“Torna nella giungla, scimmia”: offese razziste a un giovane calciatore

“Torna nella giungla, scimmia”. Senza alcun commento l’esclamazione razzista rivolta a Abdoulaye Fofana, un calciatore di 21 anni della Guinea della squadra Heraclea dei Monti Dauni (Foggia) che milita nel campionato dilettanti di prima categoria.  Insulti giunti durante l’incontro di ritorno con l’Altavilla Irpina che si è disputato domenica scorsa, poi sospeso, sul campo di Rocchetta Sant’Antonio (Foggia). “Gli insulti – racconta all’ANSA – erano già partiti dall’incontro di andata. Sono stato insultato e fischiato da calciatori e da spettatori per 90 minuti. Mi hanno detto di tutto”.

Il giorno seguente all’incontro di andata, il calciatore ha ricevuto un sms di scuse da parte del presidente dell’Altavilla. “Sono un ragazzo come te – gli ha scritto – che prova vergogna per le persone stupide ed ignoranti che credono che il colore della pelle possa essere importante nella vita”. Ma lui non ci sta: “Io sono orgoglioso del colore della mia pelle – dice il 21enne – Questo non mi impedisce di andare a lavorare, di giocare a calcio e di condurre una vita normale”.

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La vergogna

Emozioni: la vergogna

Evoluzione e caratteristiche peculiari

di Gino Lelli e Andrea Sorcinelli

Le emozioni primarie o di base sono innate, spontanee e universali. Generalmente, vengono considerate tali:

1) la collera o rabbia,

2) il disgusto,

3) la felicità o gioia, 

4) la sorpresa, 

5) la paura, 

6) la tristezza.

Le emozioni che rientrano nella relazione tra madre e bambino sono la paura, la tristezza, la rabbia, la protesta, la felicità o gioia.

Alcune emozioni, definite interpersonali, hanno caratteristiche particolari, poiché prevedono una relazione fra almeno due persone e l’autoconsapevolezza. Due sono le più importanti: la vergogna e il senso di colpa.

Il senso di colpa si prova, generalmente, in riferimento a una persona, la vergogna quando si verifica unaumiliazione.

Entrambe, implicano sempre un riferimento a sé stessi, ad esempio “mi sento in colpa perché ho fatto del male” e una relazione fra due persone, “mi vergogno perché l’altro mi ha umiliato”. Per tale motivo vengono chiamate emozioni interpersonali.

Provare vergogna è una esperienza spiacevole e dolorosa, è l’abbattimento di sé e della propria immagine, il desiderio di nascondersi, una condizione di impotenza, una ferita che trafiggente la stima e la fiducia in sé.

D’altra parte, provare vergogna è il segnale evidente di un gioco psicologico in atto, poiché costituisce un’emozione intrinsecamente sociale e relazionale (ad esempio, si prova vergogna immaginandosi davanti a un pubblico che disapprova e condanna).

La vergogna è spesso il risultato di un gioco di interiorizzazione, riprovazione e umiliazione, per questo, determina reazioni forti di rabbia, vendetta e ritorsione.

La persona che prova vergogna è umiliata e offesa nella propria dignità, si sente in balia degli altri, in una condizione insostenibile, da cui esce sconfitta e/o depressa, con una rabbia che spesso rivolge alle vittime dei suoi attacchi.

Evoluzione delle emozioni del bambino

Il neonato è dotato di un sistema di emozioni già operante al momento della nascita, presenta una precisa sequenza evolutiva, passando in modo continuo e progressivo da un livello poco articolato a successivi sempre più complessi, flessibili e sofisticati.

Nei primi giorni di vita, le reazioni emotive fondamentali per la sopravvivenza, sono regolate da processi biologici innati in risposta a specifici stimoli dell’ambiente.

Il neonato prova piacere (ad esempio per i liquidi dolci) o disgusto (ad esempio per le sostanze amare), ha specifiche reazioni di trasalimento (in caso di forti rumori o flash di luce), manifesta sconforto (in presenza di stimolazioni dolorose) ed esprime interesse per gli stimoli nuovi e in movimento, per la voce e per il volto umano (in particolare, della madre).

Alla fine del secondo mese le condotte emotive del neonato sono maggiormente sintonizzate in funzione delle interazioni sociali. A 5-6 settimane di vita compare il sorriso sociale in risposta alla voce e al volto umano.

Attorno ai 3 mesi compaiono le manifestazioni della sorpresa (a fronte di stimoli nuovi o inattesi), della gioia e della tristezza, nonché della collera e della rabbia (in caso di costrizione fisica).

A 5 mesi compaiono le espressioni della paura e della circospezione rispetto soprattutto alle altezze (paura di cadere), a 7-9 mesi emerge il timore per l’estraneo che segnala un preciso legame di attaccamento con la propria madre come luogo sicuro di protezione e di cura (ogni estraneo è percepito come una minaccia e come un pericolo).

A partire dai 18-20 mesi compaiono le prime manifestazioni delle cosiddette emozioni sociali e autoconsapevoli, come la vergogna, l’orgoglio e la colpa.

Il bambino piccolo si pone, quindi, ben presto come soggetto emozionalmente e affettivamente competente, in grado di sostenere scambi appropriati e significativi con il proprio contesto.

La genesi della vergogna nel bimbo

Al momento della nascita, il neonato non prova alcuna esperienza di vergogna in quanto non è innata bensì è una condotta emotiva che viene appresa attraverso processi di socializzazione più o meno lunghi e mediante la condivisione relazionale di esperienze con gli adulti di riferimento (di solito, i genitori).

Al pari delle altre emozioni autoconsapevoli, forme iniziali di vergogna compaiono nel bambino attorno ai18-20 mesi.

La vergogna, come la colpa e l’orgoglio, è un’emozione sociale e richiede comunicazione interpersonale, condivisione di situazioni e significati con i genitori.

Forme più evidenti di vergogna sono osservabili nel bambino di 2-3 anni.

In questo processo è assai probabile che un genitore abbia provato e manifestato vergogna davanti al bambino prima che quest’ultimo ne faccia esperienza.

All’origine dell’emozione della vergogna contribuiscono in maniera efficace due altri aspetti.

Innanzitutto, nel 2° anno di vita, durante il quale avviene l’apprendimento della regolazione degli sfinteri uretrale e anale, vi è la probabilità che si verifichino ancora con una certa frequenza episodi di incontinenza.

Tali episodi possono essere oggetto di biasimo e di rimprovero da parte dell’adulto, una madre, per esempio,può manifestare il proprio disappunto con espressioni del tipo: “L’hai fatta ancora addosso come se fossi un bambino di pochi mesi.

Hai sporcato dappertutto. I bambini grandi come te la fanno invece nel vasetto! Vergognati!”.

Tale tipologia di biasimo può riguardare non soltanto il controllo degli sfinteri, ma tutti i comportamenti e gli aspetti nei quali un bambino di 2 anni si comporta ancora in maniera non adeguata agli standard (presupposti e richiesti) della sua età.

In secondo luogo, sempre nel corso del 2° anno di vita, il bambino può trasgredire a comandi e a divieti imposti dai genitori, al fine di contenere la sua volontà di esplorazione dell’ambiente con il rischio di farsi del male.

In questo caso la trasgressione di regole e di norme può essere oggetto di biasimo e di rimprovero da parte degli adulti, con espressioni del tipo: “Hai di nuovo messo la sedia vicino alla finestra anche se ti avevo detto di no. Lo sai che la mamma vede tutto e sa tutto. Che figura avrei fatto con il papà se fossi caduto e ti fossi fatto del male! O se fossi andato giù dalla finestra! Sarebbero arrivati i carabinieri e mi avrebbero messo in prigione”.

La vergogna ha origine, quindi, nelle interazioni con gli adulti di riferimento (di solito, i genitori).

In questo processo assume una notevole rilevanza il ruolo del riferimento sociale sopra ricordato che, oltre a essere un regolatore della condotta in caso di incertezza, è anche alla base della genesi della vergogna poiché favorisce nel bambino la distinzione fra ciò che è permesso e ciò che è proibito, fra ciò che si può fare e ciò che non va fatto.

Nella situazione positiva (del lecito) c’èincoraggiamento, interesse condiviso e espansione relazionale fra bambino e adulto.

Per contro, nella situazione negativa (del proibito), si ha una condizione di vigilanza e di controllo da parte dell’adulto, all’interno di un processo di valutazione delle prestazioni del bambino in conformità a standard precostituiti.

A riprova di questo processo psicologico si possono menzionare i monologhi dei bambini piccoli, quando nel gioco di finzione e di fantasia ripetono le frasi e i gesti disciplinari dei propri genitori.

Se riportano con una certa frequenza dialoghi basati sulla propria immagine, su che cosa possono dire gli altrie così via, è presente una situazione evolutiva nella quale la vergogna ha già messo le radici. 

Questi apprendimenti emotivi della vergogna sono concomitanti con la comparsa dell’imbarazzo che inizia a manifestarsi attorno ai 15-18 mesi di vita.

Pratiche educative e inclinazione alla vergogna

Le pratiche educative influenzano il favorire nel bambino la tendenza alla vergogna piuttosto che alla colpa. Il sistema premiale e punitivo adottato, insieme alle pratiche disciplinari, sono importanti, poiché insegnano al bambino a conformarsi agli standard stabiliti (anche quando avverte desideri di segno opposto) e ad attribuire un determinato valore al proprio comportamento.

Fra le diverse pratiche disciplinari presenti, come le punizioni corporee, le proibizioni tassative, le spiegazioni ragionate e la sottrazione di affetto, quest’ultima, in particolare, favorisce la comparsa dell’emozione della vergogna, in quanto trasmette il significato: “tu sei indegno di me”.

Parimenti, un altro fattore che favorisce la comparsa dell’esperienza della vergogna è il grado in cui i genitori comunicano al bambino l’importanza di ottenere regolarmente successo nelle prestazioni.

Una forte enfasi sul successo, con l’adozione di standard elevati, pone il bimbo nella condizione di provare frequentemente l’esperienza della vergogna per i propri probabili fallimenti.

Questa situazione si evidenzia maggiormente quando si pone l’accento sul successo del proprio gruppo in un contesto relazionale positivo e favorevole; in questi casi,il fallimento è percepito in maniera assai più negativa e penosa e, di conseguenza, l’emozione della vergogna diventa ancora più intensa e prolungata.

Abuso sessuale e vergogna

Gli abusi sessuali determinano nelle vittime forti reazioni di vergogna, simili tra loro a livello psicologico anche se riguardanti persone di età differenti.

L’abuso sessuale consiste nell’imporre con forza e costrizione fisica e/o psicologica un’attività sessuale che non è voluta né tanto meno desiderata dalla vittima. La percentuale più elevata si registra fra le mura domestiche, in casa, da parte di parenti o amici, comunque da parte di adulti conosciuti dalla vittima.

Le situazioni di stupro e di violenza sessuale da parte di sconosciuti, per strada o in luoghi pubblici, pur essendo reali, sono percentualmente assai meno frequenti.

La ragione di fondo per cui una persona abusata sente una profonda vergogna rispetto a quanto è accaduto,risiede nella consapevolezza dell’offesa subita, nella frantumazione della propria immagine, nella dimostrazione palese della condizione di impotenza. L’abuso è percepito come un’offesa profonda e irreparabile del proprio sé.

Oggi, anche se in misura più attenuata rispetto al passato, la violenza sessuale costituisce ancora una specie di “tabù sociale”, di cui non si può parlare né in privato, né tanto meno in pubblico; parlarne significa squalificarsi e disperdere la propria dignità, attirare su di sé un’attenzione ingiusta, spesso morbosa, a volte di pietà e di commiserazione, in ogni caso indesiderata.

Per questo motivo l’abuso sessuale è spesso accompagnato dal silenzio della vergogna che pesa come un macigno terribile.

Si sono verificati casi di donne che, dopo molto tempo, hanno trovato il coraggio e la forza di raccontare, per la prima volta, episodi di violenza che avevano subito diversi anni prima, quando erano bambine, da parte di parenti.

In questi casi, gli episodi di abuso erano ben presenti e lucidi nella mente di queste donne, con il ricordo preciso di particolari e dettagli, ma non avevano mai avuto in precedenza la forza di manifestare tale memoria.

I meccanismi di difesa psicologici che hanno adottato le vittime, hanno determinato un autentico tormento interiore continuativo dovuto alla ruminazione mentalesull’accaduto.

L’emozione della vergogna in caso di abuso è generata anche dalla convinzione che le cose sarebbero potute andare diversamente se loro si fossero comportate differentemente, se non si fossero trovate lì, se avessero seguito le indicazioni di genitori o amici, questo determina la convinzione della loro incompetenza, inesperienza o della loro superficialità.

In queste circostanze, l’emozione della vergogna viene ad appesantire notevolmente l’esperienza, di per sé già pesante, della violenza e dell’abuso.

Com’è ben noto ai gruppi di auto-aiuto (composti, cioè, in modo esclusivo da persone abusate), la vergogna, oltre a costituire una sofferenza e una condizione assai dolorosa, rappresenta altresì un serio ostacolo per uscire fuori dalla ruminazione dei ricordi e da uno stato di impotenza e depressione, per riuscire a gestire e a controllare a livello psicologico questi avvenimenti, tanto più per riprendere a vivere con una certa tranquillità e serenità.

Come si supera la vergogna

Come superare la vergogna? In che modo si esce da questa esperienza penosa?

La vergogna non si vince affrontandola in modo diretto e frontale, in quanto comporta una condizione di impotenza e passività.

Adottare una modalità simile significa correre il rischio di aumentare la pena della propria esperienza anziché uscirne fuori.

Per riuscire a superare e a vincere la vergogna diventa indispensabile far ricorso a modalità indirette, occorre fare evolvere l’esperienza della vergogna attraverso altri tipi di esperienza.

A livello psicologico, è importante riuscire a distinguere e separare l’immagine globale di sé dallo specifico comportamento riprovevole.

Occorre stabilire un netto confine fra ciò che di negativo e di disdicevole è stato fatto e la propria identità personale e sociale; esistono, comunque, aspetti positivi della persona che possono sostenerla e alimentare la sua autostima.

Il fatto disonorevole compiuto va circoscritto e delimitato con precisione e con forza, bisogna impedire che l’onta dell’evento invada e inondi come un fiume in piena la totalità del proprio sé.

Questa operazione di irrobustimento degli argini della propria identità e di rafforzamento della sicurezza profonda nella propria immagine, è alla base del superamento dell’esperienza della vergogna.

Per raggiungere questo traguardo, sono presenti alcune strategie psicologiche (emotive e cognitive), alle quali si può far ricorso a seconda delle circostanze, dei giochi relazionali in atto, nonché del profilo della propria personalità.

Strategie emotive

Le strategie emotive per il superamento della vergogna consistono sostanzialmente nella capacità di trasformare e modificare l’esperienza della vergogna attraverso altre esperienze emotive.

Le emozioni non costituiscono delle categorie discrete, distinte e separate nettamente le une dalle altre; bensì sono una realtà psicologica unitaria, magmatica, in continua evoluzione, nella quale convergono contemporaneamente e si fondono assieme diversi aspetti emotivi, pur essendo dominante, in un certo momento, un determinato stato emotivo, la cosiddetta “emozione modale” (per esempio, la soddisfazione e la gioia per la consapevolezza di riuscire a superare l’ostacolo).

Trasformare la vergogna in colpa

A livello psicologico, è di grande utilità riuscire a trasformare l’esperienza della vergogna in quella della colpa, in quanto quest’ultima, per sua natura, è circoscritta al comportamento specifico.

In tal modo, la colpa, a differenza della vergogna, non rappresenta una minaccia per il proprio sé e per la propria immagine e non è associata a forme distruttive e vendicative di rabbia nei confronti di altri.

Poiché nella colpa non è compromesso il senso dell’efficacia e della validità come persona, l’individuo è in grado di assumere atteggiamenti e comportamenti maggiormente favorevoli e costruttivi, è spinto a realizzare condotte di riparazione per la violazione delle norme e per il danno procurato.

Non vi è solamente l’assunzione delle proprie responsabilità, ma vi è un’azione concreta per recuperare la situazione e per riportarla alla condizione precedente all’infrazione.

Grazie alla confessione e al riconoscimento della propria responsabilità, chi è in colpa può sostenere il confronto e la discussione con chi è stato danneggiato, è in grado di ammettere e di parlare del proprio errore con l’altro, senza per questo perdere irrimediabilmente la propria dignità.

La colpa, inoltre, alimenta una maggiore empatia interpersonale, che favorisce il processo di recupero e di ripristino delle relazioni.

Nella colpa è presente una riconsiderazione e un approfondimento del punto di vista dell’altro (ad esempio “forse non voleva fare in questo modo”), può verificarsi un aggiustamento nel processo di attribuzione delle intenzioni altrui, c’è l’esigenza di chiarire eventuali equivoci e fraintendimenti.

Questa restaurazione dei rapporti interpersonali determina, nel tempo, una rete sociale maggiormente solida ed efficace.

Per queste ragioni, la colpa sostiene una serie di operazioni psicologiche interne ed esterne che rimuovono il peso soffocante della violazione, non va a incrinare il livello di stima, di dignità e di fiducia in sé stessi, favorisce il recupero e il mantenimento di rapporti interpersonali positivi e costruttivi.

In questa prospettiva, la colpa è strettamente associata a un processo di espiazione e di liberazione, non è una condanna a vita, ma un’esperienza che, pur essendo spiacevole e penosa, può essere gestita e da cui si può uscire.

Di conseguenza, declinare l’infrazione e la violazione verso la colpa, rappresenta un valido passo in avanti per uscire fuori dall’emozione della vergogna che inizialmente si prova.

Strategie cognitive

Accanto alle strategie emotive, ci sono anche rilevanti strategie cognitive utili per uscire fuori dalla vergogna.

Gli aspetti cognitivi sono fondamentali nel processo di regolazione e di monitoraggio delle proprie esperienze emotive; le emozioni sono suscitate dal modo con cui ogni persona valuta gli eventi in riferimento ai propri interessi.

Tale valutazione, di natura cognitiva, spiega il fatto per cui due persone, poste nella stessa situazione, possono provare emozioni anche molto diverse fra loro, se la valutano in maniera differente.

Di conseguenza, nel monitoraggio della vergogna,risultano fondamentali i criteri di valutazione individualiin base ai quali si procede a interpretare gli episodi della propria vita e a cogliere il loro significato.

Rivedere la gerarchia dei propri interessi

Le vergogna, al pari delle altre emozioni, è suscitata dal giudizio di rilevanza e di pertinenza di certi eventi in riferimento ai propri valori e interessi.

La vergogna non è generata dall’evento in sé e per sé nella sua oggettiva realtà; bensì è suscitata dai significati che un individuo gli attribuisce (focalità emotiva).

Se si è più sensibili alla bellezza, per esempio, è più facile provare vergogna nel caso in cui emergano difetti estetici (tipo un naso grande durante la crescita puberale).

Diversamente, se si è più sensibili al valore dell’intelligenza, è più facile provare vergogna in caso di fallimento di una prova intellettuale e così di seguito.

In questa prospettiva diventa utile ed efficace sul piano psicologico procedere alla revisione della gerarchia dei propri interessi nella condizione di vergogna.

Si tratta di ridistribuire il peso dei propri valori e di ricalibrare i propri criteri di valutazione.

La ricalibrazione dei criteri di valutazione, consente una revisione delle priorità dei propri interessi e valori e conduce a una maggiore accettazione di sé così come si è.

Stare bene con sé stessi implica il non provare vergogna, accettando anche i propri limiti (si può essere attraenti anche con un naso grande, si può essere intelligenti anche se in una circostanza non si è stati brillanti come al solito) e così via.

In questa prospettiva, l’evento che è alla fonte della vergogna (infrazione, comportamento disonorevole, mancanza, ecc.) non va a investire la totalità del proprio sé, ma soltanto una parte di esso, il resto rimane integro e intatto.

Questa relativizzazione conduce al poter prendere le distanze da sé e dagli eventi, consente di superare più agevolmente l’esperienza della vergogna.

Conclusioni

Provare vergogna è un’esperienze spiacevole che ciascuna persona può sperimentare. Generalmente, può determinare tante sensazioni: smarrimento, paura, impotenza, dolore, desiderio di scomparire, annullamento della fiducia in sé stessi e così via, èl’esito di giochi di interiorizzazione, riprovazione e umiliazione.

Per questo motivo, la vergogna è spesso accompagnata da reazioni molto forti di collera e rivalsa.

Attraverso la trasformazione della vergogna in colpa, le strategie emotive e quelle cognitive, è possibile superare l’esperienza negativa generata da tale emozione.

Nel monitoraggio della vergogna risultano fondamentali i criteri di valutazione in base ai quali ciascuna persona procede a interpretare gli episodi della propria vita e a cogliere il loro significato.

Una ulteriore modalità efficace per sconfiggere la vergogna legata a determinate circostanze è anche la capacità di fare dell’ironia su sé stessi.

L’ironia è una strategia efficace per rivolgere osservazioni critiche a un’altra persona, senza offenderla e senza trasgredire le norme dell’interazione sociale.

L’efficacia dell’ironia può valere anche per sé stessi, per non prendersi troppo sul serio, per giocare su di sé e sulle proprie azioni, ad esempio rivolgendosi delle critiche davanti ad altri, per quello che è stato fatto o combinato.

Si tratta di un’operazione molto efficace poiché anticipa le critiche altrui, tende a difendere e valorizzare nonostante la mancanza.

Questo self-humor, caratteristico del mondo anglosassone, prevede la capacità di osservare sé stessi in maniera distaccata come se si fosse un’altra persona e di trattarsi in maniera benigna, senza precipitare nella tragedia della vergogna.

Bibliografia

• Della Seta L., Debellare il senso di colpa, Franco Angeli, Milano, 2020

• Durosini I., Triberti S., Le emozioni tra cura e malattia, Maggioli Editore, Bologna, 2022

• Ernaux A., Flabbi L., La vergogna, L’Orma, Roma, 2018

• Ferrari G., Introvini M.S., L’educazione emozionale. Strategie e strumenti operativi per promuovere lo sviluppo delle competenze emotive a scuola e in famiglia, Franco Angeli, Milano, 2022

• Galimberti U., Il libro delle emozioni, Feltrinelli, Milano, 2021

• Novelli M.E., Pallai G., Vergogna. L’emozione dimenticata, Edizioni Universitarie Romane, Roma, 2016

Giovanni Modugno: a master of the senses

GIOVANNI MODUGNO: UN “MAESTRO DEL SENSO” PER LA SCUOLA ITALIANA DI OGGI

di CARLO DE NITTI

Alle “voci archetipe” della mia remotissima adolescenza

per sempre nei miei spazitempi mnesici, con infinita gratitudine.

Nascoste ai molti, si palesano,

a chi le cerca con animo puro,

perle, veri tesori delle profondità,

che rivelano le nostre vite,

la nostra intima essenza

di cercatori tra le pagine …

1. PROLOGO

Non mi è possibile iniziare questo intervento senza ringraziare con sentimenti di sincera gratitudine il prof. Vincenzo Robles, illustre cittadino bitontino e studioso di preclara fama, per avermi invitato a partecipare – bontà sua – a questo evento sul pensiero di Giovanni Modugno, pedagogista del ‘900 pugliese, italiano, europeo.

Non è quella che segue una forma di excusatio non petita: non sono un esperto di Giovanni Modugno nel senso accademico della parola, ma ho avuto, da molti anni, con la sua storia di vita, di pensiero, politica, culturale e religiosa una frequentazione che mi affascina. Sì, perché una personalità come quella di Giovanni Modugno non può non sé-durre, a prescindere dalle idee di chi a lui si accosti, purché lo faccia con onestà intellettuale e disinteresse, anche venale. Caratteristiche che egli stesso possedette in modo assoluto e che costituirono la cifra peculiare della sua personalità di uomo, di docente e quindi, di pedagogista.

Tutti gli altri intervenuti a questo evento – certamente molto più competenti di me – hanno lumeggiato o lumeggeranno da par loro al meglio il pensiero del pedagogista: a me, che raccolgo “materiali per chi voglia scrivere di storia” (alla maniera dei Commentari cesariani) piace interrogare la figura di Giovanni Modugno per cogliere – provando a suggere l’essenza del suo pensiero – quanto egli possa dire (rectius: insegnare) a noi persone di scuola del XXI secolo, che operano nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado (sebbene, ahimè, io mi trovi nel “pronaos” della quiescenza). Il ri-pensare Giovanni Modugno nella scuola di oggi non può, né deve, essere un mero esercizio di erudizione storiografica, ma un interesse squisitamente teoretico che interroghi il pedagogista, a partire dagli interrogativi del presente che scaturiscono, ovviamente, da bisogni didattici, educativi e pedagogici che urgono alle persone di scuola.

2. I “MAESTRI DEL SENSO”

E’ possibile connotare Giovanni Modugno come un “cercatore di Cristo”, un “apostolo dell’educazione”, un “pellegrino dell’Assoluto”: queste locuzioni possono legittimamente compendiarsi – per utilizzare il lessico della pedagogia di Papa Francesco – nell’espressione “maestro del senso”. Non trovo migliore sintetica definizione se non quella delle parole usate dal Pontefice recentemente a Lisbona, parlando ai giovani dal Pontefice per definirli: . 

E Giovanni Modugno lo è stato, di sicuro, ante litteram, … e lo è ancora oggi, a sessantacinque anni dalla sua scomparsa!

Leggere Giovanni Modugno oggi significa affrontare in modo efficace le urgenze educative del mondo contemporaneo: riformare la scuola, per Modugno, voleva dire formare le coscienze delle degli educandi. Al centro del processo educativo – come sostenevano in quegli anni i pedagogisti dell’attivismo pedagogico – non possono che esserci gli educandi con i loro vissuti, le loro storie interiori, i loro bisogni. Nel processo di educazione, non si può che “ascendere insieme”, per riprendere il titolo di un testo del 1943 dello stesso Modugno, per cambiare se stessi e contestualmente la società in cui si vive. L’unica vera riforma della scuola doveva essere, a parere di Giovanni Modugno, la “riforma interiore”, quella della formazione dei docenti.

La sua vita, la sua ricerca culturale, il suo insegnamentoincarnano l’anelito verso una società più giusta e più libera, nella quale ogni persona, consapevole della sua dignità, possa recuperare e vivere il significato dei valori fondamentali, in primis, la vita e la libertà, senza dei quali non è possibile praticare alcun altro valore. L’attualità del suo messaggio si focalizza prioritariamente intorno alla finalità dell’educazione, riprendendo le istanze più significative della tradizione pedagogica cristiana, arricchita dal dialogo fecondo con autori contemporanei. A partire dalla fine degli anni Venti, intensa fu la relazione di Giovanni Modugno con il gruppo di pedagogisti cattolici che si raccoglieva in quel di Brescia intorno alla casa editrice La Scuola, fondata nel 1904, ed alla rivista Scuola Italiana Moderna, nata nel 1893. Il medesimo milieu cattolico in cui, com’è noto, nacque (nel 1897) e si formò un giovane sacerdote (proclamato santo nel 2018), don Giovanni Battista Montini (il cui padre, l’avvocato Giorgio, era stato tra i fondatori della casa editrice), che alle posizioni di Giovanni Modugno fu certamente vicino, anche attraverso la filosofia della persona di Jacques Maritain (1882 – 1973).  

Nel gruppo di docenti e pedagogisti cattolici bresciani e nelle loro iniziative, di cui fu ispiratore e sodale anche attraverso il suo discepolo e figlioccio Matteo Perrini (1925 – 2007), Giovanni Modugno trovò quella consonanza intellettuale e religiosa che spesso gli mancò in Puglia, una sorta di accogliente “rifugio” ma anche la possibilità di incidere nella scuola militante: basti pensare alla comunanza di interessi e alla sua consonanza intellettuale con Laura Bianchini (1903 – 1983), docente di filosofia bresciana e madre Costituente.  

Anche dopo la seconda guerra mondiale, Giovanni Modugno continuò a collaborare con Scuola Italiana Moderna, la rivista scolastica più diffusa tra i docenti di scuola elementare, ed ispirò anche una filiazione diretta del gruppo bresciano: il “gruppo di maestri sperimentatori” di Pietralba (BZ),  dal nome dalla località dolomitica nella quale il gruppo si riunì per la prima volta nel 1948, cui partecipò anche un altro grande pedagogista pugliese, allora appena venticinquenne, suo allievo all’Istituto Magistrale di Bari: Gaetano Santomauro (1923 – 1976).  

Giovanni Modugno riconosce che la pedagogia è la “scienza della vita”: si preoccupa di affinare una riflessione rigorosa ma anche che manifesti un’efficacia pratica, fondata su principi e valori saldi, applicabili sia alla prassi quotidiana, scolastica e non. Per Modugno, la scienza della vita costituisce la risposta più significativa all’esigenza di riaffermare il primato della moralità, della razionalità e della spiritualità, come qualità peculiari di ogni persona che impara a riconoscerle come espressioni ineludibili della propria dignità e della propria coscienza morale.

Giovanni Modugno ricerca sempre il “perfezionamento interiore” anche nei momenti più drammatici della sua vita personale, come nel 1934, con la precoce morte dell’unica figlia Pina. Evento – collegato con altri lutti familiari (i genitori) – che interroga la coscienza del pedagogista. Quando la figlia si ammala, il progetto del Modugno è di lavorare per ‘cristianizzare la vita’, in lui e attorno a lui. E’ convinto che le disuguaglianze sociali e le miserie non si eliminano soltanto con le leggi e le riforme, ma con l’amore. La vera riforma interiore consiste nel disporsi a comprendere i bisogni di ciascuna persona in difficoltà e nel sentirsi responsabili se manca il necessario per vivere.

I motivi fondamentali che accompagnano la vita di Modugno sono quelli di ‘ascendere insieme’, ‘salire alla sublime vetta’,‘aiutare gli altri a salire’: l’insegnamento gli consente di adempiere a questa sua idea. Nella prospettiva del suo pensiero, la religione costituisce il principale centro d’interesse dell’intero curricolo scolastico, oltre che il contenuto più significativo della scienza della vita. Essa è la guida per cogliere nella vita concreta le relazioni tra le singole azioni ed i principi della ragione e della morale. Con la didattica della ‘provocazione riflessiva’, stimolata dal docente, la pratica del riflettere durante le lezioni li sollecitanella chiarificazione dei criteri direttivi e li pome nelle condizioni di osservare, giungendo a scoprire le istanze più profonde della vita.

3. GIOVANNI MODUGNO VIVANT

Riflettere oggi, nel terzo decennio del XXI secolo, sulla figura, sul pensiero e sulla storia di Giovanni Modugno, “cercatore di Cristo” ed “apostolo dell’educazione” è un atto “rivoluzionario” nella sua essenza, che modifica radicalmente i paradigmi del pensiero corrente, spesso incentrato sui tecnicismi della pedagogia– declinati in tutte le sue branche – e della scuola, piuttosto che sulla persona, quale punto di imputazione ultimo di ogni azione educativa.

Questo è il continuum che attraversa la vita di Giovanni Modugno, anche prima di insegnare, quando, da giovanissimo, iniziò ad impegnarsi nelle vicende della politica della sua città, in solido con lo storico molfettese Gaetano Salvemini (1873 – 1957), cui lo unì un lunghissimo sodalizio intellettuale e politico, nonostante le diverse posizioni, che ha attraversato la storia italiana dai primi anni del XX secolo agli anni ’50 del medesimo.Pressocché coetanei, furono entrambi “figli”, molto diversi tra loro, della medesima temperie culturale, quella positivistica, da cui furono entrambi però sempre alieni, giungendo a posizioni politiche diverse che avevano in comune l’impegno infaticabile e diuturno per il riscatto dei contadini meridionali rispetto ai soprusi dei latifondisti assenteisti, attraverso la conquista del primo e più fondamentale dei diritti, quello all’istruzione.   

Il fulcro dell’attività di Giovanni Modugno – che volle essere sempre “maestro di maestri” – fu sempre l’educazione dei giovani al pensiero critico, lontano da ogni possibile strumentalizzazione da qualunque “luogo” essa provenisse. Egli non fu mai uomo “di parte”, rifiutò sempre per se stesso incarichi, cariche ed onori di ogni tipo, proprio per conservare la sua libertà di pensiero: com’è noto, rifiutò la carica di Provveditore agli studi di Bari, sia nel 1923, quando gli fu proposta da Giuseppe Lombardo-Radice (1879 – 1938) perché temeva che avrebbe dovuto venire a compromessi con il fascismo, sia dopo la seconda guerra mondiale, quando fu invitato a ricoprire la medesima carica da Tommaso Fiore (1884 – 1973), a nome del Comitato di Liberazione Nazionale. Parimenti, non a caso, nel 1929, fu assordante il suo silenzio – in un’Italia osannante – di fronte alla firma dei Patti Lateranensi, che, com’è noto, ponevano fine alla sessantennale “questione romana”.

Questa missione – cui adempì senza deroga alcuna – non gli impedì di mantenere relazioni intellettuali con i più sensibili ed insigni pedagogisti del suo tempo, a cominciare dalla “scoperta” di Friedrich Wilhelm Foerster (1869 – 1966) e Josiah Royce (1855 – 1916). Con ed attraverso di loro, Giovanni Modugno difese la persona umana, la sua dignità e la sua libertà interiore, trovando nel cristianesimo, inteso come “fede nella Resurrezione”, il miglior fondamento per conseguire questo obiettivo. In quest’opera educativa, massima era la sintonia del pedagogista con l’allora Arcivescovo di Bari, Mons. Marcello Mimmi (1882 – 1961), di cui condivideva in toto il metodo pastorale.

La cifra di tutta l’esistenza del pedagogista che si può compendiare nel titolo del volume – pubblicato dieci anni dopo la sua scomparsa, a cura dell’amatissima moglie, Maria Spinelli Modugno – Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno: mediante un’ascesa interiore, mai disgiunta dall’adempimento del dovere della missione educativa, indirizzata alla conquista, da rinnovare continuamente, della libertà, della coscienza critica e della dignità della persona umana. Un’eredità pedagogica e morale da raccogliere e praticare con rinnovata lena anche, se non soprattutto, nelle scuole di ogni ordine e grado. 

Quella ‘coscienza critica’ di cui oggi – dopo oltre sessanta anni dalla sua morte – si avverte uno smisurato bisogno: VINCENZO ROBLES, da storico, con i suoi volumi, ne rende seriamente consapevoli noi tutt*, uomini del XXI secolo, persone di scuola e non.

4. EPILOGO “APERTO”

Più che un epilogo – per quanto aperto – mi piace avanzare una proposta concreta per continuare a riscoprire e valorizzare il pensiero di Giovanni Modugno nel XXI secolo. Mi piace avanzarla qui in un luogo simbolo della sua città natale, alla presenza delle autorità civili e religiose e di tanti illustri esperti.

Come si è diffuso nella scuola barese, pugliese ed italiana, forse melgré lui, il pensiero di Giovanni Modugno? A questa domanda,penso, si possa dare una risposta certa: attraverso i suoi studenti cui è toccato in sorte di averlo avuto come docente, prima a Corato, per sette anni, poi. dal 1920 al collocamento in quiescenza. presso l’Istituto Magistrale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari.

Essi hanno “abitato” ed “innervato” la scuola – segnatamente e prioritariamente quella elementare – barese, pugliese e non solo portando nella loro attività didattica e professionale gli insegnamenti ricevuti. Sarebbe molto interessante – non certo per mera erudizione storiografica – ricercare i loro nomi, la loro provenienza geografica attraverso i registri del prof. Giovanni Modugno, raccolti nell’archivio storico dell’istituto scolastico frequentato.

Consultando quell’archivio, tanto si potrebbe scoprire su Giovanni Modugno e sulla storia della scuola pugliese: potrebbe essere un ottimo argomento per un’efficace e non convenzionale attività di Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (vulgo PCTO, come negli acronimi di cui è saturo lo ‘scolastichese’, nota neolingua iniziatica), ovvero, anche per tesi di laurea (triennali, magistrali e di PhD) sicuramente molto interessanti e nietzscheanamente “inattuali”.

Del resto, l’influenza del pensiero di Giovanni Modugno,attraverso i suoi studenti del “Bianchi–Dottula”, ha anche travalicato anche i confini della scuola e della pedagogia: basti ricordare anche soltanto il nome di uno di loro, divenuto un Maestro del Diritto dell’Università degli studi di Bari (e tantissimo altro…), il prof. Renato Dell’Andro (1922 – 1990).

Ma questa sarebbe un’altra storia, che mi ricondurrebbe alla mia ormai remotissima adolescenza… 

5. BIBLIOGRAFIA

• AA.VV., Maestri del senso: competenze e passione per una scuola migliore, a cura di DE NITTI, CARLO e LAVERMICOCCA, CARLO, Bari 2023, Ecumenica editrice, di prossima pubblicazione;

• CAPORALE, VITTORIANO, Educazione e politica in Giovanni Modugno, Bari 1988, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Un pedagogista del Sud, Bari 1995, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Pedagogia Scienza della Vita, Bari, 1997, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, La proposta pedagogica di Giovanni Modugno, Bari, 2004, Cacucci;                                                                                                              

• CAPORALE, VITTORIANO, Pedagogia e vita di Giovanni Modugno, Bari 2006, Cacucci;

• CAPURSO, GIOVANNI, Due Maestri per il Sud: Gaetano Salvemini e Giovanni Modugno, Corato, 2022, SECOP;

• MICUNCO, GIUSEPPE, La buona battaglia. Santità e laicità in Giovanni Modugno, Bari, 2013, Stilo editrice;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno. Il volto umano del Vangelo, Bari, 2020, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno e il suo “rifugio”bresciano, Bari, 2022, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO – AUFIERO, ARMANDO, Giovanni Modugno: il volto umano del Vangelo in AA.VV., Op. cit.;

• SANTOMAURO, GAETANO, Giovanni Modugno attraverso gli inediti, «La Rassegna pugliese», 1969, 4-5, pp. 3 – 22;

• SARACINO, DOMENICO, Giovanni Modugno. Politica, cultura e spiritualità in un cercatore di Cristo, Bari 2006, Stilo editrice; 

• SPINELLI MODUGNO, MARIA, Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno, Bari 1967, Editoriale Universitaria.

Et si parva licet …

• DE NITTI, CARLO, La missione educativa di Giovanni Modugno e la sua attualità nel XXI secolo. Nota a margine di una recente biografia del pedagogista bitontino, ”Educazione & Scuola”, XXVI, marzo 2021, 1123;

• DE NITTI, CARLO, In difesa del Sud: storia dell’amicizia di due Maestri tra Molfetta e Bitonto, ”Educazione & Scuola”, XXVII, settembre 2022, 1141; 

• DE NITTI, CARLO, Giovanni Modugno: un “cercatore di Cristo”, apostolo dell’educazione, in VINCENZO ROBLES, Giovanni Modugno e il suo “rifugio” bresciano, Bari 2023, Edizioni Dal Sud, pp. 9 – 12.

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