Così la tecnologia aiuta i tennisti

Racchette spaccate, urla, parolacce, insulti e minacce di abbandonare il campo. Quando una palla chiamata fuori o dentro il campo può valere la differenza tra vittoria o sconfitta, a volte i giocatori di tennis protestano con il giudice di sedia dando il peggio di sé. Ma molto presto ciò che ha reso alcuni giocatori come John McEnroe vere leggende della crisi isterica (oltre che del tennis sublime) diventerà un ricordo e manderà in pensione i giudici di linea.

Il tennis del futuro. L’Atp, l’associazione che rappresenta i professionisti del tennis maschile, ha annunciato che dal 2025 in tutti i suoi tornei verrà introdotta la tecnologia Electronic Line Calling Live: un sistema di 40 telecamere Hd ad altissima velocità, di cui 10 con un sistema laser che registra i movimenti della pallina a 2.500 fotogrammi al secondo e, grazie a un software, è in grado di stabilire con precisione assoluta se anche un solo pezzettino della stessa ha toccato o meno la riga. «La decisione arriva dopo aver consultato tennisti e appassionati in tutto il mondo: per tutti l’accuratezza dell’arbitraggio è un elemento indispensabile», spiega Massimo Calvelli, ex tennista e oggi amministratore delegato di Atp.

Occhio di falco. ELC Live non è certo il primo strumento hi-tech del genere: i primi tentativi risalgono addirittura agli anni ’70, con sensori posizionati sotto lo strato più superficiale del campo, mentre a partire dal 2006 è stato introdotto Hawk-Eye, “l’occhio di falco” elettronico, basato anch’esso su telecamere, e adottato ormai in molti tornei come Wimbledon, e che già ha mandato in pensione i giudici di linea agli Us Open. Lo strumento automatico annunciato da Atp è solo la punta dell’iceberg di una rivoluzione tecnologica che sta cambiando profondamente il tennis.

«Il sistema», spiega Calvelli, «è in grado di registrare tantissimi dati che possono essere utilizzati per gli scopi più vari, per esempio fornire statistiche di ogni tipo a chi guarda il match, ma anche a chi lo sta affrontando». Grazie all’utilizzo di computer vision e algoritmi, si può ricostruire l’esatta traiettoria e velocità della pallina per ogni scambio del match, creando per esempio statistiche sul tipo di colpo (dritto o rovescio) tirato dai giocatori, la zona del campo colpita, le percentuali di riuscita del servizio e così via.

«Analoghi sistemi vengono già utilizzati da diversi anni dai giocatori», spiega Michelangelo Dell’Edera, direttore dell’Istituto Superiore di Formazione Roberto Lombardi, che forgia i maestri di tennis.

«Le telecamere sono in grado di riprendere il gesto atletico, consentendo agli allenatori di rivederlo al rallentatore da ogni angolazione e di correggere gli atleti, soprattutto quando sono più giovani, in modo da ottimizzare la performance, oltre a prevenire gli infortuni. Alla videoanalisi si affianca poi l’analisi del match, che permette di valutare la partita da un punto di vista tattico e strategico, per esempio per evidenziare statisticamente che tipo di colpo gioca un avversario nei cosiddetti momenti chiave, in cui vincere o perdere lo scambio equivale a perdere un game o un set, e predisporre l’adeguata contromisura».

L’IA e il Match Le aziende come Dartfish Video, che offrono soluzioni del genere, sono molte e hanno ormai fatto emergere la figura dell’analista tattico, in grado di rivelare statistiche nascoste ai giocatori. Per esempio, anche se i tifosi si appassionano agli scambi lunghi e molto combattuti, l’analista Craig O’Shannessy, rivela come il 70% degli scambi in un match non duri più di quattro palleggi, e nel 90% dei casi chi si aggiudica la maggior percentuale di quegli scambi vince la partita. «Disporre delle statistiche, in tempo reale», spiega Dell’Edera, «può cambiare le tattiche durante la partita: per esempio in Coppa Davis (dove l’allenatore interagisce con il giocatore nei cambi di campo, ndr) è utile a cambiare strategie. Ma è fondamentale anche per analizzare i match prima e dopo, per cambiare anche il modo di giocare: Novak Djokovic, numero 1 al mondo, nel 2018 aveva dichiarato come il suo colpo migliore fosse il rovescio, ma le statistiche gli hanno mostrato che vinceva più punti di dritto. Così da allora cerca di tirare più dritti possibile».

L’IA turalmente è la protagonista di gran parte di questa innovazione: a Wimbledon è già in grado di creare in breve tempo gli highlights di una partita, individuando e montando tra loro spezzoni video degli scambi più lunghi o importanti, delle esultanze, delle reazioni del pubblico, e dall’anno scorso viene usata anche per creare un commento delle clip video pubblicate sul sito web del torneo, grazie al software di Ibm Watsonx, che organizza anche i dati a uso del pubblico.

Dispositivi indossabili dai tennisti. «Abbiamo creato una piattaforma chiamata Tennis IQ e lanceremo quest’anno la seconda versione con la componente video, per fornire agli atleti statistiche sulle partite», dice Calvelli. «La direzione è quella di andare sempre più verso l’utilizzo dei dati in tempo reale anche per gli allenatori, nei tornei in cui sarà possibile.

Inoltre l’Atp dal 1° gennaio 2024 ha autorizzato l’utilizzo da parte dei tennisti di dispositivi indossabili che misurano pressione sanguigna, battito cardiaco e tanti altri parametri fisiologici. Questo farà sì che gli atleti potranno essere monitorati in tempo reale, migliorando le performance e prevenendo gli infortuni».

Simulazioni di realtà virtuale. Se Djokovic indossa già un cerotto made in Italy chiamato TaoPatch, che secondo i produttori “trasmette fotoni coerenti col corpo umano, stimolando con una terapia luminosa precisi punti nevralgici collegati al sistema nervoso, per migliorare il movimento e le funzionalità articolari”, è chiaro che questa nuova apertura di Atp porterà sul campo sensori e dispositivi indossabili in grado di raccogliere ulteriori dati in tempo reale sull’affaticamento degli atleti, il dispendio di energia e la performance muscolare, utili per attuare strategie ad hoc.

D’altronde, gli atleti professionisti sono già abituati a usare strumenti hi-tech per gli allenamenti e in partita: dato che il training mentale, per affrontare ogni situazione del match e visualizzare e memorizzare i gesti, è fondamentale, diversi tennisti usano simulazioni di realtà virtuale come quelle di Sense Arena, ideali quando l’atleta è in viaggio o deve riprendersi da un infortunio. Gran parte dell’innovazione però finisce in campo.

«La maggiore innovazione tecnologica negli ultimi anni è stata nelle corde delle racchette», spiega Calvelli, «che oggi richiedono molta più potenza rispetto al passato ma permettono anche di dare molto più effetto alla palla grazie al maggiore grip. E non solo si è ridotto il peso delle racchette, grazie a materiali sempre più innovativi come la fibra di carbonio oggi largamente usata, ma è anche cambiato il bilanciamento».

Le corde delle racchette. «Le racchette di Nadal e Federer pesavano entrambe circa 320 grammi, ma erano macchine totalmente diverse: la prima era bilanciata in testa per dare molta rotazione alla palla, la seconda sul manico per dare maggior controllo nel gioco di volo», commenta Dell’Edera. E se il tiraggio delle corde ormai si effettua al computer, e il design del telaio influenza l’area utile d’impatto, dove la pallina viene respinta con la massima efficacia «per individuare l’attrezzo giusto per ogni atleta si utilizza un radar che misura la velocità di uscita della palla all’impatto e microchip da applicare sul polso o sulla racchetta stessa, in grado di fornire dati su come un attrezzo incide a livello tecnico sul giocatore».

In modo analogo anche le scarpe si sono evolute enormemente: «Un tempo il piede del tennista era praticamente a contatto con il terreno, separato da una suola sottile», dice Calvelli. «Oggi l’esasperazione delle velocità rende determinante l’utilizzo di calzature che non solo devono migliorare la performance ma anche evitare gli infortuni. Ecco perché le suole sono adattate in base al piede dei singoli giocatori, e si effettuano studi con macchinari che valutano l’appoggio dello stesso e costruiscono suole individualizzate per evitare carichi su alcune parti della pianta». 

Scarpe personalizzate. A guardare le scarpe di varie marche ci si rende conto di quanta innovazione, rigorosamente top secret, vada a finire nella tomaia, che deve essere traspirante per evitare che il piede “cuocia”, ma soprattutto nelle solette interne dei materiali più svariati, legno compreso, che devono ammortizzare, spingere il piede e sostenerlo nelle scivolate e nei cambi di direzione, senza contare poi che ogni suola deve essere scolpita nel modo adatto per i diversi campi.

Superfici di gioco. Molta tecnologia dei materiali è impiegata anche nelle superfici di gioco: se la terra battuta e l’erba sono rimaste sostanzialmente invariate nel tempo (a Wimbledon dal 2001 però si usa il loglio anziché la festuca rossa), l’evoluzione ha riguardato soprattutto le superfici veloci, «che una volta erano in cemento, moquette, plastica, mentre oggi sono rea­lizzate applicando varie resine e vernici (in prodotti acrilici, ndr)», dice Calvelli. Per preparare i campi degli Us Open, per esempio, i tecnici di Laykold usano un macchinario che spara le palline sulla superficie e misurano attrito e restituzione, cioè quanta energia viene persa dopo un rimbalzo. Così si può stabilire la velocità del singolo campo e rendere tutti quelli del torneo uniformi. «Mentre in passato c’era ampia differenza tra superfici veloci e lente, oggi questo divario si è ristretto, anche su richiesta dei giocatori. Ecco perché sono sempre più rari gli specialisti di una superficie, e ogni volta che inizia un torneo è difficile immaginare chi potrà vincere. In modo che tutto sia incredibilmente più avvincente».

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