Storia della Matematica

La storia della Matematica: un affascinante mosaico composto di tante altre storie sempre vive e attuali. Brevi storie dei principali capitoli tracciate da Antonino Giambò.

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Breve storia della Geometria Breve storia della Geometria è solo il primo degli articoli di una altrettanto breve

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Libri di testo di Matematica

Un buon libro di testo di matematica che soddisfi tutti è utopia. Il piano stilato da d’Alembert è un importante e tuttora valido saggio di didattica della matematica.
Come va pensato, organizzato, scritto un libro di testo di Geometria? Qual è l’ordine che si deve seguire nella trattazione degli argomenti? Come introdurre l’uguaglianza delle figure? Quale il ruolo da assegnare al movimento e quale agli assiomi e alle dimostrazioni? Quando introdurre gli incommensurabili e che posto dare all’infinito e allo studio delle curve, dell’algebra e del calcolo differenziale? Ancora, un libro va pensato per tutti gli studenti o in funzione delle propensioni?
Sono questioni che si sente dibattere nei tanti convegni odierni dedicati all’insegnamento della matematica.
Sono questioni però che sono state sempre “attuali”.
Lo sono state ai tempi di d’Alembert come ai tempi di Euclide rimasto nella storia come il più celebre degli autori di manuali scolastici. L’autore del più duraturo libro di elementi mai dato alle stampe. Il libro che ha stabilito una via regia per l’insegnamento della geometria e della matematica. Il libro che ha indicato le proposizioni con le quali iniziare, fissandone l’ordine e fornendo il metodo di insegnarle.
C’è da osservare subito che il termine Geometria per d’Alembert ha il significato di Matematica, come era nella tradizione degli Elementi di Euclide che raccoglievano insieme aritmetica e geometria.
Il problema che si pone d’Alembert, caratteristico peraltro del periodo storico che egli vive, è didattico.
È la realizzazione di un moderno Elementi di matematica comprensivo di algebra (che allora si diceva anche geometria simbolica e anche geometria metafisica), curve geometriche e analisi matematica, cioè il nuovo calcolo sublime, differenziale e integrale.
Come fare? Conviene seguire l’ordine degli inventori, cioè la via genetica della scoperta, che è  genealogia naturale delle idee o procedere altrimenti pensando altre inferenze logiche?
In sostanza, si chiede d’Alembert, quali riflessioni “potrebbero essere non inutili sul modo di trattare a metà del XVIII secolo gli Elementi della Geometria?
Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert è convinto che realizzare un libro di testo che raccolga il gradimento di tutti è una utopia.
L’argomento però l’affronta e delinea un piano didattico che espone in dettaglio nella voce Mathematique dell’Encyclopedie. Voce che Biagio Scognamiglio ha recentemente reso nella traduzione italiana per Matmedia. Il piano di d’Alembert è un saggio di didattica della matematica che ha svolto un ruolo di guida per molti dei decenni successivi. Anzi, si può dire con certezza che ha ispirato la maggior parte delle stesure di libri di testo almeno fino alla metà del secolo XX.
«Questo piano – egli afferma – fa capire che una simile impresa può essere ben compiuta soltanto da matematici di prim’ordine, e che, per fare eccellenti elementi di geometria, Cartesio, Newton, Leibniz, Bernoulli, eccetera, non sarebbero stati di troppo».
Scrivere un libro di testo è comunque tanto oneroso e esclusivo da inibire ad ogni autore qualsiasi altra attività di ricerca. Cosa che ha scoraggiato soprattutto i grandi, perché «forse non c’è scienza sulla quale siano stati tanto moltiplicati gli elementi» quanto la matematica. Questi libri sono per la maggior parte «opera di matematici mediocri, le cui conoscenze in Geometria spesso non vanno al di là del loro libro e che per questo stesso motivo sono incapaci di trattar bene questa materia».
I grandi matematici hanno preferito fare altro, contribuire a far crescere la matematica.
Non così però i mediocri, in compenso dotati di una dose di presunzione adeguata al compito e della quale è prova il fatto, dice d’Alembert, che «non c’è quasi nessun autore di elementi di Geometria che nella sua prefazione non dica più o meno male di tutti quelli che l’hanno preceduto».
Quali sono i principi pedagogici ai quali attenersi?
Prima di tutto, è il parere di d’Alembert, occorre non parcellizzare troppo il discorso suddividendolo in tante parti: la trattazione va resa quanto più possibile unitaria. Ad esempio, non è affatto utile «la suddivisione in geometria delle linee rette e delle linee curve, geometria delle superfici e geometria dei solidi».
Non lo è perché «sebbene la linea retta sia più semplice della linea curva, tuttavia è appropriato trattare l’una e l’altra insieme e non separatamente negli Elementi di Geometria».  Un principio che è seguitissimo tuttora anche per le operazioni aritmetiche: vanno trattate insieme, almeno dirette e inverse. È il principio didattico che valorizza la reversibilità, che insieme alla invarianza caratterizza molto dell’attività del fare matematica. Già da questo, in didattica, d’Alembert lo si direbbe un primo fusionista nel senso di Klein, Polya e de Finetti.
Come affrontare, a livello didattico, l’uguaglianza? 
L’uguaglianza, è il parere di d’Alembert, va stabilita attraverso il principio di sovrapposizione, che «non è affatto un principio meccanico e grossolano, come dicono alcuni moderni geometri; è un principio rigoroso, chiaro, semplice, desunto dalla vera natura della cosa. Ad esempio, quando si vuole dimostrare che due triangoli che hanno uguali le basi e gli angoli alla base sono del tutto uguali, si applica con successo il principio della sovrapposizione: dalla supposizione dell’uguaglianza delle basi e degli angoli si conclude a ragione che questi angoli e queste basi in seguito all’applicazione degli uni sulle altre coincideranno, quindi dalla coincidenza di queste parti si conclude in tutta evidenza, per necessaria conseguenza, la coincidenza del resto». In definitiva, «il principio della sovrapposizione non consiste nell’applicare grossolanamente una figura sull’altra, […] come un operaio applica il suo piede su una lunghezza per misurarla, ma questo principio consiste nell’immaginare una figura trasportata su un’altra».
Jean-Baptiste Le Rond d’Alembert (1717-1783)
Il punto di vista didattico di d’Alembert è comunque molto più generale.
Il principio della sovrapposizione si può usare anche per provare che due figure non sono identiche. «Del resto, per sovrapposizione io qui intendo non solo l’applicazione di una figura su un’altra, ma quella di una parte di una figura su un’altra parte della medesima figura al fine di paragonarle fra loro, e quest’ultima maniera di impiegare il principio di sovrapposizione è di un’utilità infinita e semplicissima negli elementi di Geometria».
Gli incommensurabili, l’infinito e la reductio ad absurdum.
«Si consideri il teorema: una linea parallela alla base di un triangolo ne taglia i lati in proporzione. Per dimostrarlo, basta mostrare che se questa parallela passa per il punto di mezzo di uno dei lati, passerà per il punto di mezzo dell’altro; perché  di seguito si farà constatare agevolmente che le parti tagliate sono sempre proporzionali quando la parte tagliata sarà commensurabile all’intera linea, e quando non lo sarà, si dimostrerà il medesimo enunciato mediante la reductio ad absurdum, facendo vedere che il rapporto non può essere né più grande né più piccolo e di qui che è uguale. Noi diciamo mediante la riduzione all’assurdo, perché solo in questo modo indiretto si può dimostrare la maggior parte degli enunciati  che riguardano gli incommensurabili.
L’idea dell’infinito entra almeno implicitamente nella nozione di questi tipi di quantità; e poiché noi non abbiamo un’idea dell’infinito se non negativa, vale a dire che lo concepiamo soltanto mediante la negazione del finito, si può dimostrare direttamente e a priori tutto ciò che concerne l’infinito matematico.
Si dirà forse che la  considerazione degli incommensurabili renderà la geometria elementare più difficile; può darsi; ma essi entrano necessariamente in questa geometria; presto o tardi bisogna arrivarci, ed è meglio presto».
Le definizioni in matematica
Un buon libro non parte con le definizioni. «A noi sembra poco filosofico e poco conforme alla naturale impronta dello spirito presentarle di primo acchito, bruscamente e senza una sorta di analisi».
Anche per l’Algebra valgono le stesse raccomandazioni. Può una semplice definizione dell’algebra darne l’idea a colui che ignora detta scienza? Sarebbe dunque appropriato cominciare un trattato di Algebra con lo spiegare chiaramente la strada seguendo la quale lo spirito è giunto o può giungere a trovarne le regole, e l’opera la si farà terminare così: la scienza che abbiamo finora insegnato è la scienza che si chiama Algebra.  Ciò vale anche per l’applicazione dell’Algebra alla Geometria e per il calcolo differenziale e integrale, «di cui non si può afferrare bene la vera definizione se non dopo averne compreso la metafisica e l’uso».
La costruzione degli elementi di Geometria.
Non è conveniente perseguire il rigore a tutti i costi. Sarebbe peraltro impresa chimerica, perché  è come cercare un rigore perfetto che non esiste, è immaginario. Anche gli assiomi, quelli che Euclide chiamò “nozioni comuni”, sono perfettamente inutili. In un trattato vanno soppressi: «Che bisogno c’è di assiomi sul tutto e sulla parte per vedere che la metà di una linea è più piccola di una linea intera?».
Quello che importa nella costruzione del discorso didattico è la concatenazione degli argomenti, la loro graduazione, condotta generalmente, senza salti, dal più semplice al più complesso. Il credo didattico degli enciclopedisti è sancito nella voce Education: «Il gran segreto della didattica, ovvero dell’arte di insegnare, è di essere nelle condizioni di chiarire la subordinazione delle conoscenze».
Il piano didattico stilato da d’Alembert stabilisce questa graduazione.
Ad esempio negli “elementi” bisogna preparare il campo alla trattazione della Geometria trascendente o delle curve.
È una Geometria che comporta il calcolo algebrico. Questa parte va iniziata con la soluzione dei problemi di secondo grado,  utilizzando come strumenti la retta e il cerchio. Una volta introdotto il discorso dei problemi di secondo grado, si passerà alle sezioni coniche.
Il modo  migliore e più breve di trattarle è di “ricorrere al metodo analitico”.
«Quando si saranno trovate le più semplici equazioni della parabola, dell’ellisse, e dell’iperbole, si farà vedere di seguito molto agevolmente che queste curve si generano nel cono e in che modo vi si generano». In effetti questa introduzione delle coniche a partire dalla loro formazione nel cono sarebbe forse il modo più naturale con cui partire, se ci si limitasse però «a fare un trattato su queste curve. Ma in un corso di Geometria vanno introdotte da un punto di vista più generale e la loro trattazione si concluderà con la soluzione dei problemi di terzo e quarto grado» e, ovviamente, con osservazioni che riusciranno utili nella «teoria delle traiettorie o curve descritte da proiettili  e di conseguenza nella teoria delle orbite dei pianeti».
Terminate le sezioni coniche, si passerà alle curve di genere superiore. 
Queste teorie si basano in parte sul calcolo algebrico e in  parte sul calcolo differenziale; non è che questo calcolo vi sia assolutamente necessario, ma checché se ne dica, esso abbrevia e facilita estremamente tutta questa teoria.
Riguardo alla quadratura e alla rettificazione di questi tipi di curve, come anche alla rettificazione delle sezioni coniche, le si rimetterà alla Geometria sublime. Per il resto, trattando le curve geometriche, ci si potrà dilungare un po’ più particolarmente sulle più conosciute, come il folium di Cartesio, la concoide, la cissoide, eccetera.
Le curve meccaniche faranno seguito a quelle geometriche.
Si tratteranno dapprima le curve esponenziali, «che sono come una specie intermedia fra le curve geometriche e le meccaniche». In seguito, dopo aver dato i principi generali della costruzione delle curve meccaniche per mezzo della loro equazione differenziale e della quadratura delle curve, si entrerà nel dettaglio delle principali e più conosciute: spirale, cicloide, trocoide, eccetera. Questi sono pressappoco gli argomenti che un trattato di Geometria trascendente deve contenere.
Segue la Geometria sublime, alla quale non resta che il calcolo integrale con la sua applicazione alla quadratura e alla rettificazione delle curve. «Questo calcolo sarà dunque la materia principale e quasi unica della Geometria sublime».
Altre raccomandazioni didattiche.
La prima raccomandazione è che «il calcolo algebrico non deve essere affatto applicato alle proposizioni della geometria elementare, per la ragione che bisogna usare questo calcolo soltanto per facilitare le dimostrazioni, mentre non sembra che nella geometria elementare vi siano dimostrazioni tali da poter essere realmente facilitate da questo calcolo».
L’eccezione a questa regola è la soluzione dei problemi di secondo grado, perché il calcolo algebrico semplifica al massimo la soluzione delle questioni di tal genere e abbrevia anche le dimostrazioni. Questo è il campo più proprio della applicazione dell’Algebra alla Geometria.
La seconda raccomandazione di d’Alembert è di convincersi che è «ridicolo dimostrare mediante la sintesi ciò che può essere trattato più semplicemente e più facilmente mediante l’analisi, come le proprietà delle curve, le loro tangenti, i loro punti di inflessione, i loro asintoti, le loro diramazioni, la loro rettificazione e la loro quadratura».
Porta l’esempio della spirale:  «le proprietà della spirale, che i più grandi matematici hanno tanto penato a seguire in Archimede, oggi possono essere dimostrate con un tratto di penna».
Ancora una raccomandazione:
la Geometria, soprattutto quando è aiutata dall’Algebra, è applicabile a tutte le altre parti della Matematica, giacché in Matematica non si tratta mai di altro se non di paragonare delle grandezze fra loro; e non è senza motivo che alcuni geometri filosofi hanno definito la Geometria scienza della grandezza in generale, in quanto è rappresentata o può esserlo mediante linee, superfici e solidi.
Infine, le dimostrazioni vanno presentate in forma problematica.
Il filosofo cartesiano Johannes Clauberg nella Logica vetus et nova del 1654 aveva così sintetizzato i problemi dell’insegnamento: quid sit tradendum et quo fine, quis traditurus quis accepturus, quomodo quid tradere conveniat. Il piano di d’Alembert sviluppa in particolare il quomodo quid tradere conveniat, ma non trascura osservazioni importanti sugli altri aspetti.
Ad esempio, sullo studente, perché «tutti coloro che studiano la Geometria non la studiano con le stesse vedute». Ci sono quelli a cui basta un buon trattato di geometria pratica, a chi invece fa bene avere un’infarinatura di geometria elementare speculativa, e converrà dargliela, fornendo dimostrazioni più facili, anche se meno rigorose. Per gli spiriti, però, «veramente adatti a questa scienza, per coloro che sono destinati a farvi dei progressi, noi crediamo che ci sia una sola maniera di trattare gli elementi: quella che unirà il rigore alla chiarezza e che allo stesso tempo li metterà sulla via delle scoperte per il modo in cui si presenteranno le dimostrazioni. Per questo bisogna mostrarle, per quanto possibile,  sotto la forma di problemi da risolvere piuttosto che della dimostrazione di teoremi di cui non si è capito neppure il significato.

Laureato in matematica, docente e preside e, per quasi un quarto di secolo, ispettore ministeriale. Responsabile, per il settore della matematica e della fisica, della Struttura Tecnica del Ministero dell’Istruzione. Segretario, Vice-Presidente e Presidente Nazionale della Mathesis dal 1980 in poi e dal 2009 al 2019, direttore del Periodico di Matematiche.

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“Pinocchio” capitolo IV, lettura e comprensione del testo

    Le avventure del più famoso burattino del mondo con la relativa parte relativa alla lettura ed alla comprensione del testo. Un iter didattico, particolarmente stimolante per i bambini ed il docente, adatto per una classe quarta od una classe quinta della scuola primaria a seconda delle competenze pregresse raggiunte. Eccovi il link da poter visionare:Capitolo IV: “La storia di pinocchio col Grillo-parlante dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro”.Ti potrebbero interessare:Come andò che maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino.Capitolo II: “Maestro Ciliegia regala il pezzo di legno al suo amico Geppetto, il quale lo prende per fabbricarsi un burattino maraviglioso che sappia ballare, tirar di scherma e fare i salti mortali”.Capitolo III: “Geppetto, tornato a casa, comincia subito a fabbricarsi il burattino e gli mette il nome di Pinocchio. Prime monellerie del burattino”.Capitolo IV: “La storia di pinocchio col Grillo-parlante dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro”.Capitolo V: “Pinocchio ha fame, e cerca un uovo per farsi una frittata; ma sul più bello la frittata gli vola via dalla finestra”.Capitolo VI: “Pinocchio si addormenta coi piedi sul caldano, e la mattina dopo si sveglia coi piedi tutti bruciati”.Capitolo  VII: “Geppetto torna a casa, e dà al burattino la colazione che il pover’uomo aveva portata con sè”.Capitolo VIII: “Geppetto rifà i piedi a Pinocchio e vende la propria casacca per comprargli l’abbecedario”.Capitolo IX: “Pinocchio vende l’abbecedario per andare a vedere il teatro dei burattini”.Capitolo X: “I burattini riconoscono il loro fratello Pinocchio e gli fanno una grandissima festa; ma sul più bello, esce fuori il burattinaio Mangiafoco, e Pinocchio corre il pericolo di fare una brutta fine”. Capitolo XI: “Mangiafoco starnutisce e perdona a Pinocchio, il quale poi difende dalla moerte il suo amico Arlecchino”.Capitolo XII: “Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d’oro a  Pinocchio perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro”.Capitolo XIII: “L’osteria del Gambero Rosso”.Capitolo XIV: “Pinocchio, per non aver dato retta ai buoni consigli del Grillo-Parlante, s’imbatte negli assassini”.Capitolo XV: “Gli assassini inseguono Pinocchio; e, dopo averlo raggiunto, lo impiccano a un ramo della quercia grande”.Capitolo XVI: “La bella bambina dai capelli turchini fa raccogliere il burattino: lo mette a letto, e chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto”.Capitolo XVII: “Pinocchio mangia lo zucchero, ma non vuol purgarsi: però quando vede i becchini che vengono a portarlo via, allora si purga. Poi dice una bugia e per gastigo gli cresce il naso”.Capitolo XVIII: “Pinocchio ritrova la volpe e il gatto, e va con loro a seminare le quattro monete nel campo dei miracoli”.Capitolo XIX: “Pinocchio è derubato delle sue monete d’oro e, per gastigo, si busca quattro mesi di prigione”.Capitolo XX: “Liberato dalla prigione, si avvia per tornare a casa della Fata; ma lungo la strada trova un serpente orribile, e poi rimane preso alla tagliuola”.Capitolo XXI: “Pinocchio è preso da un contadino, il quale lo costringe a far da guardia a un pollaio”.Capitolo XXII: “Pinocchio scuopre i ladri e, in ricompensa di essere stato fedele vien posto in libertà…”Capitolo XXIII: “Pinocchio piange la morte della bella bambina dai capelli turchini: poi trova un colombo che lo porta sulla riva del mare, e lì si getta in acqua per andare in aiuto del suo babbo Geppetto”.”Pinocchio” di Carlo Collodi, capitolo XXIV: “Pinocchio arriva all’isola delle api industriose e ritrova la fata”.Capitolo XXV: “Pinocchio promette alla fata di essere buono e di studiare,perché è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo”.Capitolo XXVI: “Pinocchio va co’ suoi compagni di scuola in riva al mare, per vedere il terribile Pescecane”.Capitolo XXVII: “Gran combattimento fra Pinocchio e i suoi compagni: uno de’ quali essendo rimasto ferito, Pinocchio viene arrestato dai carabinieri”Capitolo XXVIII: ” Pinocchio corre pericolo di essere fritto in padella come un pesce”.Capitolo XXIX: “Ritorna a casa della Fata, la quale gli promette che il giorno dopo non sarà più un burattino, ma diventerà un ragazzo. Gran colazione di caffè-latte per festeggiare questo grande avvenimento”.Capitolo XXX: “Pinocchio, invece di diventare un ragazzo, parte di nascosto col suo amico Lucignolo per il paese dei balocchi”.Capitolo XXXI: “Dopo cinque mesi di cuccagna, Pinocchio, con sua grande meraviglia, sente spuntarsi un bel paio d’orecchie asinine e diventa un ciuchino, con la coda e tutto”.Capitolo XXXII: “A Pinocchio  gli vengono gli orecchi di ciuco,  e poi diventa un ciuchino vero e comincia a ragliare”Capitolo XXXIII: “Diventato un ciuchino vero, è portato a vendere, e lo compra …Capitolo XXXIV: “Pinocchio, gettato in mare, è mangiato dai pesci e ritorna ad essere un burattino come prima; ma mentre nuota per salvarsi è ingoiato dal terribile Pesce-cane”.Capitolo XXXV: “Pinocchio in corpo al pescecane … chi ritrova? Leggete questo capitolo e lo saprete”Capitolo XXXVI: “Finalmente Pinocchio cessa d’essere un burattino e diventa un ragazzo”

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