Coltivare piante in orbita: più vicino il prototipo italiano
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Mangiare verdura fresca fa bene al corpo e anche alla psiche, è cosa nota: i colori di insalata, pomodori o carote, per esempio, stimolano e danno piacere alla vista.
Le sfide in orbita
Sulla Terra non è un grosso problema, almeno da noi in Italia, ma certo, nello spazio, la questione cambia completamente. Impossibile portare in orbita, o sulla Luna per esempio, quantità adeguate di verdure, oltretutto da mantenere fresca, e allora si pone da tempo il problema di produrla, ad iniziare dal caso apparentemente più semplice, la Stazione Spaziale Internazionale, Iss. Ci stanno provando in parecchi e anche grossi nomi in campo spaziale sia in Europa che negli Usa, e ora c’è un nuovo outsider nazionale, Space V, una start up fondata da un gruppo di ingegneri e ricercatori fra Genova e Torino e di cui fa parte anche il primo italiano che andò anni fa, 1992, nello spazio: Franco Malerba.
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La start up Space V tra robotica e machine learning
Space V, fondata nel 2021, è ospitata nell’incubatore BIC al Politecnico di Torino e ora, grazie a un finanziamento ricevuto dal fondo Galaxia di Cassa Depositi e Prestiti Venture Capital, si accinge a realizzare un prototipo di serra per la coltivazione in orbita di verdura.
Non è facile, lo spazio è un ambiente molto particolare non solo per gli uomini, a iniziare dalla differente accelerazione di gravità, che gioca un ruolo fondamentale nella crescita delle piante stesse, ma anche temperatura, presenza di raggi cosmici, scarsa illuminazione solare. Ci vuole un mix di tecnologie per risolvere il problema, e, nel caso di quel che vuole fare Space V, anche di matematica computazionale, robotica e machine learning. Quello che verrà realizzato è infatti una serra per coltivazione, e questo è già stato fatto anche altrove, ma l’asso nella manica della start up V è che questa serra ha i ripiani adattivi che si spostano a comando, è insomma una macchina intelligente che dosa e concede a ogni ripiano, dove ci saranno differenti verdure e soprattutto in differenti momenti di sviluppo e maturazione, uno spazio diverso, essenzialmente, quello più appropriato per quello stadio di sviluppo. «In questo modo – dice Malerba – non sprechiamo spazio per coltivazioni appena seminate e possiamo concederlo maggiormente ad altre che sono in procinto di finire il proprio ciclo, non sprechiamo acqua, che nello spazio è ben più importante dell’oro, o condizionamento e illuminazione». Essenzialmente un processo di ottimizzazione che dovrebbe rendere molto efficiente questo orto spaziale pensato da Space V .
Verdure e frutta sono ora fornite agli astronauti in forma disidratata, per poterli conservare a lungo e reidratarli al bisogno. Questo comporta, oltre alla perdita di vitamine, anche il fatto che la presentazione di questi alimenti così importanti è poco stimolante per i consumatori spaziali. Se si può immaginare che questo possa essere relativamente meno importante per gli astronauti di professione, certo aumenta di importanza nella prospettiva di portare in orbita in una stazione spaziale, ad esempio, o sulla Luna in futuro dei turisti.
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