Che cos’è la similitudine?

Che cos’è la similitudine?

Per comprendere cos’è una similitudine occorre porre l’accento su che cos’è una metafora ovvero la sostituzione di una parola o di una frase con un immagine figurata, deriva dal latino metaphora che vuol dire trasferimento. La similitudine ha le stesse caratteristiche della metafora, vi si differenzia perché esprime un confronto, un paragone. Può essere introdotta da come/ simile a/ sembra.

Eccovi un esempio di similitudine nella prassi didattica:

Il nocciolo

La mamma aveva comprato alcune susine per i suoi bambini e le aveva messe in un piatto. Giovannino non aveva mai mangiato susine e si avvicinava continuamente al piatto per fiutarle. Il loro profumino gli piaceva; egli aveva una gran voglia di assaggiarle.
Quando Giovannino rimase solo nella stanza, non poté più resistere: prese una susina e la mangiò.
La mamma, prima del pranzo, contò le susine e vide che ne mancava una. Lo disse sottovoce al babbo.
Terminato il pranzo, il babbo domandò:
– Uno di voi ha forse mangiato una susina?
Tutti risposero di no. Giovannino diventò rosso come un gambero, ma rispose di no anche lui. No, proprio non ne aveva mangiate.
– Non è bene che qualcuno di voi abbia mangiato una susina – disse il babbo facendosi pensieroso. – ma questo è niente. La cosa più grave è che le susine hanno un nocciolo, e se qualcuno, non sapendo come si mangiano le susine, inghiotte il nocciolo, il giorno dopo muore. Io temo che succeda qualcosa del genere.
Giovannino impallidì.
– Io non l’ho mangiato il nocciolo – disse. – Io l’ho gettato fuori dalla finestra …
Tutti risero. Ma Giovannino no, Giovannino non rise.
Anzi, per la vergogna si mise a piangere.

Leone Tolstoj

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La vergogna

Emozioni: la vergogna

Evoluzione e caratteristiche peculiari

di Gino Lelli e Andrea Sorcinelli

Le emozioni primarie o di base sono innate, spontanee e universali. Generalmente, vengono considerate tali:

1) la collera o rabbia,

2) il disgusto,

3) la felicità o gioia, 

4) la sorpresa, 

5) la paura, 

6) la tristezza.

Le emozioni che rientrano nella relazione tra madre e bambino sono la paura, la tristezza, la rabbia, la protesta, la felicità o gioia.

Alcune emozioni, definite interpersonali, hanno caratteristiche particolari, poiché prevedono una relazione fra almeno due persone e l’autoconsapevolezza. Due sono le più importanti: la vergogna e il senso di colpa.

Il senso di colpa si prova, generalmente, in riferimento a una persona, la vergogna quando si verifica unaumiliazione.

Entrambe, implicano sempre un riferimento a sé stessi, ad esempio “mi sento in colpa perché ho fatto del male” e una relazione fra due persone, “mi vergogno perché l’altro mi ha umiliato”. Per tale motivo vengono chiamate emozioni interpersonali.

Provare vergogna è una esperienza spiacevole e dolorosa, è l’abbattimento di sé e della propria immagine, il desiderio di nascondersi, una condizione di impotenza, una ferita che trafiggente la stima e la fiducia in sé.

D’altra parte, provare vergogna è il segnale evidente di un gioco psicologico in atto, poiché costituisce un’emozione intrinsecamente sociale e relazionale (ad esempio, si prova vergogna immaginandosi davanti a un pubblico che disapprova e condanna).

La vergogna è spesso il risultato di un gioco di interiorizzazione, riprovazione e umiliazione, per questo, determina reazioni forti di rabbia, vendetta e ritorsione.

La persona che prova vergogna è umiliata e offesa nella propria dignità, si sente in balia degli altri, in una condizione insostenibile, da cui esce sconfitta e/o depressa, con una rabbia che spesso rivolge alle vittime dei suoi attacchi.

Evoluzione delle emozioni del bambino

Il neonato è dotato di un sistema di emozioni già operante al momento della nascita, presenta una precisa sequenza evolutiva, passando in modo continuo e progressivo da un livello poco articolato a successivi sempre più complessi, flessibili e sofisticati.

Nei primi giorni di vita, le reazioni emotive fondamentali per la sopravvivenza, sono regolate da processi biologici innati in risposta a specifici stimoli dell’ambiente.

Il neonato prova piacere (ad esempio per i liquidi dolci) o disgusto (ad esempio per le sostanze amare), ha specifiche reazioni di trasalimento (in caso di forti rumori o flash di luce), manifesta sconforto (in presenza di stimolazioni dolorose) ed esprime interesse per gli stimoli nuovi e in movimento, per la voce e per il volto umano (in particolare, della madre).

Alla fine del secondo mese le condotte emotive del neonato sono maggiormente sintonizzate in funzione delle interazioni sociali. A 5-6 settimane di vita compare il sorriso sociale in risposta alla voce e al volto umano.

Attorno ai 3 mesi compaiono le manifestazioni della sorpresa (a fronte di stimoli nuovi o inattesi), della gioia e della tristezza, nonché della collera e della rabbia (in caso di costrizione fisica).

A 5 mesi compaiono le espressioni della paura e della circospezione rispetto soprattutto alle altezze (paura di cadere), a 7-9 mesi emerge il timore per l’estraneo che segnala un preciso legame di attaccamento con la propria madre come luogo sicuro di protezione e di cura (ogni estraneo è percepito come una minaccia e come un pericolo).

A partire dai 18-20 mesi compaiono le prime manifestazioni delle cosiddette emozioni sociali e autoconsapevoli, come la vergogna, l’orgoglio e la colpa.

Il bambino piccolo si pone, quindi, ben presto come soggetto emozionalmente e affettivamente competente, in grado di sostenere scambi appropriati e significativi con il proprio contesto.

La genesi della vergogna nel bimbo

Al momento della nascita, il neonato non prova alcuna esperienza di vergogna in quanto non è innata bensì è una condotta emotiva che viene appresa attraverso processi di socializzazione più o meno lunghi e mediante la condivisione relazionale di esperienze con gli adulti di riferimento (di solito, i genitori).

Al pari delle altre emozioni autoconsapevoli, forme iniziali di vergogna compaiono nel bambino attorno ai18-20 mesi.

La vergogna, come la colpa e l’orgoglio, è un’emozione sociale e richiede comunicazione interpersonale, condivisione di situazioni e significati con i genitori.

Forme più evidenti di vergogna sono osservabili nel bambino di 2-3 anni.

In questo processo è assai probabile che un genitore abbia provato e manifestato vergogna davanti al bambino prima che quest’ultimo ne faccia esperienza.

All’origine dell’emozione della vergogna contribuiscono in maniera efficace due altri aspetti.

Innanzitutto, nel 2° anno di vita, durante il quale avviene l’apprendimento della regolazione degli sfinteri uretrale e anale, vi è la probabilità che si verifichino ancora con una certa frequenza episodi di incontinenza.

Tali episodi possono essere oggetto di biasimo e di rimprovero da parte dell’adulto, una madre, per esempio,può manifestare il proprio disappunto con espressioni del tipo: “L’hai fatta ancora addosso come se fossi un bambino di pochi mesi.

Hai sporcato dappertutto. I bambini grandi come te la fanno invece nel vasetto! Vergognati!”.

Tale tipologia di biasimo può riguardare non soltanto il controllo degli sfinteri, ma tutti i comportamenti e gli aspetti nei quali un bambino di 2 anni si comporta ancora in maniera non adeguata agli standard (presupposti e richiesti) della sua età.

In secondo luogo, sempre nel corso del 2° anno di vita, il bambino può trasgredire a comandi e a divieti imposti dai genitori, al fine di contenere la sua volontà di esplorazione dell’ambiente con il rischio di farsi del male.

In questo caso la trasgressione di regole e di norme può essere oggetto di biasimo e di rimprovero da parte degli adulti, con espressioni del tipo: “Hai di nuovo messo la sedia vicino alla finestra anche se ti avevo detto di no. Lo sai che la mamma vede tutto e sa tutto. Che figura avrei fatto con il papà se fossi caduto e ti fossi fatto del male! O se fossi andato giù dalla finestra! Sarebbero arrivati i carabinieri e mi avrebbero messo in prigione”.

La vergogna ha origine, quindi, nelle interazioni con gli adulti di riferimento (di solito, i genitori).

In questo processo assume una notevole rilevanza il ruolo del riferimento sociale sopra ricordato che, oltre a essere un regolatore della condotta in caso di incertezza, è anche alla base della genesi della vergogna poiché favorisce nel bambino la distinzione fra ciò che è permesso e ciò che è proibito, fra ciò che si può fare e ciò che non va fatto.

Nella situazione positiva (del lecito) c’èincoraggiamento, interesse condiviso e espansione relazionale fra bambino e adulto.

Per contro, nella situazione negativa (del proibito), si ha una condizione di vigilanza e di controllo da parte dell’adulto, all’interno di un processo di valutazione delle prestazioni del bambino in conformità a standard precostituiti.

A riprova di questo processo psicologico si possono menzionare i monologhi dei bambini piccoli, quando nel gioco di finzione e di fantasia ripetono le frasi e i gesti disciplinari dei propri genitori.

Se riportano con una certa frequenza dialoghi basati sulla propria immagine, su che cosa possono dire gli altrie così via, è presente una situazione evolutiva nella quale la vergogna ha già messo le radici. 

Questi apprendimenti emotivi della vergogna sono concomitanti con la comparsa dell’imbarazzo che inizia a manifestarsi attorno ai 15-18 mesi di vita.

Pratiche educative e inclinazione alla vergogna

Le pratiche educative influenzano il favorire nel bambino la tendenza alla vergogna piuttosto che alla colpa. Il sistema premiale e punitivo adottato, insieme alle pratiche disciplinari, sono importanti, poiché insegnano al bambino a conformarsi agli standard stabiliti (anche quando avverte desideri di segno opposto) e ad attribuire un determinato valore al proprio comportamento.

Fra le diverse pratiche disciplinari presenti, come le punizioni corporee, le proibizioni tassative, le spiegazioni ragionate e la sottrazione di affetto, quest’ultima, in particolare, favorisce la comparsa dell’emozione della vergogna, in quanto trasmette il significato: “tu sei indegno di me”.

Parimenti, un altro fattore che favorisce la comparsa dell’esperienza della vergogna è il grado in cui i genitori comunicano al bambino l’importanza di ottenere regolarmente successo nelle prestazioni.

Una forte enfasi sul successo, con l’adozione di standard elevati, pone il bimbo nella condizione di provare frequentemente l’esperienza della vergogna per i propri probabili fallimenti.

Questa situazione si evidenzia maggiormente quando si pone l’accento sul successo del proprio gruppo in un contesto relazionale positivo e favorevole; in questi casi,il fallimento è percepito in maniera assai più negativa e penosa e, di conseguenza, l’emozione della vergogna diventa ancora più intensa e prolungata.

Abuso sessuale e vergogna

Gli abusi sessuali determinano nelle vittime forti reazioni di vergogna, simili tra loro a livello psicologico anche se riguardanti persone di età differenti.

L’abuso sessuale consiste nell’imporre con forza e costrizione fisica e/o psicologica un’attività sessuale che non è voluta né tanto meno desiderata dalla vittima. La percentuale più elevata si registra fra le mura domestiche, in casa, da parte di parenti o amici, comunque da parte di adulti conosciuti dalla vittima.

Le situazioni di stupro e di violenza sessuale da parte di sconosciuti, per strada o in luoghi pubblici, pur essendo reali, sono percentualmente assai meno frequenti.

La ragione di fondo per cui una persona abusata sente una profonda vergogna rispetto a quanto è accaduto,risiede nella consapevolezza dell’offesa subita, nella frantumazione della propria immagine, nella dimostrazione palese della condizione di impotenza. L’abuso è percepito come un’offesa profonda e irreparabile del proprio sé.

Oggi, anche se in misura più attenuata rispetto al passato, la violenza sessuale costituisce ancora una specie di “tabù sociale”, di cui non si può parlare né in privato, né tanto meno in pubblico; parlarne significa squalificarsi e disperdere la propria dignità, attirare su di sé un’attenzione ingiusta, spesso morbosa, a volte di pietà e di commiserazione, in ogni caso indesiderata.

Per questo motivo l’abuso sessuale è spesso accompagnato dal silenzio della vergogna che pesa come un macigno terribile.

Si sono verificati casi di donne che, dopo molto tempo, hanno trovato il coraggio e la forza di raccontare, per la prima volta, episodi di violenza che avevano subito diversi anni prima, quando erano bambine, da parte di parenti.

In questi casi, gli episodi di abuso erano ben presenti e lucidi nella mente di queste donne, con il ricordo preciso di particolari e dettagli, ma non avevano mai avuto in precedenza la forza di manifestare tale memoria.

I meccanismi di difesa psicologici che hanno adottato le vittime, hanno determinato un autentico tormento interiore continuativo dovuto alla ruminazione mentalesull’accaduto.

L’emozione della vergogna in caso di abuso è generata anche dalla convinzione che le cose sarebbero potute andare diversamente se loro si fossero comportate differentemente, se non si fossero trovate lì, se avessero seguito le indicazioni di genitori o amici, questo determina la convinzione della loro incompetenza, inesperienza o della loro superficialità.

In queste circostanze, l’emozione della vergogna viene ad appesantire notevolmente l’esperienza, di per sé già pesante, della violenza e dell’abuso.

Com’è ben noto ai gruppi di auto-aiuto (composti, cioè, in modo esclusivo da persone abusate), la vergogna, oltre a costituire una sofferenza e una condizione assai dolorosa, rappresenta altresì un serio ostacolo per uscire fuori dalla ruminazione dei ricordi e da uno stato di impotenza e depressione, per riuscire a gestire e a controllare a livello psicologico questi avvenimenti, tanto più per riprendere a vivere con una certa tranquillità e serenità.

Come si supera la vergogna

Come superare la vergogna? In che modo si esce da questa esperienza penosa?

La vergogna non si vince affrontandola in modo diretto e frontale, in quanto comporta una condizione di impotenza e passività.

Adottare una modalità simile significa correre il rischio di aumentare la pena della propria esperienza anziché uscirne fuori.

Per riuscire a superare e a vincere la vergogna diventa indispensabile far ricorso a modalità indirette, occorre fare evolvere l’esperienza della vergogna attraverso altri tipi di esperienza.

A livello psicologico, è importante riuscire a distinguere e separare l’immagine globale di sé dallo specifico comportamento riprovevole.

Occorre stabilire un netto confine fra ciò che di negativo e di disdicevole è stato fatto e la propria identità personale e sociale; esistono, comunque, aspetti positivi della persona che possono sostenerla e alimentare la sua autostima.

Il fatto disonorevole compiuto va circoscritto e delimitato con precisione e con forza, bisogna impedire che l’onta dell’evento invada e inondi come un fiume in piena la totalità del proprio sé.

Questa operazione di irrobustimento degli argini della propria identità e di rafforzamento della sicurezza profonda nella propria immagine, è alla base del superamento dell’esperienza della vergogna.

Per raggiungere questo traguardo, sono presenti alcune strategie psicologiche (emotive e cognitive), alle quali si può far ricorso a seconda delle circostanze, dei giochi relazionali in atto, nonché del profilo della propria personalità.

Strategie emotive

Le strategie emotive per il superamento della vergogna consistono sostanzialmente nella capacità di trasformare e modificare l’esperienza della vergogna attraverso altre esperienze emotive.

Le emozioni non costituiscono delle categorie discrete, distinte e separate nettamente le une dalle altre; bensì sono una realtà psicologica unitaria, magmatica, in continua evoluzione, nella quale convergono contemporaneamente e si fondono assieme diversi aspetti emotivi, pur essendo dominante, in un certo momento, un determinato stato emotivo, la cosiddetta “emozione modale” (per esempio, la soddisfazione e la gioia per la consapevolezza di riuscire a superare l’ostacolo).

Trasformare la vergogna in colpa

A livello psicologico, è di grande utilità riuscire a trasformare l’esperienza della vergogna in quella della colpa, in quanto quest’ultima, per sua natura, è circoscritta al comportamento specifico.

In tal modo, la colpa, a differenza della vergogna, non rappresenta una minaccia per il proprio sé e per la propria immagine e non è associata a forme distruttive e vendicative di rabbia nei confronti di altri.

Poiché nella colpa non è compromesso il senso dell’efficacia e della validità come persona, l’individuo è in grado di assumere atteggiamenti e comportamenti maggiormente favorevoli e costruttivi, è spinto a realizzare condotte di riparazione per la violazione delle norme e per il danno procurato.

Non vi è solamente l’assunzione delle proprie responsabilità, ma vi è un’azione concreta per recuperare la situazione e per riportarla alla condizione precedente all’infrazione.

Grazie alla confessione e al riconoscimento della propria responsabilità, chi è in colpa può sostenere il confronto e la discussione con chi è stato danneggiato, è in grado di ammettere e di parlare del proprio errore con l’altro, senza per questo perdere irrimediabilmente la propria dignità.

La colpa, inoltre, alimenta una maggiore empatia interpersonale, che favorisce il processo di recupero e di ripristino delle relazioni.

Nella colpa è presente una riconsiderazione e un approfondimento del punto di vista dell’altro (ad esempio “forse non voleva fare in questo modo”), può verificarsi un aggiustamento nel processo di attribuzione delle intenzioni altrui, c’è l’esigenza di chiarire eventuali equivoci e fraintendimenti.

Questa restaurazione dei rapporti interpersonali determina, nel tempo, una rete sociale maggiormente solida ed efficace.

Per queste ragioni, la colpa sostiene una serie di operazioni psicologiche interne ed esterne che rimuovono il peso soffocante della violazione, non va a incrinare il livello di stima, di dignità e di fiducia in sé stessi, favorisce il recupero e il mantenimento di rapporti interpersonali positivi e costruttivi.

In questa prospettiva, la colpa è strettamente associata a un processo di espiazione e di liberazione, non è una condanna a vita, ma un’esperienza che, pur essendo spiacevole e penosa, può essere gestita e da cui si può uscire.

Di conseguenza, declinare l’infrazione e la violazione verso la colpa, rappresenta un valido passo in avanti per uscire fuori dall’emozione della vergogna che inizialmente si prova.

Strategie cognitive

Accanto alle strategie emotive, ci sono anche rilevanti strategie cognitive utili per uscire fuori dalla vergogna.

Gli aspetti cognitivi sono fondamentali nel processo di regolazione e di monitoraggio delle proprie esperienze emotive; le emozioni sono suscitate dal modo con cui ogni persona valuta gli eventi in riferimento ai propri interessi.

Tale valutazione, di natura cognitiva, spiega il fatto per cui due persone, poste nella stessa situazione, possono provare emozioni anche molto diverse fra loro, se la valutano in maniera differente.

Di conseguenza, nel monitoraggio della vergogna,risultano fondamentali i criteri di valutazione individualiin base ai quali si procede a interpretare gli episodi della propria vita e a cogliere il loro significato.

Rivedere la gerarchia dei propri interessi

Le vergogna, al pari delle altre emozioni, è suscitata dal giudizio di rilevanza e di pertinenza di certi eventi in riferimento ai propri valori e interessi.

La vergogna non è generata dall’evento in sé e per sé nella sua oggettiva realtà; bensì è suscitata dai significati che un individuo gli attribuisce (focalità emotiva).

Se si è più sensibili alla bellezza, per esempio, è più facile provare vergogna nel caso in cui emergano difetti estetici (tipo un naso grande durante la crescita puberale).

Diversamente, se si è più sensibili al valore dell’intelligenza, è più facile provare vergogna in caso di fallimento di una prova intellettuale e così di seguito.

In questa prospettiva diventa utile ed efficace sul piano psicologico procedere alla revisione della gerarchia dei propri interessi nella condizione di vergogna.

Si tratta di ridistribuire il peso dei propri valori e di ricalibrare i propri criteri di valutazione.

La ricalibrazione dei criteri di valutazione, consente una revisione delle priorità dei propri interessi e valori e conduce a una maggiore accettazione di sé così come si è.

Stare bene con sé stessi implica il non provare vergogna, accettando anche i propri limiti (si può essere attraenti anche con un naso grande, si può essere intelligenti anche se in una circostanza non si è stati brillanti come al solito) e così via.

In questa prospettiva, l’evento che è alla fonte della vergogna (infrazione, comportamento disonorevole, mancanza, ecc.) non va a investire la totalità del proprio sé, ma soltanto una parte di esso, il resto rimane integro e intatto.

Questa relativizzazione conduce al poter prendere le distanze da sé e dagli eventi, consente di superare più agevolmente l’esperienza della vergogna.

Conclusioni

Provare vergogna è un’esperienze spiacevole che ciascuna persona può sperimentare. Generalmente, può determinare tante sensazioni: smarrimento, paura, impotenza, dolore, desiderio di scomparire, annullamento della fiducia in sé stessi e così via, èl’esito di giochi di interiorizzazione, riprovazione e umiliazione.

Per questo motivo, la vergogna è spesso accompagnata da reazioni molto forti di collera e rivalsa.

Attraverso la trasformazione della vergogna in colpa, le strategie emotive e quelle cognitive, è possibile superare l’esperienza negativa generata da tale emozione.

Nel monitoraggio della vergogna risultano fondamentali i criteri di valutazione in base ai quali ciascuna persona procede a interpretare gli episodi della propria vita e a cogliere il loro significato.

Una ulteriore modalità efficace per sconfiggere la vergogna legata a determinate circostanze è anche la capacità di fare dell’ironia su sé stessi.

L’ironia è una strategia efficace per rivolgere osservazioni critiche a un’altra persona, senza offenderla e senza trasgredire le norme dell’interazione sociale.

L’efficacia dell’ironia può valere anche per sé stessi, per non prendersi troppo sul serio, per giocare su di sé e sulle proprie azioni, ad esempio rivolgendosi delle critiche davanti ad altri, per quello che è stato fatto o combinato.

Si tratta di un’operazione molto efficace poiché anticipa le critiche altrui, tende a difendere e valorizzare nonostante la mancanza.

Questo self-humor, caratteristico del mondo anglosassone, prevede la capacità di osservare sé stessi in maniera distaccata come se si fosse un’altra persona e di trattarsi in maniera benigna, senza precipitare nella tragedia della vergogna.

Bibliografia

• Della Seta L., Debellare il senso di colpa, Franco Angeli, Milano, 2020

• Durosini I., Triberti S., Le emozioni tra cura e malattia, Maggioli Editore, Bologna, 2022

• Ernaux A., Flabbi L., La vergogna, L’Orma, Roma, 2018

• Ferrari G., Introvini M.S., L’educazione emozionale. Strategie e strumenti operativi per promuovere lo sviluppo delle competenze emotive a scuola e in famiglia, Franco Angeli, Milano, 2022

• Galimberti U., Il libro delle emozioni, Feltrinelli, Milano, 2021

• Novelli M.E., Pallai G., Vergogna. L’emozione dimenticata, Edizioni Universitarie Romane, Roma, 2016

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