Sacra Rota: come si annulla un matrimonio?

Per la Chiesa cattolica, il matrimonio è un sacramento perpetuo e “non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte“, come recita il canone 1141 del Codice di diritto canonico. Ma cosa accade se il “sacro vincolo” proprio non funziona? Oggi, in Italia, i consorti possono dirsi addio per sempre grazie al divorzio, sebbene “agli occhi di Dio” la loro unione rimanga indissolubile.

Ma fino all’entrata in vigore della legge Fortuna-Baslini (1º dicembre 1970, poi confermata dal referendum del 12-13 maggio 1974), l’unica via di scampo, anche per i non credenti, era rivolgersi al Tribunale della Rota Romana, noto come “Sacra Rota”, istituto creato con bolla papale nel 1331 da Giovanni XXII e tuttora attivo.

A cosa serve? La Sacra Rota è tribunale ecclesiastico, composto da una giuria di prelati uditori scelti dal papa (il cui giudizio è facoltativo in primo e in secondo grado), ha l’autorità di emettere una dichiarazione di “nullità” del sacramento matrimoniale, cosa ben diversa dal divorzio. Le competenze della Rota non sono limitate ai matrimoni, ma si occupa di molti casi riguardanti il diritto canonico, anche se la sua fama è da sempre legata alle spinose controversie coniugali.

I requisiti per l’annullamento. Secondo il diritto canonico, un matrimonio giuridicamente valido deve essere contratto per libera volontà di entrambi i coniugi, tra i quali non può esserci consanguineità, affinità o rapporto spirituale. I motivi che consentono di annullarlo sono: malattie mentali, minore età, bigamia o insorgenza di vocazioni ecclesiastiche in uno dei coniugi.

Per quello che riguarda invece le unioni “infeconde”, contrariamente a quanto si crede, il diritto canonico non condanna la sterilità (“né proibisce né dirime il matrimonio“; can. 1084, par. 3). A rendere nullo il vincolo è semmai l’impotenza copulativa (can. 1084, par. 1).

Da quando esiste? La bolla Ratio iuris del 16 settembre 1331, emanata da papa Giovanni XXII durante il periodo della “cattività avignonese” (1309-1377), è considerata l’atto legislativo con cui ebbe inizio il secolare operato della Rota Romana, l’unico tribunale medievale ancora esistente.

Tempi e costi. Un tempo le cause rotali erano caratterizzate da tempi lunghissimi, ma la recente riforma di papa Francesco (2015) ha reso le procedure più rapide, suddividendo l’iter in “ordinario” (un anno) e “breve” (trenta giorni), ma solo per alcuni capi di nullità, potendo spendere da un minimo di 1.600 a un massimo di 3.000 euro (ma esiste il patrocinio gratuito per gli indigenti).

Un cambio di rotta che rende accessibile a tutti ciò che una volta sembrava un labirinto costoso riservato solo a chi poteva permetterselo.

Perché si chiama così? Il termine “rota” risale al più tardi al XVI secolo. Sull’origine del termine sono state avanzate diverse ipotesi dagli studiosi: secondo l’opinione più diffusa, tale nome potrebbe derivare dal recinto o dalla tavola rotonda in cui sedevano gli uditori, oppure dalla forma della sala stessa del collegio, dove forse era presente, sul pavimento, una grande lastra circolare di porfido rosso (una ruota), simbolo del potere divino.

Altre ipotesi suggeriscono che il nome deriverebbe da uno scaffale circolare con ruote dove venivano conservati i documenti delle cause, o, ancora, che possa riflettere il procedimento “a rotazione” nel trattare le cause tra gli uditori.

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