Test di ammissione, corsi preparatori, piano A e piano B, Tolc, Tarm, numero chiuso, corsi ad accesso libero. Questi sono i pensieri che affollano la mente di una parte dei nostri maturandi alle prese con verifiche e interrogazioni, con il ritorno al “vecchio” esame, con Invalsi e PCTO.

Truppe di formiche operose che oscillano tra presente e immediato futuro, tra speranze e paure, che in qualche modo hanno scelto, sognato, desiderato, accettato.

Numeroso e silente c’è poi l’esercito in stand-by che vedo e che incontro ogni giorno: passa inosservato, si muove in sordina, fa poco rumore sperando di non essere visto, di non essere chiamato alle armi, di non dover agire. Sono i ragazzi e le ragazze che non hanno ancora deciso nulla, che non sanno cosa faranno dopo la maturità, che sotto sotto pensano di iscriversi all’università ma che rimanderanno la decisione solo “dopo la matura”. Anzi, molti di loro, in prossimità dell’inizio del prossimo anno accademico, quando ovviamente molte strade saranno già chiuse o non più facilmente percorribili.

Quali sono i motivi che li inducono ad aspettare?

Una parte significativa di loro procrastina e rimanda la decisione perché spera nell’arrivo di un’illuminazione: scegliere in modo ponderato significa cercare informazioni, attivarsi, fare i conti con sé stessi, con i propri limiti, con le proprie paure. Si sposta così il problema. Sperando che si risolva da solo.

Un’altra parte rimanda perché non se la sente di sommare preoccupazioni a preoccupazioni: ritiene di non farcela a gestire l’ansia dell’esame di maturità e l’ansia di un test di ammissione o del solo pensiero di doverlo fare.

Poi ci sono coloro che ritengono d’essere arrivati alla frutta: la meta è finire, di chiudere una lunga e significativa parentesi della propria vita, resettare e tornare, solo a giochi finiti, sulla linea di partenza. C’è il desiderio di passare un’estate senza pensieri, di spegnere il cervello e di pensarci con calma anche a costo di prendersi ciò che resta o di rimandare, dopo un anno sabbatico, la decisione.

Conseguenze? Quelle che vedo più frequentemente non mi sembrano così positive.

Scegliere quando la cucina sta per chiudere significa accettare gli avanzi. Le opzioni possibili si riducono e la scelta cade sulla “meno peggio”. Si inizia così un percorso universitario, di ripiego, spesso con scarsa convinzione, con pochissima informazione e con il risultato di mollare dopo pochi mesi o di cambiare, nella migliore delle ipotesi, l’anno successivo.

Cominciare a pensarci quando tutti hanno deciso e sono già proiettati nella nuova avventura fa sentire fuori posto, esclusi, diversi. Si è fuori dal giro. Per non parlare delle pressioni familiari che a questo punto non danno più tregua. Per molti ragazzi e ragazze inizia una fase di passività, di vuoto, di senso di inadeguatezza che li porta ad isolarsi, a chiudersi, ad essere insofferenti verso tutto e tutti. La mancanza di un progetto iniziale crea un vuoto in cui ci si sente risucchiati. Da cui non si vede via di uscita. E quello che doveva essere l’inizio di una nuova splendida avventura, si trasforma nel periodo più triste, insoddisfacente, deludente della propria vita.

Eraclito ci ha detto: “Ogni giorno, quello che scegli, quello che pensi e quello che fai è ciò che diventi.” Pensateci ragazzi.

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