Ulisse dopo Dante
L’eterno Ulisse archetipo ed emblema della condizione umana, prima di Dante, in Dante e dopo Dante.
Cristoforo Colombo
In epoca rinascimentale nel clima delle scoperte geografiche il desiderio di “vedere” di Ulisse assume un valore positivo. Ad esempio, nel quindicesimo canto della Gerusalemme liberata, dove viene narrata la vicenda dei guerrieri crociati Carlo e Ubaldo guidati da Fortuna oltre le colonne d’Ercole fino alle Isole Fortunate per liberare Rinaldo trattenuto dalla maga Armida nel suo palazzo, il Tasso rammenta il naufragio di Ulisse e celebra l’impresa di Colombo. Fortuna narra che Ercole non osò addentrarsi nell’oceano e pose all’umano ardimento i suoi limiti, disprezzati da Ulisse che “di veder vago e di sapere” non andò oltre oppure naufragò, ma profetizza che un giorno quei limiti saranno varcati da un audace esploratore: “Un uom della Liguria avrà ardimento – all’incognito corso esporsi in prima […] Tu spiegherai, Colombo, a un nuovo polo – lontane sì le fortunate antenne, – ch’appena seguirà con gli occhi il volo – la Fama, c’ha mille occhi e mille penne”.
Successivamente Ulisse continua ad essere presente nella letteratura europea.
Montaigne negli Essais, ricollegandosi a Cicerone, nel ricordare il mito delle Sirene che cercano di attirare Ulisse offrendogli la sapienza, commenta:
“La peste dell’uomo è la presunzione di sapere.”
William Shakespeare, che nella caduta di Troia vede un motivo di ispirazione per rappresentare il degrado di esseri umani travolti da ripugnante bestialità, in Troilus and Cressida affida a Tersite il compito di dissacrare i cosiddetti eroi, dissacrazione da
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