Pedagogia attiva, l’esperienza di Napoli: un’insegnante si finge Calvino e intesse con i suoi alunni una fitta corrispondenza

Dove la dispersione scolastica fa numeri incredibilmente alti come quelli dei Quartieri Spagnoli di Napoli – parliamo di punte del 36% – la scuola deve inventarsi qualcosa di diverso per tenere i bambini e i ragazzi in classe. Ed è quello che ha fatto Rachele Furfaro, ex assessora e insegnante, intervistata da Repubblica.

L’attivismo pedagogico

Sul modello dell’attivismo pedagogico di John Dewey, per il quale l’insegnante lavora a costruire una relazione di alleanza più che di rivalità con gli alunni, puntando su un apprendimento che nasce dal fare (gite e viaggi d’istruzione, attività sportive e scientifiche, lavori manuali) e non dallo studio mnemonico, Rachele Furfaro negli anni, dal 1985 a oggi, dai primi 8 studenti agli attuali1.300, divisi dal nido al primo ciclo delle medie, ha sperimentato un modello di scuola diffusa, che si sposta, sempre in movimento, che vive a pieno il territorio.

Racconta l’insegnante

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