Riportare in vita i terreni degradati. Porre fine alla desertificazione. Mettere in sicurezza le riserve idriche. Sono i tre appelli urgenti che la Terra lancia ai propri abitanti nella Giornata Mondiale dell’Ambiente (World Environment Day), una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite il 5 giugno per risvegliare una consapevolezza ambientale in tutti i terrestri, connessi allo stato di salute del loro Pianeta attraverso un doppio filo di responsabilità, da un lato, e bisogno dall’altro.
Un bene calpestato. Il tema di quest’anno riguarda, appunto, il recupero della salute del suolo, segnato dal degrado, dal sovrasfruttamento, dalla perdita di biodiversità e dall’instabilità delle risorse idriche. Una situazione che abbiamo contribuito a creare attraverso la deforestazione, gli allevamenti intensivi, le pratiche agricole non sostenibili e i cambiamenti climatici, e che ora sta presentando il conto con la perdita di produttività, la scomparsa di specchi d’acqua e vegetazione, l’insicurezza idrica e alimentare.
Rimbocchiamoci le maniche. Secondo le Nazioni Unite, ogni anno 100 milioni di ettari di terre produttive vengono degradate, perché perdono l’acqua che le bagna e rende fertili, la biodiversità che le abita e la loro copertura di vegetazione. Le siccità sono in aumento e tre quarti dei terrestri dovranno vedersela con la scarsità idrica entro la metà del secolo. Servono misure concrete per recuperare la vitalità del suolo, secondo il motto della Giornata Mondiale dell’Ambiente 2024, #GenerationRestoration. Il Programma Ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) ne propone sette: vediamole insieme.
1. Rendere l’agricoltura sostenibile. L’attuale sistema di produzione di cibo è tra le principali forzanti di degrado del suolo a causa dell’utilizzo massiccio di fertilizzanti e pesticidi, delle pratiche di deforestazione per fare spazio alle coltivazioni intensive (spesso di foraggio destinato ad animali da allevamento), della perdita di biodiversità dovuta alle monocolture, degli sprechi idrici e dei deflussi inquinanti che contribuiscono alle emissioni di gas serra.
Occorre recuperare pratiche di agricoltura sostenibile, che attingano alle conoscenze delle popolazioni indigene abituate a vivere in continuità con le foreste, e che sfruttino le ricchezze di varietà vegetali conosciute per crescere piante più resistenti agli scossoni climatici. I consumatori dovrebbero aumentare il consumo di piante stagionali, di alimenti di origine vegetale e che non impoveriscano il suolo di risorse e nutrienti, come i legumi.
2. Preservare il suolo. Il 60% di tutte le specie viventi brulica nel suolo, e il 95% di quello che mangiamo cresce in esso. I suoli in salute svolgono anche un compito fondamentale di mitigazione climatica, perché assorbono carbonio.
Bisogna investire in tecniche agricole più rispettose del suolo, come quelle senza aratura, che evitano di dissodare il suolo così da non alterare gli equilibri e non riportare il carbonio in superficie, o quelle che contrastano il fenomeno dell’erosione superficiale del terreno dai nutrienti coprendo il suolo con i residui delle colture precedenti (pacciamatura).
3. Proteggere gli impollinatori. Tre raccolti di frutta o verdura su quattro dipendono dagli impollinatori per disperdere i propri semi. Conosciamo bene il declino delle api, ma al lavoro di impollinazione partecipano anche pipistrelli, farfalle, uccelli, scarabei. Sapevate che i pipistrelli sono indispensabili per impollinare banane, avocado e manghi? Per tutelare anche questi animali è importante ridurre l’impatto dell’inquinamento dell’aria, minimizzare l’utilizzo di fertilizzanti e pesticidi e conservare il più possibile prati, paludi e foreste dove gli impollinatori si rifugiano.
4. Ripristinare gli ecosistemi d’acqua dolce. Fiumi, torrenti, laghi e paludi forniscono cibo, attutiscono gli effetti di siccità e alluvioni, costituiscono un habitat per piante e animali, ma sono minacciati da inquinamento, cambiamenti climatici, attività estrattive e overfishing. Monitorare la qualità delle loro acque, proteggerli dalle specie invasive, migliorare la raccolta delle acque reflue industriali e degli scarichi fognari sono tutti esempi di azioni concrete a tutela delle vie d’acqua dolce.
5. Rinnovare le aree marine costiere. Mangrovie, saline, foreste di kelp e barriere coralline sono ecosistemi marini che forniscono protezione, biodiversità e risorse a più di tre miliardi di persone nel mondo. Occorre proteggerli dall’inquinamento da plastica e dall’eccesso di nutrienti derivanti dalle acque residue ricche di fertilizzanti che arrivano ai mari dai campi coltivati.
6. Riportare la natura nelle città. Entro il 2050, più di due persone su tre vivranno nelle città, realtà che consumano il 75% delle risorse del Pianeta, producono oltre il 50% dei rifiuti globali e generano almeno il 60% del totale di gas serra. Permettere alla natura di entrare nelle città può migliorare la qualità di vita dei suoi occupanti: la vegetazione riduce l’impatto delle isole di calore urbane e il ricorso all’aria condizionata; canali e laghetti mitigano la calura e aumentano la biodiversità, e lo stesso fanno i giardini verticali da allestire su tetti e terrazze.
7. Investire in natura. I fondi destinati al recupero degli ecosistemi devono più che triplicare da qui al 2030, fino a raggiungere la cifra ideale di 542 miliardi di dollari: un ammontare immenso di denaro che dovrebbe mitigare gli impatti accelerati dei cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità alimentati dai tanti investimenti in senso contrario effettuati finora.
Pensate al fiume di soldi versati finora nell’estrazione e nella lavorazione di combustibili fossili, in pratiche agricole, di pesca e industriali poco sostenibili, nei settori delle costruzioni e della produzione di energia da fonti inquinanti.
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