Giocare con la matematica di Ercole Bonjean

   

Giocare con la matematica

Albert Einstein definiva gli scacchi come il gioco scelto da Dio; secondo il padre della relatività, a differenza dei dadi, basati su leggi puramente statistiche, il gioco degli scacchi risponde a regole logiche, ma stabilite in modo arbitrario, a cui i due avversari si attengono. Le apparenti irregolarità non sono frutto di errori divini: “La natura nasconde i suoi segreti non perché ci inganni, ma perché è essenzialmente sublime”. E’ sorprendente rilevare come i bambini apprendono con relativa facilità le mosse e le regole degli scacchi. In una prima fase il primo modello di riferimento è il maestro, in seguito, una volta che i bambini si sono impadroniti delle regole e sono in grado di condurre a termine la partita, vogliono essere autonomi giocare ed elaborare concetti matematici essenziali a questa attività. La natura stessa dell’attività scacchistica mette sempre di fronte l’alunno a problemi che, per poter esprimere un gioco qualitativamente valido, deve anche essere in grado di risolvere. Lo sviluppo del pensiero convergente, che presiede alla razionalità, viene continuamente stimolato. L’approccio al gioco, trattandosi di una partita a due, è inizialmente individuale nella fase ludica in cui ci si cimenta in un incontro. A partita terminata si passa all’analisi. Ogni mossa è stata trascritta e si può analizzare con il maestro che ha una funzione di elemento catalizzatore del gruppo, media il lavoro degli alunni e propone soluzioni comuni ai problemi. E’ interessante notare come concetti matematici di notevole coefficiente di difficoltà, quali una concatenazione logica di sequenze anche complesse, presentati in questa forma, trovino una soluzione trainati dalla componente ludica del gioco stesso. Non v’è alcun dubbio che gli scacchi abbiano una funzione socializzante, ma anche e soprattutto una funzione scientifica di tipo prettamente matematico, tanto da essere inseriti, alla stregua di altre discipline, tra le materie di studio dei più evoluti sistemi scolastici dei Paesi industrializzati. E’ importante ribadire come per l’apprendimento della matematica possa risultare importante il potenziamento della memoria, della concentrazione, dell’attenzione, della capacità di previsione, dell’abilità spaziale. Il potenziamento delle attività logiche attraverso gli scacchi deve avere ritmi a misura di ogni alunno e la diversità individuale di comprensione degli argomenti viene fatta propria dal gruppo soprattutto nella fase dell’analisi. Una volta che gli alunni avranno costruito elementi importanti del pensiero matematico, nel linguaggio particolare degli scacchi, la ricaduta trasversale nell’arco del sapere scientifico sarà determinante. Giocare è importante anche a scuola. Dipende tuttavia quale gioco si propone. Negli scacchi, essenzialmente mondo di numeri e geometria, la matematica vive nel mondo del bambino, ne affina l’intuizione, ne forma la logica. Il gioco degli scacchi si insegna, nella lezione teorico – pratica, utilizzando una scacchiera murale alla quale si applicano i pezzi calamitati. Gli alunni seguono le spiegazioni per gruppi attorno ad una scacchiera (meglio se con le dimensioni standard da torneo) ricostruendo le mosse eseguite dal maestro sulla scacchiera magnetica. La classe diventa un gioioso laboratorio e la validità dell’attività è determinata non solo dalle necessarie spiegazioni del maestro, ma soprattutto dagli interventi dei vari gruppi di alunni che sollecitano la comunicazione con domande che chiariscono per tutti la comprensione delle regole del gioco e come condurre a termine una partita.

Ercole Bonjean ©



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