Prevenire il Burnout: il Debriefing educativo e pedagogico-didattico

Di Antonio Fundarò

Accoglienza e rispetto anche nel caso in cui il comportamento sia socialmente inadeguato. Non dimentichiamolo mai, come docenti, come educatori, come genitori. Bisogna fare, infatti, molta attenzione a non confondere la valutazione di inadeguatezza che si esprime su un comportamento, con le ragioni che lo determinano. Il comportamento può essere sì, forse, socialmente inadeguato, inadatto, inappropriato, ma alla funzione cui esso assolve, va sempre data accoglienza e rispetto.

Non dimentichiamo mai il ruolo che ha la nostra agenzia scuola. Solo se abbiamo questa consapevolezza si potranno individuare e si potranno insegnare forme e modalità di comportamento socialmente adeguate e contemporaneamente adeguati. Serve, per adempiere a questa scommessa che è, principalmente, educativa e culturale, serve affrontare, con adeguata attenzione, il tema importante della formazione del personale su come si affronta una crisi comportamentale;

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Prevenire il Burnout: il Debriefing educativo e pedagogico-didattico

Di Antonio Fundarò

Accoglienza e rispetto anche nel caso in cui il comportamento sia socialmente inadeguato. Non dimentichiamolo mai, come docenti, come educatori, come genitori. Bisogna fare, infatti, molta attenzione a non confondere la valutazione di inadeguatezza che si esprime su un comportamento, con le ragioni che lo determinano. Il comportamento può essere sì, forse, socialmente inadeguato, inadatto, inappropriato, ma alla funzione cui esso assolve, va sempre data accoglienza e rispetto.

Non dimentichiamo mai il ruolo che ha la nostra agenzia scuola. Solo se abbiamo questa consapevolezza si potranno individuare e si potranno insegnare forme e modalità di comportamento socialmente adeguate e contemporaneamente adeguati. Serve, per adempiere a questa scommessa che è, principalmente, educativa e culturale, serve affrontare, con adeguata attenzione, il tema importante della formazione del personale su come si affronta una crisi comportamentale; sarebbe quindi opportuno inserire nel piano di formazione anche il percorso relativo alla gestione della crisi.
La questione del contenimento di un alunno in crisi comportamentale e i soggetti in pericolo
Come più volte abbiamo sottolineato, fondamentale è, a scuola, ma anche in altri contesti comunitari, la questione del contenimento di un alunno in crisi comportamentale. Si tratta, come abbiamo avuto modo di sottolineare, anche in precedenti articoli, di un tema assai complesso e delicato, che però va affrontato. Non si può abbandonare alla libera iniziativa di docenti o operatori della scuola che viaggiano lungo il solco dell’improvvisazione. La prima questione da affrontare è il dovere della scuola di garantire la sicurezza sia del personale scolastico sia degli alunni. È, perciò, necessario che, nel momento in cui si determina pericolo, venga attuato un intervento ben organizzato, nel corso del quale ciascuno operatore della scuola, ciascun educatore, ciascun insegnante, sappia cosa deve fare e, congiuntamente, come deve farlo. Sottolineiamolo e abbiamolo presente sempre: nel corso di una crisi comportamentale, quella di tipo esplosivo, il primo soggetto ad essere in pericolo è lo stesso nostro alunno, che, evidentemente, rischia di farsi male e di subire quelle che sono le conseguenze psicofisiche che derivano da un eccesso di stress. Sono, ancora, in pericolo gli altri alunni. Ed in che modo sono in pericolo? Lo sono sia dal punto di vista fisico, per il rischio delle aggressioni he possono subire (diventano vittime involontarie) sia dal punto di vista psicologico, per la paura, e congiuntamente, per il senso di minaccia, per l’insicurezza che viene determinata dalla crisi. Sono in pericolo gli insegnanti, anch’essi dal punto di vista fisico ed emotivo.
La reazione al tema del pericolo
È quindi indispensabile che l’alunno venga posto in condizioni di non farsi male e di non far male ad altri. Oltre alla circostanza che è necessario stare attenti a non far distruggere gli arredi scolastici. Il termine contenimento è, cioè, quello più idoneo a circoscrivere ciò che può essere messo in atto a scuola, dagli operatori scolastici tutti. Questo termine richiama percorsi psicologici e pedagogici già, anche in altri contesti attuati. Il termine contenimento (dall’inglese holding) è utilizzato per definire una delle due funzioni fondamentali che Winnicot individua nel ruolo dell’adulto che si prende cura di un bambino (l’altra funzione è quella di rispecchiamento).
Winnicott e le due funzioni del contenimento
Secondo Winnicott, il contenimento svolge due funzioni: quella di proteggere il bambino da eventi traumatici e quella di prendersi cura del bambino, rispondendo ai suoi bisogni. Il contenimento che il mondo adulto esercita dentro la scuola nei confronti di un alunno in crisi comportamentale ha esattamente le stesse finalità: proteggere e prendersi cura. L’atteggiamento interiore di chi affronta un ragazzo in crisi, a scuola, è sempre quello di chi aiuta e sostiene la persona, mai di colui che punisce o si vendica: una crisi comportamentale deriva da una sofferenza profonda che il ragazzo non riesce ad agire in altro modo. L’atteggiamento di chi gli sta davanti – si legge al “Piano generale dell’istituzione scolastica” dell’Istituto Comprensivo “Lorenzo Lotto” di Jesi diretto, con spiccate qualità manageriali, dal DS Prof.ssa Sabrina Valentini – è quello di chi cerca di soccorrere un ferito (anche se il ragazzo ha ferito altri, il primo ferito è lui) e non quello di chi affronta un colpevole. Il contenimento fisico è l’ultima delle strategie che possono essere messe in campo durante una crisi e la più complessa; l’eventuale contenimento fisico deve avere la caratteristica tecnica ed emotiva dell’abbraccio.
Il debriefing educativo
Nella narrazione scientifica della questione è fondamentale anche soffermarsi sulle Procedure di gestione della fase post-crisi, ovvero il debriefing educativo. Definiamo debriefing la fase con la quale si chiude un processo. Si tratta di una fase che vede coinvolti tutti gli attori di quel processo, allo scopo di riflettere su ciò che è accaduto e di portarne un insegnamento. Dall’esperienza si apprende non perché la si subisce, ma per quanto la si rielabora trasformandola in consapevolezza e apprendimento.
Il debriefing pedagogico-didattico
Il debriefing pedagogico-didattico, invece, definizione più appropriata nel contesto scolastico, ha lo scopo di “ricucire”, proprio letteralmente parlando, il tessuto relazionale della classe evitando di mettere gli uni contro gli altri. Appassionare il gruppo classe e renderlo partecipe nella condivisione delle problematiche, trovare modalità idonee per consentire alla classe stessa di scaricare la tensione dell’accaduto, curare la comunicazione alle altre famiglie coinvolgendole sugli interventi da proporre…sono solo alcune strategie da mettere in atto per salvaguardare il benessere del gruppo e del singolo.
Lo stress emotivo del personale scolastico
Anche il personale scolastico accumula grande stress emotivo in caso di crisi comportamentali ripetute e violente. Per eludere il burn-out, è fondamentale che si attivino forme di counseling tra docenti e forme di cooperazione con il territorio, per garantire supporto e supervisione psicologica al personale scolastico coinvolto, principalmente alla persona che ha gestito direttamente la crisi e che ha affrontato l’alunno. I percorsi di formazione, in questo caso, dovranno comprendere forme di supervisione sia periodiche sia di emergenza. Per i ragazzi che hanno questo tipo di difficoltà e per tutti gli insegnanti (anche gli educatori di comunità e convitti, oltre che di educandati) le vie educative constano nell’insegnare a capire se stessi, le proprie reazioni, i propri impulsi, naturalmente con percorsi adeguati all’età e alle condizioni di ciascuno.
La normativa e lo stress da lavoro correlato

Con l’art. 3 del D.Lgs 626/94 ritroviamo “timidi richiami” alla “programmazione della prevenzione mirando ad un complesso che integra in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive ed organizzative dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente di lavoro” e “ il rispetto dei principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo” Precisava che la valutazione deve riguardare “ tutti i rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari” (Legge 39/02 che modificava l’art. 4 del D.Lgs 626/94)
Accordo Quadro Europeo sullo stress nei luoghi di lavoro 08/10/2004 recepito in Italia dall’Accordo Interconfederale del 09/06/2008, pone l’attenzione sullo stress come possibile fattore di rischio, ne precisa la definizione e rimarca la necessità di un percorso specifico di valutazione/gestione del rischio stress lavoro correlato pienamente integrato nel generale processo di valutazione dei rischi.
D.Lgs 81/08 art. 28 secondo il quale la valutazione dei rischi deve riguardare “tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori ivi compresi quelli riguardanti i gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’ 08/10/2004”
D.Lgs 106/2009 afferma che “La valutazione dello stress lavoro correlato…è effettuata nel rispetto delle indicazioni elaborate dalla «Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro», e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque…a far data dal 1 °agosto 2010”.

Pubblicato in Politica scolastica

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