Giovani in cerca di una bussola/1. Lo smartphone non li aiuta, anzi
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Si stanno moltiplicando in Italia e nel mondo, anche in forma di riflessioni sull’esito devastante che la pandemia ha avuto sulla crescita culturale e l’equilibrio psicologico degli adolescenti, le analisi sulla condizione esistenziale dei giovani e sulla (in)adeguatezza degli attuali sistemi educativi per aiutarli a farvi fronte.
Tra le ragioni che ostacolano l’efficacia dell’attività didattica che si svolge nelle scuole viene considerata sempre più spesso l’asimmetria tra il modo di apprendere delle ultime generazioni (la Zeta dei nati dopo il 1995 e soprattutto l’Alfa dei nati a partire dal 2010) – multimediale, iconico, reticolare – e il modo di insegnare della gran parte dei docenti in servizio: monomediale, verbale, sequenziale, fondato sul primato dei testi scritti.
È stato, ed è, soprattutto l’accesso precoce dei giovanissimi all’uso dello smartphone (il primo iPhone è stato lanciato da Steve Jobs nel 2007) a determinare
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