Il sonno ripulisce il cervello. O forse no?

Mentre dormiamo, il cervello è sottoposto a grandi pulizie per smaltire i prodotti cellulari di scarto accumulati durante il giorno: se ne occupa il liquido cerebrospinale (un fluido che irrora il sistema nervoso), in un lavoro che – di notte – è facilitato, un po’ come avviene per la pulizia delle strade nelle grandi città.

È uno dei punti fermi delle neuroscienze, che sembra spiegare perché, in carenza di sonno, fatichiamo a ricordare o persino a coordinare i movimenti. O almeno così pensavamo – perché potrebbe di fatto non essere vero.

Pulizie rallentate. In una ricerca pubblicata su Nature Neuroscience, un gruppo di neuroscienziati dell’Imperial College London ha seguito i movimenti del liquido cerebrospinale nel cervello di topi in tre diverse fasi: quando gli animali erano svegli e attivi, quando dormivano e infine mentre si trovavano sotto anestesia generale.

Grazie a un tracciante fluorescente hanno osservato il fluido fuoriuscire dalle cavità in cui è prodotto, i ventricoli cerebrali, e scorrere nelle varie aree cerebrali. Quando i topi dormivano o riposavano sotto anestesia, il movimento e il ricambio del liquido cerebrospinale sono risultati, a sorpresa, ridotti rispettivamente del 30% e del 50%, rispetto al flusso osservato nei topi vigili.

Vale anche per noi? Gli scienziati sospettano che quanto visto possa estendersi anche ad altri mammiferi, incluso l’uomo. Se così fosse, vorrebbe dire che il sistema di pulizie del cervello dalle scorie è particolarmente efficiente quando siamo attivi; ma anche che alcune teorie sulla funzione del sonno e sul ruolo della carenza di sonno nel favorire alcune malattie sono in parte da rivedere.

Perché importa: gli studi sulle demenze. Ci sono varie teorie sul perché dormiamo, e l’incremento delle pulizie del cervello dalle scorie potrebbe non essere il motivo principale. Inoltre, poiché esiste una correlazione tra la carenza di sonno e alcune forme di demenza come la malattia di Alzheimer, è stato più volte ipotizzato che la mancanza di sonno a sufficienza possa favorire l’insorgere di demenze; o, al contrario, che le difficoltà a dormire siano uno dei primi sintomi di condizioni come l’Alzheimer.

La nuova scoperta sembrerebbe togliere peso alla prima di queste due ipotesi. Ma potrebbe anche darsi che ritmi regolari di sonno allontanino il rischio demenze per fattori diversi rispetto alle pulizie del cervello.

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