La reunion del secolo, Piero torna in auge
Il “Polittico Agostiniano” di Piero della Francesca, un capolavoro andato disperso quattro secoli fa, torna unito per la prima volta nella storia. Il “miracolo” del Poldi Pezzoli e del sistema di Milano, e un mistero svelato
San Nicola da Tolentino li aspettava da un’infinità di tempo,
nel suo umile ma elegante saio degli Eremitani agostiniani, corpulento e pacifico, la cintura con la fibbia di metallo stretta molto al di sopra della vita. Il dito indica una stella, attributo immancabile della sua iconografia, che brilla nel cielo azzurro, attributo immancabile nell’universo toscano intessuto di mistica e geometria di Piero della Francesca. Quei “tasselli di cielo” segni di una “pacificazione sovrana”, come scriveva Roberto Longhi.
Lo avevano fatto santo da soli otto anni, nel 1446, quando Piero iniziò a lavorare al suo magnifico polittico per l’altare maggiore della chiesa degli agostiniani a Borgo San Sepolcro, la sua città natale oggi Sansepolcro. I committenti agostiniani non persero l’occasione di fargli inserire sull’altare anche la loro nuova star. Il monumentale lavoro, trenta tavole incastonate in una enorme carpenteria gotica – quello gli avevano dato da riutilizzare, e per sfuggire a quelle gabbie medievali il Maestro dovette ingegnarsi con tutta la sua scienza prospettica – fu pronto soltanto nel 1469. Ma solo pochi decenni dopo, quel capolavoro del Rinascimento sospeso in una cornice gotica, con i suoi santi che sembravano scendere dal cielo sulla terra della nostra dimensione, era già stato smontato e disperso.
Da allora i santi di Piero presero nel mondo le più diverse strade. Ora per la prima volta sono tornati insieme, dove San Nicola li aspettava. Sant’Agostino dal Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbona; San Michele Arcangelo dalla National Gallery di Londra, San Giovanni Evangelista dalla Frick Collection di New York. Dal 1879, con legato di Gian Giacomo Poldi Pezzoli, San Nicola da Tolentino aveva invece trovato casa qui, nella encomiabile casa-museo nel centro di Milano, assieme al Pollaiolo, a Mantegna e ai tanti altri che il collezionista di gran gusto aveva radunato. Da allora si aspettava questo momento, la reunion del secolo. Una storia di “miracoli”, miracoli laici e dell’arte, dice la curatrice della mostra, Machtelt Brüggen Israëls, sorridente e diafana come le figure di Piero. Per la storica dell’arte del Rijksmuseum e dell’Università di Amsterdam, specialista del nostro Rinascimento, il primo miracolo è appunto questo: il polittico di Piero della Francesca, o meglio quel che ne resta, otto tavole in tutto, per la prima volta da quando fu smontato più di quattro secoli fa torna unito nella mostra “Piero della Francesca – Il Polittico Agostiniano riunito” al Museo Poldi Pezzoli di Milano (fino al 24 giugno). Assieme alle quattro maestose figure che nella tribuna d’onore dell’altare di Borgo San Sepolcro facevano corona all’immagine centrale andata perduta – una Incoronazione della Vergine (sicuri? Sì, lo vedremo) – sono giunte a Milano altre quattro piccole tavole della predella e dei pilastri, sempre di mano del grande maestro matematico e pittore: dalla Frick Collection la Crocifissione, Santa Monica e San Leonardo. Santa Apollonia dalla National Gallery di Washington. Il risultato di questa riunione esigua nei numeri ma enorme nel valore colpisce per impatto fin dal primo sguardo. Nella sala al piano terreno l’architetto Italo Rota e lo studio Carlo Ratti Associati hanno provato a ricreare “l’atmosfera e le condizioni di luce dell’atelier toscano di Piero della Francesca”. Sulle pareti sono riprodotti i disegni con cui misurava coi numeri della matematica la perfetta rappresentazione spaziale dei corpi e degli oggetti. Liberati dal peso della carpenteria, le quattro grandi figure sacre sono disposte come una quinta teatrale, il Polittico Agostiniano diventa prospettiva, tra luce e simbolismi teologici.
Sono lì. Finalmente. A far da copertina è il San Michele della National Gallery di Londra, essenza stessa dell’arte di Piero. Ieratico e fanciullesco indossa la lorica, la corazza anatomica degli alti ufficiali romani, azzurra come il cielo e tempestata di pietre preziose. Ha appena tagliato la testa al diavolo, un serpentone di campagna toscana che giace ai suoi piedi, calzati in leziosissimi stivaletti rossi. Sulla spada ancora un’ombra di sangue, fede e religione in uno spazio magicamente umano. Poi San Giovanni avvolto in un regale manto rosso che pare scolpito, mentre legge il libro dell’Apocalisse, il viso incorniciato nei riccioli della barba bianca che Piero, perfezionista maniacale, o forse semplicemente amante della verità e della realtà, ha dipinto sopra a un viso glabro realizzato prima – è una delle chicche che le innovative indagini strumentali e di restauro hanno permesso di scoprire. Infine Sant’Agostino, il vescovo, con un piviale di broccato in cui in ogni riquadro del tessuto è dipinta una storia del Vangelo, disegnata con la precisione di un miniaturista e la misura di un architetto. E’ “l’impatto con la vera maestria, la monumentalità di Piero nella ricerca della figura umana”, spiega Machtelt Brüggen Israëls. “Questi santi sono sospinti nello spazio da un parapetto, si fondono la prospettiva fisica ma anche atmosferica. Così che si fondono cielo e terra, ma anche il presente e il passato”. Piero della Francesca è “come un regista alla ricerca di quel momento magico indicativo di quel che è avvenuto prima e quel che avverrà dopo”, dice per spiegare quel momento incantato di San Michele, ancora con la spada in mano e gli occhi verso l’infinito.
Ma prima, c’è voluto il miracolo della riunione, grazie a una splendida operazione culturale e di programmazione. Come racconta la direttrice del Poldi Pezzoli Alessandra Quarto, questa mostra incredibile non avrebbe potuto essere realizzata senza una concomitanza di eventi. Ad aprile 2023, da poco iniziato l’incarico al vertice del museo milanese (una fondazione privata, va ricordato, di cui tuttora i presidenti sono eredi del fondatore, ora è Gian Giacomo Attolico Trivulzio), Quarto è a New York. Non manca un passaggio alla prestigiosa Frick Collection, momentaneamente dislocata in una sede provvisoria in attesa dei restauri della storica sede sulla Fifth Avenue. Il trasloco comporterà la chiusura per alcuni mesi, nel 2024. Allora perché non proporre a Xavier Solomon, vicedirettore della Frick Collection, il prestito mai riuscito prima, delle quattro tavole del Polittico Agostiniano di loro proprietà? Un’operazione che non era mai riuscita in passato né allo stesso al Poldi Pezzoli, né alla stessa Frick – erano stati proprio Machtelt Brüggen Israëls e Nathaniel Silver, altro studioso della Isabella Stewart Gardner Museum di Boston, e ora co-curatore della mostra milanese, a provarci nel 2013 – né, nel 2018, all’Hermitage. Solomon è generoso ed entusiasta, ma a una condizione: che anche gli altri musei prestino le loro tavole. L’allineamento degli astri della storia dell’arte è rapido e perfetto, la reunion del secolo era decollata. “Milano è al centro di questa operazione culturale di livello internazionale” dice Quarto, “con una squadra interdisciplinare che con competenze diverse di altissimo livello”. Ma è un grande miracolo anche per la stessa Milano. Il Poldi Pezzoli è una eccellenza, gioiello del mecenatismo privato, ma per realizzare un’impresa simile serviva di più.
Serviva il sistema Milano al suo meglio per uno sforzo economico ingente e un progetto che interessasse tutta la città (“Il punto esclamativo sulla centralità di questa casa museo per l’offerta culturale della nostra città”, Beppe Sala). Per sostenere il progetto si è mossa Intesa San Paolo, già partner istituzionale del Poldi Pezzoli e le cui Gallerie d’Italia sono distanti solo duecento metri, appena oltre il giardino di Don Lisander: “Ci è parso irrinunciabile essere al fianco di un importante museo italiano, in occasione di questo progetto unico che unisce il lavoro di grandi istituzioni internazionali”, spiega Michele Coppola, direttore del Progetto culturale della banca. E l’impegno fondamentale della Fondazione Bracco – che della mostra è main sponsor – che ha reso possibile una campagna di studi scientifici sulle otto tavole mai vista. “Da oltre dieci anni Fondazione Bracco sostiene le attività del museo – dice Diana Bracco – Da questo impegno è nata un innovativo studio di diagnostica per immagini sul San Nicola, realizzata da un team di ricercatori dell’Università di Milano, dello spinoff IUSS Pavia DeepTrace Technologies e con la collaborazione del Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, coordinato dalla professoressa Isabella Castiglioni”.
Tecniche di diagnostica ad alta risoluzione, ultravioletto, vicino infrarosso, radiazione X, analisi di microscopia e spettroscopia puntuale. Ogni prestatore ha permesso queste sofisticate analisi – quale occasione migliore, per una mostra, di poter far regredire la conoscenza? – Ora si conosce molto di più della maestria di Piero, dal modo di preparare le tavole di pioppo al modo di sfruttare la luce anche attraverso l’uso dell’olio, come già facevano i pittori fiamminghi e in Italia aveva iniziato a sperimentare un altro genio come Antonello da Messina.
Da questo lavoro scientifico e critico è nato infine, se non un miracolo, un decisivo passo avanti nella soluzione del mistero principale che ancora avvolge il capolavoro. Il Polittico di Sansepolcro non esiste più da secoli, ma nella seconda sala dell’esposizione una ricostruzione interattiva permette di comprendere come fosse l’opera, mentre un video racconta che cosa hanno scoperto i ricercatori. A chi facevano corona i quattro santi e soprattutto i due più centrali, Michele e Agostino? La tavola centrale perduta, che finora si credeva raffigurasse una Vergine con Bambino, come nel Polittico di Sant’Antonio, sempre dell’artista, conservato a Perugia. Ma ai piedi delle figure laterali le analisi hanno individuato il basamento di un gradino di porfido, pietra regale, e lo strascico di un manto purpureo ugualmente regale. Elementi cancellati, perché incongruenti, quando il polittico fu smembrato. Ugualmente, negli spicchi di cielo, erano state cancellate le ali di angeli che sporgevano dalla scena centrale e con lo stereomicroscopio è stato possibile vedere anche un piede. A differenza del polittico di Perugia, questa è quasi con certezza una Incoronazione della Vergine, si comprende dal piede della Madonna inginocchiata per ricevere la corona dal suo Figlio. Modelli simili, spiegano gli storici, Piero di certo ne conosceva: quelli di Filippo Lippi degli Uffizi e dei Musei vaticani. Anzi secondo i curatori della mostra quella tavola perduta di Piero ha fatto da modello per la Pala Pesaro di Giovanni Bellini, una cui tavola, quella del Compianto sul corpo di Cristo ha pure lei visitato Milano nei mesi scorsi, al Museo diocesano. Il sottile intreccio dei misteri dell’arte che è la tessitura del nostro Rinascimento. Come scriveva Roberto Longhi: “Quella pura e semplice perennità di certe sorgenti visuali che soccorrono nei momenti decisivi gli assetati d’invenzioni, riconducendoli sulla via maestra della tradizione figurativa”. O, come dice Machtelt Brüggen Israëls, “Piero ha fatto scendere il terra il cielo”.
Per chi si trovi a passare da Milano, scoprire lo scrigno prezioso del Poldi Pezzoli è un’avventura. Con questa stupenda riunione, è una occasione irripetibile.
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