla località dolomitica nella quale il gruppo si riunì per la prima volta nel 1948, cui partecipò anche un altro grande pedagogista pugliese, allora appena venticinquenne, suo allievo all’Istituto Magistrale di Bari: Gaetano Santomauro (1923 – 1976).  

Giovanni Modugno riconosce che la pedagogia è la “scienza della vita”: si preoccupa di affinare una riflessione rigorosa ma anche che manifesti un’efficacia pratica, fondata su principi e valori saldi, applicabili sia alla prassi quotidiana, scolastica e non. Per Modugno, la scienza della vita costituisce la risposta più significativa all’esigenza di riaffermare il primato della moralità, della razionalità e della spiritualità, come qualità peculiari di ogni persona che impara a riconoscerle come espressioni ineludibili della propria dignità e della propria coscienza morale.

Giovanni Modugno ricerca sempre il “perfezionamento interiore” anche nei momenti più drammatici della sua vita personale, come nel 1934, con la precoce morte dell’unica figlia Pina. Evento – collegato con altri lutti familiari (i genitori) – che interroga la coscienza del pedagogista. Quando la figlia si ammala, il progetto del Modugno è di lavorare per ‘cristianizzare la vita’, in lui e attorno a lui. E’ convinto che le disuguaglianze sociali e le miserie non si eliminano soltanto con le leggi e le riforme, ma con l’amore. La vera riforma interiore consiste nel disporsi a comprendere i bisogni di ciascuna persona in difficoltà e nel sentirsi responsabili se manca il necessario per vivere.

I motivi fondamentali che accompagnano la vita di Modugno sono quelli di ‘ascendere insieme’, ‘salire alla sublime vetta’,‘aiutare gli altri a salire’: l’insegnamento gli consente di adempiere a questa sua idea. Nella prospettiva del suo pensiero, la religione costituisce il principale centro d’interesse dell’intero curricolo scolastico, oltre che il contenuto più significativo della scienza della vita. Essa è la guida per cogliere nella vita concreta le relazioni tra le singole azioni ed i principi della ragione e della morale. Con la didattica della ‘provocazione riflessiva’, stimolata dal docente, la pratica del riflettere durante le lezioni li sollecitanella chiarificazione dei criteri direttivi e li pome nelle condizioni di osservare, giungendo a scoprire le istanze più profonde della vita.

3. GIOVANNI MODUGNO VIVANT

Riflettere oggi, nel terzo decennio del XXI secolo, sulla figura, sul pensiero e sulla storia di Giovanni Modugno, “cercatore di Cristo” ed “apostolo dell’educazione” è un atto “rivoluzionario” nella sua essenza, che modifica radicalmente i paradigmi del pensiero corrente, spesso incentrato sui tecnicismi della pedagogia– declinati in tutte le sue branche – e della scuola, piuttosto che sulla persona, quale punto di imputazione ultimo di ogni azione educativa.

Questo è il continuum che attraversa la vita di Giovanni Modugno, anche prima di insegnare, quando, da giovanissimo, iniziò ad impegnarsi nelle vicende della politica della sua città, in solido con lo storico molfettese Gaetano Salvemini (1873 – 1957), cui lo unì un lunghissimo sodalizio intellettuale e politico, nonostante le diverse posizioni, che ha attraversato la storia italiana dai primi anni del XX secolo agli anni ’50 del medesimo.Pressocché coetanei, furono entrambi “figli”, molto diversi tra loro, della medesima temperie culturale, quella positivistica, da cui furono entrambi però sempre alieni, giungendo a posizioni politiche diverse che avevano in comune l’impegno infaticabile e diuturno per il riscatto dei contadini meridionali rispetto ai soprusi dei latifondisti assenteisti, attraverso la conquista del primo e più fondamentale dei diritti, quello all’istruzione.   

Il fulcro dell’attività di Giovanni Modugno – che volle essere sempre “maestro di maestri” – fu sempre l’educazione dei giovani al pensiero critico, lontano da ogni possibile strumentalizzazione da qualunque “luogo” essa provenisse. Egli non fu mai uomo “di parte”, rifiutò sempre per se stesso incarichi, cariche ed onori di ogni tipo, proprio per conservare la sua libertà di pensiero: com’è noto, rifiutò la carica di Provveditore agli studi di Bari, sia nel 1923, quando gli fu proposta da Giuseppe Lombardo-Radice (1879 – 1938) perché temeva che avrebbe dovuto venire a compromessi con il fascismo, sia dopo la seconda guerra mondiale, quando fu invitato a ricoprire la medesima carica da Tommaso Fiore (1884 – 1973), a nome del Comitato di Liberazione Nazionale. Parimenti, non a caso, nel 1929, fu assordante il suo silenzio – in un’Italia osannante – di fronte alla firma dei Patti Lateranensi, che, com’è noto, ponevano fine alla sessantennale “questione romana”.

Questa missione – cui adempì senza deroga alcuna – non gli impedì di mantenere relazioni intellettuali con i più sensibili ed insigni pedagogisti del suo tempo, a cominciare dalla “scoperta” di Friedrich Wilhelm Foerster (1869 – 1966) e Josiah Royce (1855 – 1916). Con ed attraverso di loro, Giovanni Modugno difese la persona umana, la sua dignità e la sua libertà interiore, trovando nel cristianesimo, inteso come “fede nella Resurrezione”, il miglior fondamento per conseguire questo obiettivo. In quest’opera educativa, massima era la sintonia del pedagogista con l’allora Arcivescovo di Bari, Mons. Marcello Mimmi (1882 – 1961), di cui condivideva in toto il metodo pastorale.

La cifra di tutta l’esistenza del pedagogista che si può compendiare nel titolo del volume – pubblicato dieci anni dopo la sua scomparsa, a cura dell’amatissima moglie, Maria Spinelli Modugno – Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno: mediante un’ascesa interiore, mai disgiunta dall’adempimento del dovere della missione educativa, indirizzata alla conquista, da rinnovare continuamente, della libertà, della coscienza critica e della dignità della persona umana. Un’eredità pedagogica e morale da raccogliere e praticare con rinnovata lena anche, se non soprattutto, nelle scuole di ogni ordine e grado. 

Quella ‘coscienza critica’ di cui oggi – dopo oltre sessanta anni dalla sua morte – si avverte uno smisurato bisogno: VINCENZO ROBLES, da storico, con i suoi volumi, ne rende seriamente consapevoli noi tutt*, uomini del XXI secolo, persone di scuola e non.

4. EPILOGO “APERTO”

Più che un epilogo – per quanto aperto – mi piace avanzare una proposta concreta per continuare a riscoprire e valorizzare il pensiero di Giovanni Modugno nel XXI secolo. Mi piace avanzarla qui in un luogo simbolo della sua città natale, alla presenza delle autorità civili e religiose e di tanti illustri esperti.

Come si è diffuso nella scuola barese, pugliese ed italiana, forse melgré lui, il pensiero di Giovanni Modugno? A questa domanda,penso, si possa dare una risposta certa: attraverso i suoi studenti cui è toccato in sorte di averlo avuto come docente, prima a Corato, per sette anni, poi. dal 1920 al collocamento in quiescenza. presso l’Istituto Magistrale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari.

Essi hanno “abitato” ed “innervato” la scuola – segnatamente e prioritariamente quella elementare – barese, pugliese e non solo portando nella loro attività didattica e professionale gli insegnamenti ricevuti. Sarebbe molto interessante – non certo per mera erudizione storiografica – ricercare i loro nomi, la loro provenienza geografica attraverso i registri del prof. Giovanni Modugno, raccolti nell’archivio storico dell’istituto scolastico frequentato.

Consultando quell’archivio, tanto si potrebbe scoprire su Giovanni Modugno e sulla storia della scuola pugliese: potrebbe essere un ottimo argomento per un’efficace e non convenzionale attività di Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (vulgo PCTO, come negli acronimi di cui è saturo lo ‘scolastichese’, nota neolingua iniziatica), ovvero, anche per tesi di laurea (triennali, magistrali e di PhD) sicuramente molto interessanti e nietzscheanamente “inattuali”.

Del resto, l’influenza del pensiero di Giovanni Modugno,attraverso i suoi studenti del “Bianchi–Dottula”, ha anche travalicato anche i confini della scuola e della pedagogia: basti ricordare anche soltanto il nome di uno di loro, divenuto un Maestro del Diritto dell’Università degli studi di Bari (e tantissimo altro…), il prof. Renato Dell’Andro (1922 – 1990).

Ma questa sarebbe un’altra storia, che mi ricondurrebbe alla mia ormai remotissima adolescenza… 

5. BIBLIOGRAFIA

• AA.VV., Maestri del senso: competenze e passione per una scuola migliore, a cura di DE NITTI, CARLO e LAVERMICOCCA, CARLO, Bari 2023, Ecumenica editrice, di prossima pubblicazione;

• CAPORALE, VITTORIANO, Educazione e politica in Giovanni Modugno, Bari 1988, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Un pedagogista del Sud, Bari 1995, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Pedagogia Scienza della Vita, Bari, 1997, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, La proposta pedagogica di Giovanni Modugno, Bari, 2004, Cacucci;                                                                                                              

• CAPORALE, VITTORIANO, Pedagogia e vita di Giovanni Modugno, Bari 2006, Cacucci;

• CAPURSO, GIOVANNI, Due Maestri per il Sud: Gaetano Salvemini e Giovanni Modugno, Corato, 2022, SECOP;

• MICUNCO, GIUSEPPE, La buona battaglia. Santità e laicità in Giovanni Modugno, Bari, 2013, Stilo editrice;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno. Il volto umano del Vangelo, Bari, 2020, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno e il suo “rifugio”bresciano, Bari, 2022, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO – AUFIERO, ARMANDO, Giovanni Modugno: il volto umano del Vangelo in AA.VV., Op. cit.;

• SANTOMAURO, GAETANO, Giovanni Modugno attraverso gli inediti, «La Rassegna pugliese», 1969, 4-5, pp. 3 – 22;

• SARACINO, DOMENICO, Giovanni Modugno. Politica, cultura e spiritualità in un cercatore di Cristo, Bari 2006, Stilo editrice; 

• SPINELLI MODUGNO, MARIA, Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno, Bari 1967, Editoriale Universitaria.

Et si parva licet …

• DE NITTI, CARLO, La missione educativa di Giovanni Modugno e la sua attualità nel XXI secolo. Nota a margine di una recente biografia del pedagogista bitontino, ”Educazione & Scuola”, XXVI, marzo 2021, 1123;

• DE NITTI, CARLO, In difesa del Sud: storia dell’amicizia di due Maestri tra Molfetta e Bitonto, ”Educazione & Scuola”, XXVII, settembre 2022, 1141; 

• DE NITTI, CARLO, Giovanni Modugno: un “cercatore di Cristo”, apostolo dell’educazione, in VINCENZO ROBLES, Giovanni Modugno e il suo “rifugio” bresciano, Bari 2023, Edizioni Dal Sud, pp. 9 – 12.

Emergenza Coronavirus COVID-19: notizie e provvedimenti

Ordinanza del 2 giugno 2021 Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. 

Ordinanza 29 maggio 2021 Ai fini del contenimento della diffusione del virus Sars-Cov-2, le attività economiche e sociali devono svolgersi nel rispetto delle “Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali”, elaborate dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome, come definitivamente integrate e approvate dal Comitato tecnico scientifico, che costituiscono parte integrante della presente ordinanza

Ordinanza 21 maggio 2021 Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-Cov-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro.

Ordinanza 21 maggio 2021 Linee guida per la gestione in sicurezza di attivita’ educative non formali e informali, e ricreative, volte al benessere dei minori durante l’emergenza COVID-19.

Ordinanza 21 maggio 2021 Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Vuoi rimanere aggiornato sulle nuove tecnologie per la Didattica e ricevere suggerimenti per attività da fare in classe?

Sei un docente?

soloscuola.it la prima piattaforma
No Profit gestita dai

Volontari Per la Didattica
per il mondo della Scuola. 

 

Tutti i servizi sono gratuiti. 

Associazione di Volontariato Koinokalo Aps

Ente del Terzo Settore iscritta dal 2014
Tutte le attività sono finanziate con il 5X1000