Alcune immagini dilatano il tempo nel cervello
Il senso del tempo è scandito da un orologio interno che non viaggia per tutti, e in tutti i momenti, alla stessa velocità. Alterare i dettagli di una scena cambia a tal punto l’attenzione che le rivolgiamo da influire anche sulla nostra percezione del tempo: le immagini che riteniamo più eccezionali e degne di nota hanno il potere di dilatare il tempo, come se ci perdessimo in esse.
È l’interessante conclusione di uno studio pubblicato su Nature Human Behaviour, che svela qualcosa di più su come funziona l’attenzione umana.
Al rallentatore. Un gruppo di neuroscienziati cognitivi della George Mason University ha reclutato 170 volontari, coinvolgendo ciascuno in uno tra quattro esperimenti. I primi due si sono concentrati su come le dimensioni e l’affollamento di un’immagine influenzino la percezione del tempo.
I partecipanti hanno osservato una serie di foto di vari ambienti (un terminal in aeroporto, un teatro, un bagno…), di diverse dimensioni e più o meno ricche di dettagli, per periodi di tempo compresi tra i 300 e i 900 millisecondi. Dopodiché hanno dovuto dire se ciascuna immagine fosse rimasta a lungo o per breve tempo sullo schermo.
Le immagini più grandi, più luminose e con meno particolari sono state percepite come se fossero rimaste disponibili più a lungo rispetto al tempo effettivo, un fenomeno che gli scienziati definiscono “dilatazione del tempo”.
Impresse nella memoria. Gli altri due test hanno studiato come i particolari notevoli di un’immagine influenzassero lo scorrere del tempo. Usando un database di fotografie con un “punteggio di memorabilità” già assegnato, i partecipanti hanno dovuto premere un pulsante per tutta la durata di tempo trascorsa a osservare ciascuna immagine, e di nuovo dire se la scena fosse, nella loro mente, “lunga”, o “corta”. Il giorno seguente i volontari sono stati convocati in laboratorio per un compito di memoria a sorpresa: le immagini valutate come più memorabili sono state percepite come se fossero state osservate più a lungo; e queste stesse immagini venivano anche ricordate meglio.
tempo per studiare. La scoperta apre all’affascinante possibilità che alterando la percezione di una scena in modo che sembri dilatata nel tempo si possa facilitarne la memorizzazione. Inoltre conferma che la percezione del tempo è fortemente influenzata dai sensi: per gli autori dello studio, è possibile che la dilatazione temporale aiuti il cervello a impossessarsi del maggior numero possibile di informazioni su una scena che ritiene degna di attenzione.
E, al contrario, che le immagini troppo affollate e confuse mandino il cervello in modalità di “riserva energetica”, come se non valesse la pensa spenderci troppo tempo.
Risvolti terapeutici. Una migliore conoscenza dei meccanismi che regolano la percezione del tempo potrebbe servire ad aiutare chi è affetto da patologie che alterano questa capacità, come la schizofrenia o l’ADHD.
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