Elon Musk: “Se l’IA farà tutto meglio di noi, dovremo dare un nuovo significato alla vita”

Quando Elon Musk compare in collegamento, il pubblico stipato nella sala conferenze di Viva Tech, una delle più grandi fiere dedicata alla tecnologia in Europa, esplode in un boato.

L’imprenditore alla guida di Tesla e SpaceX, nonché proprietario del social X, è un personaggio sempre più controverso. Amato e odiato. Ma conserva un fascino notevole agli occhi di chi crede nell’innovazione. E Musk, nel bene o nel male, viene visto da molti come l’uomo che ha reso possibile ciò che si riteneva impossibile: portare al successo un’azienda che produce supercar elettriche, per esempio, o far atterrare un razzo in verticale.

Il pubblico lo tempesta di domande di ogni tipo. I temi sfiorano la fantascienza. Gli chiedono di Neuralink, la sua azienda che impianta chip nel cervello umano, e poi di Marte, dove Musk sogna di arrivare con un razzo Starship nei prossimi anni, e ovviamente di intelligenza artificiale, perché l’imprenditore non solo

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Neuralink: cervello umano e computer connessi

Qualche ora fa Elon Musk ha comunicato che Neuralink, l’azienda che sta sviluppando l’applicazione di microchip al cervello umano affinché possa essere collegato a un computer, ha installato per la prima volta un dispositivo del genere in un paziente. Ma come siamo arrivati fin qui? Come “funziona” Neuralink? Vi riproponiamo un articolo che abbiamo pubblicato qualche mese fa, quando l’azienda aveva avuto l’autorizzazione dall’ente regolatore americano per procedere con i primi test sul’uomo.

Computer e cervello umano che comunicano tramite l’uso di un chip. Fantascienza? Non più. Neuralink, start-up di proprietà del discusso imprenditore americano Elon Musk, sarebbe a un passo dal connettere le menti di un gruppo di volontari ai suoi computer, al fine di farle interagire in tempo reale con l’Intelligenza Artificiale.
L’account ufficiale di Neuralink su Twitter, infatti, il 26 maggio scorso ha annunciato di aver ricevuto l’autorizzazione dell’Fda (Food and Drug Administration, l’autorità di regolamentazione statunitense in materia di salute) a testare la propria tecnologia sugli esseri umani, sottolineando al contempo di non aver ancora avviato le procedure per il reclutamento dei volontari.

We are excited to share that we have received the FDA’s approval to launch our first-in-human clinical study!This is the result of incredible work by the Neuralink team in close collaboration with the FDA and represents an important first step that will one day allow our…— Neuralink (@neuralink) May 25, 2023

UN PRIMO PASSO PER…? «Siamo entusiasti di condividere l’ottenuta approvazione da parte della Fda per avviare il nostro primo studio clinico su esseri umani!», si legge nel breve messaggio di testo. «Questo è il risultato di un incredibile lavoro svolto dal team di Neuralink in stretta collaborazione con la Fda e rappresenta un importante primo passo che permetterà un giorno alla nostra tecnologia di aiutare molte persone. La fase di reclutamento per il nostro trial clinico non è ancora aperta. Presto annunceremo ulteriori informazioni in merito!».
Ma di che cosa si tratta? L’azienda californiana, fondata nel 2016 (ne avevamo già parlato qui), si occupa di progettare e impiantare dispositivi elettronici direttamente sotto la cute, e di connettere il cervello con software appositamente creati. I primi prototipi, delle dimensioni di una moneta, sono stati inseriti nel cranio di una coppia di maialini e di alcune scimmie, e pare che queste ultime siano adesso in grado di giocare a basilari videogame o di digitare parole sullo schermo, manovrando un cursore grazie al semplice movimento degli occhi: un risultato promettente.

IN SIMBIOSI CON IA. Questi, però, sono solo i primi gradini di una scala molto più lunga. Nell’idea di chi dirige la società privata con sede a Fremont (California), i prossimi passi prevedono una connessione sempre più radicata, che porti infine a manovrare elementi robotici e a dirigere quelli informatici con la sola forza del pensiero.

L’obiettivo primario sarebbe di aiutare persone paralizzate o affette da malattie neurologiche a tornare a muoversi e a comunicare. Uno scopo nobile ma che si intreccia con complicate questioni etiche e morali, che peraltro trapelano dalle parole di Elon Musk, secondo cui questi chip dovrebbero consentire all’umanità di raggiungere una “simbiosi con l’Intelligenza Artificiale”.

SE NON ORA, QUANDO? L’affermazione di Musk – seppure datata, visto che le parole sono state pronunciate alla conferenza annuale dell’azienda nel 2020 – torna di prepotente attualità in un periodo storico in cui le Intelligenze Artificiali sono al centro del dibattito. «Siamo fiduciosi che il dispositivo di Neuralink sia pronto per l’uomo», ha invece affermato più recentemente il proprietario di Tesla, Space X e Twitter in un tweet di fine novembre 2022.
«Le tempistiche dipendono solo dal processo di approvazione della FDA». E ora che l’approvazione è arrivata, staremo tutti a vedere cosa succederà. Per ora Musk si è limitato a fare le congratulazioni pubbliche al team di Neuralink, come di consueto, sulla sua piattaforma social.

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L’invasione delle nano macchine

Il ritorno sulla Luna subirà un ritardo?

Un timore – che in molti avevano, ma che forse per un po’ di scaramanzia nessuno osava manifestare – è stato ufficialmente espresso da un alto funzionario della NASA: c’è molta preoccupazione che le difficoltà nello sviluppo da parte di SpaceX del nuovo enorme razzo Starship, potrebbero ritardare il primo allunaggio di astronauti del programma Artemis. Parliamo della terza “puntata” della missione, prevista attualmente per la fine del 2025, con cui la Nasa dovrebbe impiegare un veicolo Starship di SpaceX per traghettare un equipaggio di due persone dall’orbita lunare alla superficie del satellite.
Se ne parla nel 2026? Jim Free, capo della Direzione della Missione per lo sviluppo dei sistemi di esplorazione della NASA, ha affermato infatti che SpaceX deve ancora realizzare molto lavoro prima che l’astronave venga autorizzata a far atterrare gli astronauti sulla Luna. L’attuale programma della NASA prevede che il primo astronauta del Progetto Artemis atterri sulla Luna con la missione Artemis 3, alla fine del 2025. «Ma con le difficoltà che SpaceX ha avuto, penso che sia quasi impossibile. Quindi dobbiamo pensare di far scivolare il lancio almeno nel 2026», ha dichiarato Free in una riunione del Consiglio di Ingegneria Aeronautica e Spaziale delle Accademie nazionali.

Prima che l’astronave possa volare sulla Luna, SpaceX deve lanciare con successo il veicolo spaziale in orbita terrestre. Il primo volo di prova di SpaceX dell’intera astronave, è partito dalla struttura di Starbase che si trova nel sud del Texas lo scorso 20 aprile 2023. SpaceX ha dichiarato che il volo di prova è stato un successo, in quanto ha trasmesso a terra dati preziosi sulle prestazioni dell’astronave per l’analisi da parte degli ingegneri. Il razzo è andato fuori controllo dopo alcuni problemi ai motori e alla fine un sistema di autodistruzione si è attivato per farlo esplodere.
Riparazione danni. Nel frattempo gruppi di lavoro di SpaceX a terra stanno oggi riparando i pesanti danni causati alla rampa di lancio e stanno anche rinforzando le infrastrutture prima di tentare un secondo lancio di prova dell’accoppiata Super Heavy (che è il razzo vero e proprio) – Starship (l’astronave). Elon Musk, fondatore e CEO di SpaceX, ha suggerito che il sito di lancio potrebbe essere pronto per un altro volo di prova entro la fine dell’estate.

Ricostruzione del modo con il quale l’astronave di Starship farà rifornimento in orbita terrestre prima del viaggio verso la Luna.
© SpaceX

Con Artemis 3, la navicella Orion trasporterà gli astronauti nelle vicinanze della Luna, dove il lander Starship di SpaceX sarà già in attesa. Quest’ultimo infatti, dopo essere stato lanciato dal nuovo razzo o booster Super Heavy, raggiungerà prima l’orbita terrestre bassa a poche centinaia di chilometri sopra il nostro pianeta, poi verrà rifornito di metano e ossigeno liquidi (vedi foto sopra) utilizzando una serie di veicoli-cisterna Starship.

Un volta fatto il pieno, l’astronave lunare si sposterà verso la Luna, dove la navicella Orion attraccherà ad essa: due degli astronauti passeranno al suo interno per scendere in un sito di atterraggio vicino al Polo sud lunare. 
Il rientro. Due astronauti rimarranno a bordo della capsula Orion in orbita. Dopo alcuni giorni sulla superficie, durante i quali verranno realizzate diverse “passeggiate”, l’astronave tornerà in orbita lunare e si incontrerà nuovamente con la navicella Orion per riunire l’equipaggio. A questo punto Orion riporterà gli astronauti sulla Terra.
In tutto questo c’è grande attesa per come verrà eseguito il rifornimento di Starship in orbita terrestre, un’operazione pericolosa e mai realizzata finora, che in questi due anni dovrà diventare di routine. Tra l’altro non si conosce ancora il numero esatto di lanci di serbatoi cisterna che saranno necessari per il rifornimento dell’astronave lunare. 

Ci sono altre preoccupazioni. Il lander lunare Starship tuttavia, non è l’unico elemento dell’architettura Artemis della NASA che potrebbe causare un ritardo nell’atterraggio sulla Luna di Artemis 3. La NASA ha selezionato Axiom Space, lo scorso anno, per sviluppare una nuova tuta spaziale per proteggere gli astronauti che cammineranno sul nostro satellite, proprio a partire dalla missione Artemis 3.
La nuova tuta spaziale sarà più flessibile dell’attuale ingombrante tuta spaziale della NASA, utilizzata per le passeggiate nello spazio presso la Stazione Spaziale Internazionale e quindi più adatta per camminare nell’ambiente a gravità ridotta della Luna. Questa tuttavia, non sembra ancora aver raggiunto i livelli di sicurezza necessari alla NASA per essere convalidata e quindi si sta ancora lavorando su di essa.

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20 luglio 1969, Apollo 11: ecco la Luna

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