Scale arcobaleno a scuola, alunno si rifiuta di salirle. Galiano: “Un docente poteva parlargli invece di definirlo omofobo”

Non smette di far parlare di sé il caso della scala arcobaleno in una scuola contro l’omofobia, che uno studente di tredici anni avrebbe rifiutato di salire. Il giovane, che per evitare di calcare quei gradini perché “contro la comunità Lgbtq+” avrebbe fatto un’acrobazia pericolosa, aggrappandosi alla ringhiera, ed è stato punito con una nota disciplinare.

Apriti cielo: la cosa ha fatto infuriare i genitori e anche il leghista Rossano Sasso, che ha parlato di ideologie imposte. La scuola ha invece sottolineato il fatto che la nota non è legata alle opinioni del ragazzo, ma al fatto di essersi messo in pericolo facendo un gesto che poteva nuocere alla sua incolumità.

Dopo il commento dello psichiatra e sociologo Paolo Crepet è arrivato anche quello dello scrittore e docente Enrico Galiano, su Il Libraio. “Partiamo da un punto fermo: la libertà di pensiero esiste ed è sacrosanta. Nessuno dovrebbe essere zittito per le proprie idee, anche quando non piacciono

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Scala arcobaleno, nota ad alunno che non la sale. Crepet: “Perché i genitori non pensano a ciò che lasciano fare ai figli?”

Sta facendo scalpore il caso della scala arcobaleno in una scuola contro l’omofobia, che uno studente di tredici anni avrebbe rifiutato di salire. Il giovane, che per evitare di calcare quei gradini perché “contro la comunità Lgbtq+” avrebbe fatto un’acrobazia pericolosa, è stato punito con una nota disciplinare.

La cosa ha fatto infuriare i genitori e anche il leghista Rossano Sasso, che ha parlato di ideologie imposte. Dal canto suo, la scuola ha ribadito varie volte che la nota non è legata alle opinioni del ragazzo, ma al fatto di essersi messo in pericolo facendo un’acrobazia aggrappandosi alla ringhiera.

“Il ragazzino è una vittima”

Ad intervenire nel dibattito è stato lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, intervistato da Il Corriere della Sera. “Quando il mondo degli adulti vuole sovrastare quello dei bambini quello che ne esce diventa un orrore. Le età vanno rispettate, non possiamo piegarle al nostro interesse. Per i bambini discorsi di questo tipo non esistono. Le faccio un esempio: a Bruxelles i bambini hanno sicuramente in classe compagni africani, di religione islamica, e non si accorgono assolutamente della differenza. Se un ragazzino non vuole toccare con i piedi la scala arcobaleno di sicuro si sta facendo portavoce di un pensiero non suo che ha sentito a casa”, ha esordito l’esperto.

Crepet ha attaccato i genitori del ragazzo: “Mi chiedo perché i genitori si scandalizzino per l’ultimo gradino di una scala in cui c’è scritto che l”amore è amore’ e non si scandalizzino per quello che lasciano fare ai loro figli. È pieno di ragazzi che escono di notte a 13 anni, di ragazzine vestite da Lolita che entrano nei social e li usano nel modo sbagliato. Non siamo nemmeno stati capaci di togliere i telefonini ai bambini e ai ragazzi pur sapendo che questo causava loro grossi danni nell’apprendimento. Vogliamo veramente occuparci della loro formazione, della loro salute? Pensiamo piuttosto a questo”.

Cosa dovevano fare i docenti?

“Si è trattato di un dibattito tra adulti in cui in realtà la vittima è il ragazzino. Lui si è fatto espressione di un pensiero che non lo riguarda, in maniera ovviamente adeguata alla sua età (con azioni non ponderate) che ha innescato una reazione a catena di altri adulti. Forse avrebbero potuto lasciargli prendere l’altra scala visto che come diceva la Montessori l’apprendimento è libero, o forse no. A prescindere da questo trovo che ci sia un un doppio errore degli adulti: da un lato i genitori dall’altro della scuola”, ha proseguito.

“La scala arcobaleno in sé non ha alcun problema ovviamente. Gestire l’argomento senza essersene occupati prima però è un errore. Se sono un ragazzo di 13 anni e leggo sull’ultimo gradino la scritta ‘l’amore è amore’ non capisco cosa voglia dire è come dire ‘l’acqua è bagnata’. Quante sono le ore in cui in classe si è parlato di questo? Se vogliamo far fare i conti ai bambini e ai ragazzi con questi temi dobbiamo farlo con i con i loro tempi, lasciando loro gli spazi non obbligandoli al politicamente corretto appiccicando quindi loro addosso etichette che nell’età della ribellione infastidiscono e portano solo alla gastrite, ma allo stesso tempo nemmeno appiccicandogli addosso ideologie familiari che sono espressione di un pensiero adulto. Se le domande sulla sessualità arrivano in classe se ne parla. L’azione peggiore che possiamo fare è trasformare i ragazzi in vittime, perché di questo si tratta”, ha concluso Crepet.

Il botta e risposta tra padre e dirigente scolastico

“Durante l’incontro a scuola il preside ha tacciato mio figlio di omofobia. Di fronte a questa dichiarazione siamo rimasti senza parole. Nonostante tutto, ho scritto una lettera molto ponderata al dirigente chiedendo di cancellare la nota disciplinare. Se un ragazzino di 13 anni non condivide un’idea avrà pur diritto di esprimersi e per questo non credo debba essere sanzionato”, queste le parole del padre del ragazzo.

“Per salire ci sono due scale, avrebbe potuto fare l’altra. E invece è stato fatto scendere e poi risalire sempre dalla stessa. Costringere un ragazzo a utilizzare una scala di cui non condivide il pensiero non mi sembra democratico ma violento. In Italia c’è libertà di pensiero e di parola, mio figlio non l’ha avuta. Chissà quanti altri compagni condividono il suo pensiero ma non hanno avuto il suo coraggio. Invece che approfondire la conoscenza del ragazzo sull’argomento – dice il padre – il preside gli ha detto che si ‘era auto dichiarato omofobo’. Mi sembra molto grave quello che è successo”.

“Rivendico, senza tema di essere smentito il fatto che la nostra scuola che vanta una grande tradizione di democrazia, inclusione e rispetto di ogni pensiero e diversità, non abbia alcun bisogno di ricevere richiami ai principi costituzionali il cui rispetto viene esercitato e insegnato quotidianamente in ogni momento dell’attività che viene svolta con passione e abnegazione – ha scritto il dirigente scolastico – auspico che i genitori dell’alunno comprendano la gravità dell’azione commessa dal figlio che si è posto in una situazione di grave pericolo per la sua incolumità fisica e contestualmente assumano consapevolezza che l’Istituto opera nel più grande rispetto di tutti e delle opinioni di tutti (con la precisazione che le manifestazioni di dissenso non possono sconfinare in azioni che mettano in pericolo l’incolumità propria e la sicurezza dell’Istituto stesso)”.

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