“White Noise”, il capolavoro di Don DeLillo in apertura di Venezia

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La Mostra del Cinema di Venezia si è aperta con uno dei film più attesi della stagione: il regista americano Noah Baumbach ha inaugurato la kermesse lagunare con “White Noise”, uno dei tanti lungometraggi in competizione targati Netflix.
Alla base c’è il capolavoro letterario di Don DeLillo del 1985, adattato dallo stesso Baumbach in una trasposizione cinematografica che rimane profondamente fedele allo spirito del testo di partenza.

Protagonista è Jack Gladney, una vera e propria eminenza per quanto riguarda gli studi hitleriani, che insieme alla sua famiglia si trova ad affrontare problematiche grandi e piccole della vita di tutti i giorni. La sua esistenza e quella dei suoi cari cambia improvvisamente quando una nube nera si alza da terra verso il cielo: un tragico incidente chimico avvenuto a poca distanza dalla loro abitazione li costringe a scappare di casa in cerca di riparo.

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Diviso in tre parti (“Onde e radiazioni”, “Evento tossico aereo” e “Dylarama”) che seguono la scansione del romanzo, “White Noise” è un film in cui Baumbach torna a sviscerare tematiche che ha spesso affrontato nella sua carriera, inerenti alle relazioni genitori-figli e alle complesse dinamiche coniugali: attorno a questi argomenti si muovevano i suoi lungometraggi migliori – da “Il calamaro e la balena” a “Storia di un matrimonio” – ma in questo caso la sceneggiatura non nasce direttamente da una sua idea originale.

DeLillo

Affrontare DeLillo è materia tutt’altro che semplice (tra i precedenti adattamenti si ricorda “Cosmopolis” di David Cronenberg), ma Baumbach riesce nell’impresa pur smorzando purtroppo parte della profondità del romanzo.

Ironia e tragedia

Il grosso pregio di questo adattamento è quello di essere riuscito a mantenere il costante cambio di registro narrativo del testo, mescolando tragedia e satira, dramma e ironia in maniera mirabile.Alcuni momenti rischiano di risultare superficiali, soprattutto verso una parte conclusiva in cui cala in parte il coinvolgimento, ma il disegno complessivo regge alla distanza anche grazie alla capacità di Baumbach di trasmettere appieno la tensione e l’ossessione per la morte che colpisce i protagonisti.Seppur la vicenda sia profondamente legata agli anni Ottanta e all’America Reaganiana che racconta, sono numerosi gli echi che si collegano alla contemporaneità e a una società per molti versanti decisamente simile a quella descritta, seppur in chiave parossistica.

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