Nature, la biochimica e il vitalismo definito una fake news già un secolo fa
Per “vitalismo” si intende una forma di pensiero magico che sostiene che i fenomeni biologici non possano essere ridotti a spiegazioni chimico-fisiche. Oggi sembra risorgere, ma il suo contrasto col metodo scientifico fu determinato già cento anni fa
“Viviamo oggi in tempi in cui un particolare tipo di pensiero magico, ovvero il vitalismo, sembra risorgere dalle sue stesse ceneri”. Questa teoria, che trovò alcune delle sue più forti formulazioni nel XIX secolo, ma che in realtà costituisce lo “stato di partenza” delle nostre spiegazioni della vita, presuppone che i fenomeni biologici e la vita non possano essere ridotti a interpretazioni chimico-fisiche, mentre le vere spiegazioni di essi sarebbero immateriali, trascendenti o immanenti, in una stupefacente varietà di invenzioni secondo la preferenza del pensatore di turno.
Il contrasto fra una simile concezione, che attira moltissimi perché semplice, consolatoria e per altre sue intrinseche qualità, e il pensiero moderno trovò espressione chiara esattamente un secolo prima di quanto state leggendo. Nel 1924, infatti, Rudolf Steiner, il fondatore dell’antroposofia e della biodinamica, sproloquiava a Koberwitz in un cosiddetto “Corso di Agricoltura”, ammucchiando panzane esoteriche e sciocchezze vitalistiche, che bene si possono recuperare in un’infinità di sue asserzioni – basterà ricordare la “definizione” (?) di “forza vitale presente in ogni organismo” e chiamata “corpo etereo”.
Ebbene, a dimostrazione di come la biodinamica e l’antroposofia, ma in generale tutti i vitalismi novecenteschi e successivi, siano stati superati fin dal momento della loro formulazione, e non siano mai stati “rivoluzioni” e “pensiero nuovo”, basta andare a rileggersi cosa era scritto in un articolo su Nature di Archibald Vivian Hill, uno dei padri fondatori della biofisica moderna, pubblicato esattamente un secolo fa, il 14 giugno 1924.
Da Nature del 14 giugno 1924 leggiamo infatti:
“There is no good evidence that the ordinary laws of physics and chemistry, including those of thermodynamics, do not apply to the living cell and animal. When proof to the contrary is alleged it is always found to be of the kind which requires a high degree of credulity, an emotional preference for the miraculous, an imperfect appreciation of the canons of scientific thought, or an ignorance of the actual principles involved”.
Ovvero:
“Non c’è alcuna prova valida che le leggi ordinarie della fisica e della chimica, comprese quelle della termodinamica, non si applichino alla cellula vivente e agli animali. Quando viene addotta una prova contraria, si trova sempre che è del tipo che richiede un elevato grado di credulità, una preferenza emotiva per il miracoloso, un imperfetto apprezzamento dei canoni del pensiero scientifico o un’ignoranza dei veri principi coinvolti”.
Se oggi vi è ancora chi intende ritornare a teorie che già un secolo fa erano evidentemente superate e in pura contrapposizione a quanto già in quell’epoca il pensiero biologico moderno aveva con chiarezza individuato, per piacere non pretenda poi di ricercare la collaborazione di scienziati e ricercatori, magari adducendo che il baratro può essere colmato solo rimediando a un “problema di comunicazione”.
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