“The Second Act”, una meta-commedia in apertura del Festival di Cannes
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Cannes si apre sotto il segno della commedia surreale: “The Second Act” di Quentin Dupieux ha inaugurato fuori concorso la nuova edizione del festival cinematografico più glamour del mondo, che quest’anno spegne settantasette candeline.
Essere stato scelto come regista del film d’apertura di un festival come Cannes sembra davvero la ciliegina sulla torta della carriera di Dupieux, autore di un cinema folle e surreale che l’ha reso un artista tanto controverso quanto capace di non lasciare mai indifferenti.
Noto anche con lo pseudonimo di Mr. Oizo, con il quale è comparso sulla scena musicale francese sul finire degli anni Novanta (il suo primo brano, “Flat Beat”, è stato un successo gigantesco), Dupieux è arrivato con “The Second Act” al suo tredicesimo lungometraggio, confermando una vena artistica impossibile da frenare, che l’ha portato a dirigere ben quattro film negli ultimi due anni: “Incredibile ma vero” e “Fumare fa tossire” nel 2022, “Yannick” e “Daaaaaalì!” nel 2023.
Al centro della trama di “The Second Act” ci sono quattro personaggi: Florence vuole far conoscere David, il ragazzo di cui è follemente innamorata, a suo padre Guillaume. David, però, non è sufficientemente attratto da Florence e vorrebbe portarla tra le braccia del suo amico Willy. I quattro si troveranno tutti insieme in un ristorante, nel bel mezzo del nulla.È una commedia degli equivoci “The Second Act”, film in cui Quentin Dupieux dà vita a un divertente gioco al massacro che coinvolge anche gli spettatori.Con rimandi al surrealismo di Luis Buñuel – spesso presente nel cinema del regista francese, vista anche la recente pellicola dedicata a Salvador Dalì – “The Second Act” si sviluppa andando a minare le certezze del pubblico e provocando una serie di curiose riflessioni e colpi di scena nei suoi ottanta minuti di durata.
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Spunti brillanti ma troppe ripetizioni
Come in “Yannick”, gli spunti toccano soprattutto il rapporto tra realtà e finzione in questa commedia profondamente metanarrativa in cui i personaggi spesso si scambiano di ruolo.Se le prime battute della pellicola sono brillanti e ricche di spunti interessanti, col passare dei minuti il film finisce per essere troppo ripetitivo, richiamando altri titoli del regista (“Reality” del 2014, ad esempio) e finendo in un vortice di ridondanze che rischiano anche di annoiare, nonostante la breve durata complessiva.Tra idee sorprendenti e momenti di stanca, “The Second Act” risulta una pellicola altalenante, che parla anche di intelligenza artificiale nelle produzioni cinematografiche ma senza dare il giusto spessore a un tema così delicato. In diversi passaggi si (sor)ride, ma il disegno d’insieme non è incisivo quanto le premesse di questa operazione lasciavano pensare.Si segnalano però positivamente alcuni riusciti piani-sequenza, capaci tra l’altro di mostrare il talento dell’ottimo cast in campo: da Vincent Lindon a Léa Seydoux, passando per Louis Garrel e Raphaël Quenard, gli attori funzionano perfettamente in una pellicola in cui la recitazione ha un peso specifico davvero importante.Da sottolineare che il film è stato proiettato al termine di un’emozionante cerimonia di apertura che ha visto assoluta protagonista Meryl Streep, vincitrice della Palma d’oro onoraria di questa edizione, accolta da una lunghissima standing ovation.
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