Leonardo da Vinci poliedrico genio universale

Tutti sono d’accordo nel definire Leonardo “il genio universale e umanista del Rinascimento.”

Chi era Leonardo da Vinci?

Leonardo da Vinci di ser Piero nacque il 15 aprile 1452 ad Anchiano, nel comune di Vinci, da padre notaio e madre contadina. Venne cresciuto dai nonni paterni fino all’età di dieci anni e sviluppò una curiosità insaziabile. Pur non avendo imparato il latino o il greco, l’artista poliedrico padroneggiava molte discipline come la musica, il teatro, la scultura, la scienza, l’ingegneria e la filosofia. Autodidatta, deve la sua conoscenza all’esperienza e al suo acuto e attento senso di osservazione.

Inventore, artista, scienziato, anatomista, pittore, botanico, scultore,filosofo…tutti lo ricordano per le sue opere più famose.

Si dice che Leonardo da Vinci  abbia realizzato nella sua vita circa 205 opere, schizzi, disegni e dipinti, i più famosi sono la Gioconda, l’Ultima Cena e l’Uomo vitruviano.

Ma ci sono alcune curiosità che, forse, non tutti

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I generi musicali per Scuola Primaria

I generi musicali Musica per bambini di Scuola Primaria
La musica accompagna il cammino degli uomini ed è per questo che è molto importante e significativa, perché anche solo una parola può essere l’inizio di una dolce melodia.
I generi musicali – Musica per bambini di Scuola Primaria
Ci sono vari tipi di musica: la musica strumentale, cioè quel tipo di musica dove gli unici protagonisti sono gli strumenti, e la musica vocale. 
I generi musicali principali sono 8:
MUSICA CLASSICA
Descrizione: è la musica colta (cioè scritta da musicisti professionisti per un pubblico di grande cultura). Spesso è solo strumentale.
Storia della Musica classica: dall’undicesimo secolo (cioè dall’anno 1000) fino agli inizi del 1900. Ancora oggi ci sono compositori che scrivono brani definiti, per comodità, di “musica classica contemporanea”.
La musica classica, come ogni altro genere, è stata composta ed è stata ascoltata per divertirsi, per provare emozioni, per rilassarsi, proprio come facciamo noi oggi con la musica moderna. In molte occasioni i brani di musica classica venivano scritti appositamente come musiche per accompagnare i balletti.
Geografia della Musica classica: la musica classica è nata in Europa. È ascoltata ancora oggi, praticamente in tutto il mondo.
Strumenti utilizzati nella Musica classica: qualsiasi strumento da orchestra (fiati, archi, percussioni, strumenti a corda).
Autori celebri nella Musica classica: Vivaldi, Beethoven, Mozart, Bach, Chopin, Tchaikovsky e tantissimi altri.
Brani di Musica classica più famosi:
– Antonio Vivaldi, La Primavera
– Ludwig van Beethoven, Sinfonia n. 5
– Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n. 40
– Pyotr Ilyich Tchaikovsky, Il lago dei cigni

2. MUSICA LIRICA
Descrizione: apparterrebbe al genere della musica classica, con una caratteristica in più: non si tratta solo di musica strumentale, ma anche cantata. Non bisogna pensare però a una semplice canzone: la musica lirica prevede che un’intera storia venga trasformata in uno spettacolo musicale che si chiama opera.
Storia della Musica lirica: dal sedicesimo secolo (1500) fino ai giorni nostri. Ancora oggi vengono composte opere liriche, che vengono definite “contemporanee”.
Geografia della Musica lirica: la musica lirica, come quella classica, è nata in Europa.
Strumenti utilizzati nella Musica lirica: l’accompagnamento musicale di un’opera lirica avviene, come per la musica classica, con qualsiasi strumento da orchestra.
Autori celebri nella Musica lirica: Verdi, Wagner, Bizet, Rossini, Puccini e tantissimi altri.
Brani di Musica lirica più famosi:
– Giuseppe Verdi, Nabucco (Va’ Pensiero)
– Gioacchino Rossini, Il barbiere di Siviglia (Largo al factotum)
– Giacomo Puccini, Turandot (Nessun dorma)
– George Bizet, Carmen (L’amour est un oiseau rebelle)

3. MUSICA FOLK
Descrizione: in ogni territorio, in ogni tempo, per qualsiasi popolazione, la musica ha sempre avuto una grandissima importanza. La musica folk è la musica tradizionale di un popolo o di una zona specifica. Spesso non coincide con i confini geografici di una nazione e altrettanto di frequente si possono trovare incredibili somiglianze nelle sonorità, negli strumenti usati, perfino nelle danze che accompagnano certe musiche, anche se si considerano paesi lontanissimi e con una storia molto diversa.
Storia della Musica folk: dalle origini del mondo ai giorni nostri.
Geografia della Musica folk: in qualsiasi territorio abitato da persone.
Strumenti utilizzati nella Musica folk: dai più semplici (tamburi, flauti ricavati da legni cavi) ai più complicati e raffinati, come la fisarmonica.
Autori celebri nella Musica folk: la musica folk appartiene alle tradizioni di un popolo. Per questo molto spesso è impossibile stabilire chi abbia scritto un brano. I canti e le musiche restano vivi perché continuano a essere suonati e cantati anche a distanza di secoli.
Brani di Musica folk più famosi:
– Italia, Pizzica salentina
– Africa, Danza tradizionale Sudafricana
– Irlanda, Reel tradizionale
– Nuova Zelanda, Haka Mate
– Balcani, Odessa Bulgarish
– USA, Cotton Eyed Joe

4. MUSICA JAZZ
Descrizione: è un genere musicale di origine statunitense, nato nelle comunità afroamericane (cioè delle persone di colore) del sud degli Stati Uniti. In quel periodo la popolazione nera era la parte più povera e discriminata della popolazione americana, spesso ancora in condizioni di semi-schiavitù. Per questo motivo il jazz riflette spesso la sofferenza di queste popolazioni e per molto tempo è stato giudicato un genere musicale senza alcun valore. Il jazz mescola le tradizioni musicali africane, quelle europee e la musica popolare e fa grande uso dell’improvvisazione.
Storia della Musica Jazz: dai primi anni del ventesimo secolo (cioè dal 1900) fino ai giorni nostri. La musica jazz è scritta, suonata e cantata ancora oggi.
Geografia della Musica Jazz: la musica Jazz nasce, si diffonde e diventa famosissima negli Stati Uniti d’America. Oggi compositori, musicisti e cantanti Jazz sono presenti in tutto il mondo.
Strumenti utilizzati nella Musica Jazz: pianoforte, contrabbasso, ottoni (come tromba, saxofono, trombone, ecc.), batteria, chitarra e molti altri.
Autori celebri nella Musica Jazz: Duke Ellington, Charlie Parker, Thelonious Monk, John Coltrane, Miles Davis, Billie Holiday, Louis Armstrong, e tantissimi altri.
Brani di Musica Jazz più famosi:
– Duke Ellington, Take the A train
– Billie Holiday, Strange fruit
– Thelonious Monk, Round midnight
– Round midnight (versione cantata, Ella Fitzgerald)
– Louis Armstrong, What a wonderful world

5. MUSICA BLUES
Descrizione: è un genere musicale di origine statunitense, strettamente collegato al jazz e contemporaneo. Il nome deriva dall’espressione “to have the blue devils” (letteralmente: avere i diavoli blu) col significato di “essere triste, malinconico”. Per lo stesso motivo era nche chiamata “musica del diavolo”
Il blues nasce dai canti degli schiavi di origine africana che lavoravano nelle piantagioni degli Stati Uniti d’America, ed è collegato alle musiche africane grazie all’uso dell’antifona (chiamata e risposta) e delle blue note (un insieme di note dissonanti e che hanno dato al blues il soprannome di musica stonata). Molti degli stili della musica popolare moderna derivano o sono stati fortemente influenzati dal blues che, come anche il jazz, si è fuso con molti altri generi musicali, creando stili sempre nuovi e differenti.
Storia della Musica blues: non c’è una data di nascita precisa. Tuttavia un anno fondamentale fu il 1865, anno dell’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti d’America: numerosi ex schiavi-musicisti iniziarono a portare la loro musica fuori dalle piantagioni e, nel giro di qualche decennio, questo genere si diffuse enormemente. La musica blues è scritta, suonata e cantata ancora oggi.
Geografia della Musica blues: la musica blues nasce, si diffonde e diventa famosissima negli Stati Uniti d’America. Oggi compositori, musicisti e cantanti Jazz sono presenti in tutto il mondo.
Strumenti utilizzati nella Musica blues: principalmente strumenti a corda (chitarra, basso, contrabbasso), percussioni e batteria, ma anche pianoforte, fiati, eccetera.
Autori celebri nella Musica blues: Robert Johnson, Jelly Roll Morton, Ray Charles, Muddy Waters, John Lee Hooker, The Blues Brothers, Eric Clapton, Robben Ford, Etta James, B.B. King, John Mayall, Gary Moore e tantissimi altri.
Brani di Musica blues più famosi:
– C. Khan, E. James, G. Night, Ain’t Nobody’s Business
– Albert King, Kansas City
– Willie Mae “Big Mama” Thornton, Hound dog
– Elvis Presley, Hound Dog
– The Blues Brothers, Sweet Home Chicago
– Robert Johnson, Sweet Home Chicago
– Robert Johnson, Come on in my kitchen
– Cassandra Wilson, Come on in my kitchen

6. MUSICA Rock
Descrizione: è un genere musicale, nato nel corso degli anni cinquanta e sessanta nel Regno Unito (UK) e negli Stati Uniti (USA). Ha le sue origini nella musica dei decenni precedenti, in particolare il blues, il country e la musica folk.
Tra la metà degli anni sessanta ed i primi anni settanta, la musica rock ha sviluppato diversi sottogeneri: folk rock, blues-rock, rock elettronico, heavy metal, progressive rock, punk rock, alternative rock, grunge e tantissimi altri sottogeneri.
Storia della Musica rock: a partire dagli anni 50-60 del 1900 e fino a oggi.
Geografia della Musica rock: è diffusa in tutto il mondo, anche se le “culle” della musica rock sono gli Stati Uniti d’America (USA) e il Regno Unito (UK).
Strumenti utilizzati utilizzati nella Musica rock: qualsiasi strumento, in particolar modo chitarra, basso elettrico, batteria, pianoforte, tastiera, sintetizzatore, fiati, archi.
Autori celebri celebri nella Musica rock: Elvis Presley, Rolling Stones, Led Zeppelin, Queen, Nirvana, Bruce Springsteen, Who, Pink Floyd e tantissimi altri.
Brani di Musica rock più famosi:
– Doors, Light my fire
– Elvis Presley, A little less conversation
– A little less conversation remix
– Rolling Stones, Jumpin Jack Flash
– Led Zeppelin, Black dog
– Deep Purple, Smoke on the water
– Queen, We will rock you
– Pink Floyd, The Wall
– Cure, The kiss
– Nirvana, Smells like teen spirit
– Tori Amos, Smells like teen spirit
– Negrita, Cambio
– Green Day, Holiday

7. MUSICA POP
Descrizione: come dice il nome stesso (pop deriva da popular, cioè popolare) è la musica più comune, più diffusa. Spesso è stata accusata di essere superficiale, priva di contenuti, senza vere qualità musicali e interpretative. In Italia la musica pop si chiama anche musica leggera.
La realtà è che sotto la definizione di musica pop si trovano decine di sottogeneri, artisti, caratteristiche che sono impossibili da riassumere in poche righe. Ci troviamo canzoni che durano una stagione, classici ancora ascoltati dopo molti anni, brani di cantautori, brani di denuncia, impegnati, realizzati per beneficienza e così via.
Storia della Musica POP: a partire dagli anni 50 del 1900 e fino a oggi (la maggior parte della musica che ascoltiamo quotidianamente va sotto il nome di musica pop).
Geografia della Musica POP: è diffusa letteralmente in ogni angolo del mondo, anche se le “culle” della musica pop sono gli Stati Uniti d’America (USA) e il Regno Unito (UK).
Strumenti utilizzati nella Musica POP: qualsiasi strumento musicale, dalle chitarre alle batteria, dai fiati alle percussioni, dal pianoforte ai sintetizzatori computerizzati.
Autori celebri nella Musica POP: Beatles, Madonna, Michael Jackson, David Bowie, Elton John e migliaia di altri artisti.
Brani di Musica POP più famosi:
– Beatles, Ticket to ride
– David Bowie, Ziggy Stardust
– Police, Message In A Bottle
– U2, Sunday Bloody Sunday
– Michael Jackson, Thriller
– Madonna, Material Girl
– R.E.M., Turn You Inside-Out
– Lunapop, Vespa 50 Special
– Madonna, Jump
– Robbie Williams, Candy

8. MUSICA RAP/HIP-HOP
Descrizione: il nome di questo genere deriva dall’espressione Rhythm And Poetry (ritmo e poesia). Il rap consiste essenzialmente nel “parlare” seguendo un certo ritmo.
Rappresenta un vero e proprio stile di vita, nato negli Stati Uniti d’America verso la fine degli anni sessanta e diventato parte di spicco della cultura moderna.
Il rap di fatto è l’espressione musicale della cultura hip hop, nata presso la comunità afroamericana e latinoamericana di New York nei primi anni settanta. A seguito di numerose fusioni con altri generi musicali, anche il rap si è suddiviso in una moltitudine di sottogeneri.
Storia della Musica RAP/HIP-HOP: a partire dagli anni 60 del 1900 e fino a oggi.
Geografia della Musica RAP/HIP-HOP: il rap nasce negli Stati Uniti d’America, ma si è diffuso in tutto il mondo.
Strumenti utilizzati utilizzati nella Musica RAP/HIP-HOP: batteria, chitarre, basso, ma soprattutto sintetizzatori computerizzati.
Autori celebri celebri nella Musica RAP/HIP-HOP: Run.DMC, Public Enemy, LL Cool J, Eminem, Lauryn Hill, MC Hammer, Ice-T e tantissimi altri.
Brani di Musica RAP/HIP-HOP più famosi:
– RUN-DMC ft. Aerosmith, Walk This Way
– Public Enemy, Fight The Power
– Frankie Hi Nrg MC, Faccio la mia cosa
– Eminem, Lose Yourself

I generi musicali per Scuola Primaria – Musica per bambini di Scuola Primaria
Maestra di Sostegno – Scuola Primaria

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Quando la firma dell’artista entra nella scena

Qualche giorno fa sono stata a Palazzo Roverella, Rovigo, a vedere la mostra “Hammorshøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia“. Una bella esposizione, che consiglio soprattutto a chi non conosce ancora questo suggestivo pittore danese (se però avete letto Il mondo alla finestra, lo avete già incontrato…).

Ma non è di lui che volevo parlarvi oggi, ma di un curioso dettaglio che ho notato in un dipinto di Giovanni Bellini (1430-1516) visto alla fine della mostra, che mi ha fatto scattare la curiosità di indagare su questo aspetto.

Si tratta di una Madonna col Bambino del 1470-1480 in cui la firma dell’artista è scritta su un pezzetto di carta che, con perfetto illusionismo, sembra incollato al parapetto di marmo dietro cui stanno i personaggi. “IOANNES BELLINUS” è il nome in latino del pittore, con l’aggiunta della P che sta per pinxit, cioè “ha dipinto”.

Bellini ha usato lo stesso dispositivo anche in altre opere, imitando in alcuni casi le pieghe della carta.

Questo cartiglio trompe-l’œil non è però un semplice vezzo ma una dimostrazione di virtuosismo in un’epoca, come il Rinascimento, nella quale la capacità di imitare la realtà era considerata una delle massime virtù pittoriche. Il cartiglio, inoltre, funge da “certificato di autenticità” ante litteram con cui l’artista rivendicava la paternità dell’opera in modo inequivocabile e permanente.
L’uso del cartiglio, infine, richiama la tradizione delle iscrizioni classiche, in linea con il gusto umanistico dell’età di Bellini. La firma in latino con l’aggiunta di pinxit o faciebat era un’ulteriore affermazione del legame con la cultura classica.

Ma quello che mi interessa di più è il fatto che, grazie al cartiglio, la firma diventa un elemento della composizione. L’autografo dell’artista non viene semplicemente giustapposto all’opera ma entra fisicamente nella scena diventando parte integrante della narrazione pittorica.Questo è ancora più evidente nel suo San Francesco nel deserto del 1480, in cui il cartiglio è impigliato a un ramo secco, in basso a sinistra.

Nello stesso periodo anche Antonello da Messina ha firmato alcune sue opere dentro un cartiglio realistico. Sappiamo che intorno al 1475 i due artisti si conoscono a Venezia, dove il pittore siciliano introdusse la lezione fiamminga della pittura a olio e della resa del dettaglio. Ma non si sa chi dei due abbia firmato per primo dentro un foglietto.
Antonello però aggiungeva anche la data così da permetterci di conoscere l’anno di realizzazione dell’opera (anche se a volte ritoccava il dipinto anni dopo). Nel cartiglio del suo Salvator Mundi, per esempio, c’è scritto all’incirca “Mille simo quatricentessimo sexstage/simo quinto viije Indi Antonellus Messaneus me pinxit”, cioè “Nell’anno 1465, Antonello da Messina mi ha dipinto”.Questo cartiglio non solo autentica l’opera, ma è anche uno stratagemma visivo che contribuisce alla profondità e alla spazialità della composizione, con pieghe e ombre che lo fanno balzare in rilievo sul parapetto.

Come Bellini era veneziano di nascita anche Carlo Crivelli (1435-1495) ma nei suoi dipinti non mostra evidenti influssi di Bellini o di Antonello. La sua pittura esibisce invece un gusto per il decorativismo tardogotico. E tuttavia era un appassionato degli effetti trompe l’oeil che applicava a fiori, frutti e cartigli, apparentemente sporgenti dai quadri, come in questa Madonna col Bambino del 1480. Il cartiglio recita “OPUS KAROLI CRIVELLI VENETI”, cioè “opera del veneto Carlo Crivelli”.
Qui, per altro, di illusionistico non c’è solo il cartiglio ma anche la mosca che, per dimensioni e posizione, non sembra far parte della scena ma pare quasi posata sul dipinto, tanto che un osservatore potrebbe essere tentato di cacciarla via.

Il cartiglio non era nel Quattrocento l’unico modo per firmare un’opera dentro un elemento della scena. Jan van Eyck, per esempio, ha siglato i suoi Coniugi Arnolfini del 1434 dipingendo sulla parete di fondo della stanza le parole “Johannes de Eyck fuit hic” (cioè “Johannes van Eyck è stato qui”).Quella scritta avrebbe anche un’altra valenza e cioè quella di dichiararsi testimone della promessa di matrimonio che avviene tra la coppia in primo piano.

Andrea Mantegna, invece, sceglie un modo particolarmente erudito di firmare il suo primo San Sebastiano, quello del 1457-1459 conservato a Vienna. Qui, sul pilastro a cui è legato il martire, incide in verticale le parole greche “ΤΟ ΕΡΓΟΝ ΤΟΥ ΑΝΔΡΕΟΥ” che significano “Opera di Andrea”.La scelta del greco al posto del latino è piuttosto rara e rivela la volontà del pittore di affermare la propria identità artistica con un richiamo colto all’antichità e il suo legame con l’ambiente umanistico e accademico di Padova, città dove l’opera fu realizzata.

Tuttavia la firma dell’opera – “ambientata” o meno che fosse – non era una pratica diffusa né sempre consentita, specialmente perché l’artista lavorava su commissione per un committente o un mecenate, che deteneva ogni diritto sull’opera. La paternità del dipinto era sancita già dal contratto di commissione, cosa che rendeva superflua la firma dell’artista sull’opera stessa.Inoltre, firmare l’opera poteva essere visto come un atto di vanità o di rottura con la concezione che l’arte fosse al servizio del potere e della committenza, non dell’individualità dell’artista. Questo è il motivo per cui a volte la firma veniva mimetizzata inserendola in modo discreto all’interno della scena.
È mimetizzata, per esempio, la firma di Michelangelo sulla sua Pietà del 1497-1499. Lo scultore la incise in un secondo momento sulla fascia che attraversa il petto della Madonna poiché, davanti a un’opera così straordinaria, alcuni contemporanei la attribuirono a un artista lombardo, non credendo che potesse essere stata concepita da uno scultore così giovane (Michelangelo aveva circa 23 anni). E dunque tracciò la scritta MICHAEL·ANGELUS·BONAROTUS·FLORENT[INUS]·FACIEBA[T], cioè “fatto dal fiorentino Michelangelo Buonarroti”). Quella fu la prima e ultima volta che Michelangelo firmò un’opera.

Un altro interessante esempio di firma ambientata (e camuffata) viene da Perugino e si trova nella sua Madonna in gloria e santi del 1500. La sua collocazione è piuttosto singolare: si trova sulla ruota di legno, simbolo del martirio di Santa Caterina d’Alessandria, posata per terra e recita “PETRUS PERRUSINUS PINXIT” (“Dipinto da Pietro Perugino”).L’artista comunque firmò con il proprio nome solo un numero limitato di opere, prevalentemente pubbliche, nelle quali era importante certificare l’autore per motivi di prestigio e garanzia artistica. 

Verso la fine del Quattrocento la figura del pittore stava emergendo definitivamente come creatore individuale e non più come semplice esecutore anonimo. Si stava compiendo il passaggio dall’artigiano all’intellettuale e la firma testimoniava questo nuovo status dell’artista. Questo è particolarmente evidente nella produzione di Albrecht Dürer, che di questo nuovo ruolo era particolarmente fiero.
Le sue opere, che si tratti di incisioni o dipinti, sono tutte firmate con il suo celebre monogramma formato da una grande A che contiene una piccola D. Ma la cosa interessante è che spesso la sua firma è inserita in modo molto originale all’interno di elementi della scena. Nel Cristo tra i dottori del 1506, è posta su un foglietto che, come un segnalibro, è inserito tra le pagine di un grosso tomo in basso a sinistra.

A maggior vanto accompagnò la firma con un’iscrizione latina che recita “opus quinque dierum“, cioè “opera fatta in cinque giorni”, sottolineando sia la paternità del dipinto sia la rapidità con cui fu eseguito.
Nella Festa del Rosario, dello stesso anno, Dürer ha fatto anche di più: ha inserito il proprio autoritratto in fondo a destra, nella scena sacra, con in mano un cartiglio su cui si legge “EXEGIT QUINQUE MESTRI SPATIO ALBERTUS DURER GERMANUS MDVI” (“Albrecht Dürer, il tedesco, eseguì [l’opera] nello spazio di cinque mesi, 1506”) seguito dal tipico monogramma. Anche in questo caso, dunque, l’artista ha tenuto a precisare di aver completato il dipinto in cinque mesi, un periodo che richiama simbolicamente le cinque decine del rosario. L’iscrizione funge dunque sia da firma sia da dichiarazione della devozione con cui l’artista ha realizzato l’opera.

Nell’Adorazione della Trinità (o Altare di Landauer) dipinta nel 1511 Dürer ripete lo stesso stratagemma con un autoritratto in basso a destra a figura intera, ma in proporzioni ridotte, nell’atto di sorreggere una grande iscrizione. Qui si può leggere “ALBERTUS DURER NORICUS FACIEBAT ANNO A VIRIGINIS PARTU 1511”, cioè “Albrecht Dürer di Norimberga ha fatto [questa opera] nell’anno 1511 dopo il parto della Vergine” (dunque dalla nascita di Cristo).

Gli abiti eleganti e lo sguardo diretto verso l’osservatore rivelano l’orgoglio di Dürer per quegli incarichi e per essere stato colui che ha iniziato il Rinascimento nel nord Europa. Tuttavia normalmente la sua firma era più discreta e spesso nascosta nella scena.In questo San Girolamo nello studio del 1514 ci sono solo data e mongramma su una tavoletta stesa sul pavimento e osservata in prospettiva.

In altre incisioni la firma si trova su rocce, cartigli e insegne, distribuiti in mezzo al paesaggio.

Quella di Dürer resta comunque un’eccezione. La maggior parte degli artisti del primo Cinquecento raramente autografava le opere usando una “firma ambientata”. Ma i pochi casi sono assolutamente degni di nota. Per esempio la firma di Raffaello (RAPHAEL URBINAS) sul bracciale della Fornarina del 1520.Questa iscrizione non starebbe però a certificare la paternità dell’opera bensì il presunto legame sentimentale tra la donna ritratta (Margherita Luti, la figlia di un fornaio) e il pittore stesso.

Più curioso è il caso della firma del ferrarese Dosso Dossi (al secolo Giovanni Francesco di Niccolò Luteri) nel suo San Girolamo del 1520-1525. Si tratta infatti di un piccolo rebus congegnato con una D attraversata da un osso posizionati in basso a destra, sul terreno, a formare il nome dell’artista: D-OSSO.

Ben più macabro è l’autografo che Caravaggio ha nascosto nella sua Decollazione di Giovanni Battista del 1607-1608, unica opera firmata del pittore. Il suo nome di battesimo (si chiamava Michelangelo Merisi) è infatti parzialmente tracciato sul terreno con il sangue che sgorga dalla gola del Battista.La F che precede il nome sarebbe da ricollegarsi alla nomina dell’artista nell’Ordine dei Cavalieri di Malta, dunque si leggerebbe come “f[ra] michelangelo”. Ma la scelta di scrivere il suo nome col sangue potrebbe anche significare il pentimento di Caravaggio per aver ucciso Ranuccio Tomassoni nel 1606, fatto che lo costrinse a fuggire da Roma e a rifugiarsi a Malta.

Tra i dipinti celebri firmati in un elemento della scena va ricordato anche il celebre Ritratto di papa Innocenzo X di Diego Velázquez. Il foglio che il pontefice tiene nella mano sinistra reca la seguente iscrizione: “alla Santà di N.ro Sign.re / Innocentiox/ per Diego de Silva / Velàzsquez de la Camera di S. M.tà Catt.ca”. Questa dedica, scritta in italiano seicentesco, si può tradurre come: “Alla Santità di Nostro Signore Innocenzo X, da Diego de Silva Velázquez, della Camera di Sua Maestà Cattolica”.Sotto questa iscrizione è riportato anche l’anno di esecuzione del dipinto, il 1650. La presenza di questa scritta, che funge da vera e propria firma, non solo attesta l’autore dell’opera ma sottolinea anche il prestigio dell’incarico ricevuto da Velázquez alla corte pontificia.

Col passare del tempo e con il passaggio a un’epoca – l’Ottocento – in cui il pittore inizia a dipingere anche senza commissione, l’abitudine a firmare l’opera diventa più diffusa, dato che la tela partecipa ai Salon e l’artista ha bisogno di promuovere il suo nome. Ma proprio per questo motivo la firma non viene più ambientata e nascosta nell’opera ma diventa una sigla ben visibile apposta sulla tela, spesso in un colore contrastante. Questo è particolarmente evidente nelle tele di Gustave Courbet…

… e in quelle di Claude Monet.

A fronte di questi autori, che siglavano tutte le loro tele, Vincent van Gogh ne firmò solo una trentina usando semplicemente il nome di battesimo. In genere la firma è in un angolo della tela, ma in qualche raro caso è integrata nell’opera, come nel vaso dei girasoli autografato sopra il vaso.

Tuttavia, cercando con attenzione, si trovano ancora alcuni esempi di firma ambientata e nascosta. Uno dei più eclatanti è nella Libertà che guida il popolo, il capolavoro di Eugène Delacroix. Qui, su due pezzi di legno delle barricate, a destra del ragazzo con le pistole, si legge in rosso “Eug. Delacroix” e “1830”.Firmare su quell’elemento può essere interpretato come un modo per legare il proprio nome direttamente all’evento storico e al luogo simbolico della lotta, sottolineando così il coinvolgimento artistico e ideale di Delacroix nella rivoluzione (sembra che anche l’uomo col cilindro sia un suo autoritratto), sebbene il pittore non abbia preso realmente parte alla sommossa.

Un altro esempio ottocentesco è quello del macchiaiolo Telemaco Signorini. In tante sue opere la firma è perfettamente visibile e collocata, come da consuetudine, nell’angolo in basso a destra o a sinistra. Tuttavia è spesso inclinata vistosamente in modo da apparire adagiata sul selciato secondo la prospettiva.

In altri casi sembra dipinta sul muro di una casa.

Tutte queste firme inserite nella scena, dal Quattrocento all’Ottocento, sono per me dei dettagli estremamente affascinanti perché raccontano storie anche attraverso ciò che non si vede immediatamente e rivelano quel profondo intreccio tra arte e società che si è dipanato nei secoli in forme sempre diverse. Ma parlano anche di un dialogo segreto che l’artista intrattiene con l’osservatore, sfidandolo in una piccola caccia al tesoro. Non si tratta dunque di semplici marchi di fabbrica ma di autentiche tracce d’identità che gli artisti hanno voluto lasciare senza alterare l’armonia visiva dell’opera.

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