Chi erano i soldati delle Brigate ebraiche? Scopriamolo attraverso l’articolo “Le stellette di David” di Gianremo Armeni, tratto dagli archivi di Focus Storia.
Gli ebrei non erano reclutabili. Anno 1788, l’esercito dell’Impero asburgico apre le porte ai soldati di origine ebraica. Non era mai accaduto prima. Fino ad allora gli ebrei erano stati “non reclutabili”, ritenuti incapaci di combattere perché nelle pagine della loro storia mancavano imprese militari degne di nota, eccezion fatta per le narrazioni bibliche. Oltre due secoli dopo, nel 2018, la Brigata ebraica è stata insignita della medaglia d’oro al valor militare dallo Stato italiano, per il suo contributo alla guerra di Liberazione. Dal 2004 la sua bandiera sfila nel corteo delle celebrazioni del 25 aprile, spesso bersaglio di contestazioni, eppure dei soldati ebrei che la formavano si sa poco.
Prima della nascita d’Israele. «L’idea che gli ebrei fossero incapaci di difendersi, antropologicamente inadatti ad esercitare una forza legittima in proprio, è parte stessa dell’arsenale delle falsificazioni antisemitiche», spiega lo storico Claudio Vercelli, studioso del mondo ebraico nel Novecento e autore di importanti saggi sull’antisemitismo. «Nessuna collettività è aprioristicamente capace o incapace di svolgere funzioni condivise. Ciò che semmai fa la differenza sono le circostanze. Per gli ebrei la chiave di volta è stato il sionismo, il movimento nazionale ebraico, dal quale nascerà lo Stato d’Israele». E infatti la vicenda di questa unità combattente, che durante l’ultimo conflitto mondiale affrontò i nazisti al suono dello shofar (il corno d’ariete usato come strumento musicale in sinagoga), risale proprio agli anni che precedettero la nascita di Israele.
AMBIGUITÀ BRITANNICA. La consapevolezza che, per costruire uno Stato ebraico, fosse necessario pensare anche alla sua sicurezza, portò nel 1921 alla nascita dell’Haganah, un esercito clandestino, non riconosciuto ufficialmente dai britannici, che però tennero un occhio aperto e l’altro chiuso sulle sue attività. Dopo la Prima guerra mondiale Londra aveva ricevuto dalla Società delle nazioni il compito di amministrare la Palestina (ex possedimento dello sconfitto Impero ottomano) attraverso un governo mandatario.
Fragili equilibri. Ma a un certo punto era diventato impossibile mantenere la bilancia in equilibrio tra arabi ed ebrei. Così, per non irritare troppo i primi, i britannici decisero di limitare l’immigrazione ebraica in Palestina. Tuttavia, a due decenni dalla nascita, l’Haganah – che tra i suoi membri annoverava i futuri primi ministri di Israele Ariel Sharon e Yithak Rabin – si era dotato ormai di un alto comando, di armamenti all’avanguardia e di decine di migliaia di uomini.
PRESSING DIPLOMATICO. L’Agenzia ebraica, l’organismo che rappresentava la comunità di Palestina, preso atto della preparazione militare raggiunta, iniziò un intenso pressing diplomatico nei confronti del primo ministro del Regno Unito, Winston Churchill, con un unico obiettivo: combattere il demone nazista sul suolo europeo mobilitando un apparato militare tutto ebraico, che fosse riconosciuto e legittimato dagli Alleati. C’erano, dal 1943, oltre 30mila ebrei volontari che facevano parte delle varie Compagnie ebraiche nell’esercito britannico, ma la richiesta era di avere un’unità indipendente, con una propria bandiera.
Tutti Volontari. Dopo molte resistenze, nel 1944 Churchill, d’accordo con il presidente degli Stati Uniti Roosevelt, a sua volta pressato dalla comunità ebraica americana, autorizzò la formazione di una brigata di 5mila uomini, sotto il comando dell’Ottava armata britannica. Ancora prima che Churchill comunicasse il parere favorevole degli angloamericani, in una lettera a lui indirizzata il presidente dell’Agenzia ebraica, Chaim Weizmann, gli aveva già descritto il vessillo che avrebbe accompagnato per la prima volta una formazione di soldati sionisti.
La stella di David. Lo Stato d’Israele non esisteva ancora, ma quella bandiera a tre strisce, due azzurre e una bianca, con la stella di David al centro, era riconosciuta dagli ebrei di tutto il mondo come un simbolo identitario. Anche perché era intrisa del sangue versato in Europa. I 5mila uomini della Brigata ebraica erano tutti volontari. La maggioranza proveniva dalle fila dell’Haganah, ma si arruolarono anche ebrei originari del Commonwealth, come dimostra il comandante, un canadese: il brigadiere generale Ernest Frank Benjamin.
LIBERATORI. Dopo un periodo di addestramento, prevalentemente in territorio egiziano, i militari del Jewish Infantry Brigade Group il 31 ottobre 1944 furono inviati in Italia, per partecipare alla guerra di Liberazione. Sbarcarono a Taranto con in testa e nel cuore comandamenti come questi: 1) Rammenta: odia i macellai del tuo popolo; 2) Rammenta: siete gli emissari di un popolo pronto per la battaglia; 3) Atteggiati a ebreo orgoglioso del suo popolo…
Nell’inverno tra il 1944 e il 1945 la brigata partecipò agli scontri in Emilia Romagna, dove contribuì a sfondare il fronte nemico del fiume Senio, nei pressi di Ravenna. Un’operazione militare dall’alto valore strategico, che costò molte perdite ai volontari. La popolazione rimase a bocca aperta quando per la prima volta, tra le rovine lasciate dai combattimenti, vide passare quegli strani soldati: indossavano la divisa inglese, ma sulle fiancate degli automezzi della fanteria meccanizzata su cui si spostavano spiccava la stella a sei punte, e sui proiettili di mortaio era scritto “Saluti a Hitler”.
il racconto della Shoah. Lo stesso ex rabbino capo di Roma, Elio Toaff, nel 2004 raccontò al Corriere della Sera: “A un certo punto ho visto avanzare per la strada un carro armato con la stella di David, era una visione inimmaginabile”. Nella primavera del 1945 la brigata proseguì le operazioni nel Tarvisiano (Friuli Venezia Giulia). Fu allora che i soldati conobbero un’altra verità, oltre a quella già nota della persecuzione: i campi di concentramento, i forni crematori, il fumo nero dei corpi bruciati…
La sera, nei locali, a tenere banco erano le parole dei loro fratelli, quelli che erano riusciti a sfuggire all’orrore nascondendo le loro origini ebraiche. Erano i primi racconti sulla Shoah, lo sterminio sistematico degli ebrei, confermato dai resoconti dei soldati che in quei mesi stavano varcando i cancelli dei lager di Mauthausen e Bergen-Belsen. Da quel momento, per la Brigata ebraica comincia un’altra storia, in parte ancora avvolta dal mistero e oggetto di accese controversie storiografiche.
Ruolo controverso. Nel corso degli anni si sono delineate tre ricostruzioni di questa fase. Una prima versione, riassunta nel libro del corrispondente del New York Times, Howard Blum, dal titolo La brigata. Una storia di guerra, di vendetta, di redenzione (Il Saggiatore), riferisce di alcuni soldati della Brigata ebraica che, a un certo punto, avrebbero indossato i panni di giustizieri. Per ripagare gli sterminatori nazisti con la loro stessa moneta, alcuni ebrei, tra i quali alcuni scampati allo sterminio, organizzarono una sorta di macchina vendicatrice, dando vita alla cosiddetta Operazione Nakam (Operazione Vendetta).
Vendetta. Crearono un apposito servizio informazioni con il compito di scovare i nazisti che erano riusciti a fuggire o a nascondere la propria identità e, una volta rintracciati, li avrebbero condannati a morte sommariamente e senza processo. Dai boschi di Tarvisio l’operazione si sarebbe estesa ad altri territori dell’Europa post-bellica portando, secondo alcune stime, all’eliminazione di 1.500 nazisti. Fra questi, un colonnello delle Ss prelevato a Riga, portato in riva a un fiume e, al grido “Ti condanno a morte in nome del popolo ebraico”, giustiziato a colpi di pistola in mezzo agli occhi.
caccia di nazisti… Una seconda ricostruzione, più sfumata, pur ammettendo la caccia ai nazisti, circoscrive il fenomeno, ritenendolo legato a iniziative personali di singoli o di piccoli gruppi, avvenute senza il coinvolgimento della Brigata ebraica. Secondo questa versione dei fatti, per scongiurare che le vendette si estendessero a macchia d’olio intervenne il comandante in capo dell’unità, diramando un ordine di servizio che imponeva a tutti i membri della Brigata ebraica il rispetto della Convenzione di Ginevra.
o forse leggenda. L’ultima corrente storiografica ridimensiona i fatti fino a relegarli nel campo delle leggende, attribuendo ad ambienti antisemiti la diffusione di notizie false su quelle morti. Certo, è innegabile che nei cuori dei soldati ebrei covasse un odio profondo e alcuni si sentirono in colpa per essere sfuggiti all’orribile sorte toccata ai loro fratelli. Molti proposero di vendicarsi, ma vennero subito zittiti. Comunque sia andata veramente, bisogna considerare che tutta l’Europa in quegli anni era attraversata da regolamenti di conti.
A CASA. A guerra finita, l’ultimo compito della Brigata ebraica fu radunare gli ebrei sopravvissuti in Europa per condurli via mare nella terra dei padri. Naturalmente, vigendo ancora il vecchio blocco imposto dall’Inghilterra, si trattava di immigrazione clandestina. Rientrato in Palestina nel 1946, il Jewish Infantry Brigade Group venne sciolto e i soldati tornarono nell’Haganah. Dopo la proclamazione dello Stato d’Israele, il 14 maggio 1948, e con il conseguente ritiro delle truppe inglesi, l’Haganah lasciò il posto a un nuovo apparato militare: le Forze di difesa israeliane.
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