Non sappiamo che cosa gli sia successo. Probabilmente è caduto in un buco nel terreno, finendo nella grotta. O forse potrebbe essersi infilato nella cavità per cercare un rifugio. Ciò che sappiamo è che da lì, da quella grotta vicina al punto in cui molte migliaia di anni dopo sarebbe sorta la città di Altamura, non è più riuscito a uscire. Possiamo immaginare che alla fine si sia lasciato andare, accucciato, in un’abside naturale al fondo di uno dei rami della grotta.
E lì le sue ossa fossili sono restate, fino a che nel 1993 un gruppo di speleologi pugliesi esplorò quella cavità carsica: la grotta di Lamalunga. Trovando i suoi resti, il 3 ottobre. I resti di un uomo di Neanderthal, vissuto tra 130.000 a 170.000 anni fa. L’Uomo di Altamura.
I CUGINI D’EUROPA. Oggi, a 30 anni dalla scoperta della grotta di Lamalunga, ad Altamura è stato organizzato un programma di eventi mirati a far conoscere al pubblico questo ritrovamento unico, la grotta (e altri siti importanti per la paleoantropologia), le nuove ricerche in corso.
Lo scheletro dell’Uomo di Altamura coperto delle concrezioni calcaree. Si trova in un’abside naturale alla fine di un ramo della grotta.
© Paolo Petrignani, Archivio SABAP Bari
Tra gli appuntamenti, il convegno internazionale “Abissi del tempo. La Grotta di Lamalunga/L’Uomo di Neanderthal” (per informazioni e diretta Facebook clicca qui), organizzato sabato 7 ottobre e domenica 8 ottobre al Teatro Mercadante ad Altamura (Bari). Curato da Giovanna Cacudi, Soprintendente della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio (Sabap) per la città metropolitana di Bari, Elena Dellù, funzionario antropologo della Sabap Bari e responsabile della tutela del Neanderthal di Altamura e Caterina Annese, funzionario archeologo della Sabap Bari e Responsabile dell’Area Funzionale Archeologia.
Al convegno si alterneranno 120 relatori di tutte le discipline: paleoantropologi, genetisti, speleologi, archeologi… Partendo da lui, dall’Uomo di Altamura: tra le tracce più straordinarie della presenza dei Neanderthal in Italia, da 250.000 a 45/44.000 anni fa. Homo neanderthalensis si era evoluto circa 300.000 anni fa in Europa, da Homo heidelbergensis giunto nel nostro continente dall’Africa (dove invece da H. heidelbergensis ebbe origine a un cugino dei Neanderthal: Homo sapiens, che dall’Africa partì alla conquista del Pianeta).
AVVOLTO NELLA CALCITE. Lo scheletro dell’Uomo di Altamura si è conservato in modo straordinario, avvolto in un “sudario” di carbonato di calcio depositato dall’acqua filtrata per millenni nella grotta, con lo stesso principio per cui si formano le stalagmiti. Le sue ossa sono state coperte da uno strato di calcite (un minerale costituito da carbonato di calcio) che ha fermato la decomposizione.
E sul cranio si sono poi formati dei “globuli” calcarei chiamati coralloidi (vedi foto sotto), che danno al cranio l’aspetto che vediamo nelle immagini. «I nuovi studi, partiti da circa un anno, puntano tra le altre cose a capire come il corpo si sia degradato e quale doveva essere la sua posizione originaria», spiega a Focus Elena Dellù. «Si pensa che si sia rannicchiato nel punto in cui è stato trovato, in fondo a un ramo della grotta, ma vogliamo capire meglio quali sono state le eventuali rotazioni e cadute delle ossa e se la calcite le ha spostate».
Gli studi eseguiti sullo scheletro ci hanno già permesso di sapere diverse cose: che era adulto, per esempio, o che aveva perso due denti. Degli studi avviati dal 2009 e dell’importanza della scoperta parlerà al convegno – tra gli altri studiosi – Giorgio Manzi, paleoantropologo alla Sapienza Università di Roma. Mentre David Caramelli, dell’Università degli Studi di Firenze, ripercorrerà le analisi biomolecolari condotte sul Neanderthal di Altamura e le più recenti scoperte sulla genetica dei nostri “cugini” estinti.
Il cranio dell’Uomo di Altamura. Si possono notare i “globuli” calcarei chiamati coralloidi.
© Archivio SABAP Bari
GEMELLO DIGITALE. Parte dei nuovi studi e rilevazioni in corso si concentra invece sulla grotta. In sé, una gemma carsica del territorio pugliese. «In collaborazione con il Politecnico di Milano, stiamo effettuando rilievi ad alta risoluzione dell’interno, con laser scanner e fotogrammetria, e rilievi con georadar all’esterno», continua Dellù. «Il georadar permette di esplorare il terreno per alcuni metri di profondità, per capire quali fossero gli antichi accessi e come si sono chiusi. L’accesso attuale alla grotta è artificiale, ma puntiamo a chiarire se c’era un punto da cui l’Uomo di Altamura possa essere caduto nella grotta. O un accesso attraverso cui è entrato, magari per sfuggire a un predatore. Come è arrivato lì, insomma, nell’abside dove lo abbiamo trovato?».
Le indagini puntano alla realizzazione di un “gemello digitale” della grotta di Lamalunga, per le attività di studio e tutela, e per lo sviluppo di un’app che potrà contribuire anche alla fruizione turistica. Una parte del convegno sarà dedicata proprio alla grotta di Lamalunga e ad altre cavità, dalla Puglia alla Liguria, e alla loro importanza per lo studio della preistoria.
IL MISTERO DELLE OSSA. «Le nuove analisi sono un lavoro di “archeologia globale”, a 360°, per indagare gli aspetti geologici, gli eventuali usi umani, le presenze animali», specifica Dellù.
«Ricordiamo che nella grotta sono state ritrovate centinaia di ossa si animali databili a 40.000 anni fa: cervidi, bovidi, iene… Sono singoli elementi e non carcasse. La cavità era la tana di animali predatori, che hanno portato parti delle prede all’interno? O l’acqua ha spostato le ossa? Sono tra le domande a cui puntiamo a rispondere. Vogliamo anche allargare lo sguardo dal ramo della grotta dove è stato trovato l’Uomo di Altamura a un altro ramo, più grande e non ancora indagato con attenzione».
Oltre al convegno, fino al 29 febbraio 2024 sarà poi aperta al Museo dell’Uomo di Altamura di Palazzo Baldassarre, nel centro di Altamura, la mostra fotografica “Abissi del tempo. La Grotta di Lamalunga/L’Uomo di Neanderthal”, con immagini del fotografo documentarista Paolo Petrignani. Un viaggio, per immagini, negli abissi del tempo e nelle profondità della terra.
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L’Homo sapiens alla conquista del mondo