Compiti in estate? Assolutamente sì o meglio di no?
“L’educazione
non è preparazione alla vita; l’educazione è la vita
stessa”.
(John Dewey)
L’estate arriva sempre come la luce alla fine del tunnel per tanti studenti DSA, viene attesa come acqua fresca alla fine di un periodo
lunghissimo e torrido. Molti genitori si chiedono che cosa sia meglio per i loro figli: staccare completamente per tre mesi oppure restare in tiro tutta l’estate? Prima di dare un suggerimento,
vorrei analizzare entrambe le opinioni.
Tra i genitori sostenitori del completo distacco dal mondo della scuola ci sono coloro che hanno vissuto l’anno scolastico con molte problematicità: stare dietro ai figli,
ricordargli ogni singolo impegno quotidiano, fare nottate per imparare un capitolo di storia, finire una serie TV mentre si fanno le assonometrie cavaliere, diventare esperti in trattative
commerciali davanti al figlio che si rifiuta di alzarsi dal letto per affrontare l’ennesima verifica della settimana, ripassare dove va il cappello sulle divisioni, cos’erano i mitocondri e
disegnare quei fagioli dappertutto, riportare in colonna, stressarsi con le particelle pronominali o svenire dinanzi al riassunto della fenomenologia di Hegel, pieno di “cioè” e “tipo”! Con un
anno passato così è evidente che i primi a voler “staccare la spina” siano proprio i genitori. Come dar loro torto?
Tra i genitori sostenitori dell’impegno costante invece ci sono coloro che hanno vissuto con ansia l’anno appena trascorso e vivono nella paura che basti un niente per far fare
trecento passi indietro ai loro poveri figli. Allora incalzano con letture poco probabili sotto l’ombrellone, ogni acquisto al supermercato è un’occasione per rivedere percentuali, sconti,
divisioni e resti, ogni insetto deve essere categorizzato, di ogni pianta studiata la foglia e immaginata la diffusione geografica nel mondo, ogni redbull o cocacola bevuta è un’occasione di
ripasso di educazione alimentare fatta con Civica o si trasforma in un’indagine chimica sulla composizione. Questo perché magari i loro figli, trascorso un ponte più lungo del solito, si sono
dimenticati il teorema di Euclide o come si prosegue dopo “Rosa, rosae, rosae” oppure chi era il valvassino o qual è la capitale della Lituania. Se bastano due giorni di vuoto per
dimenticare queste informazioni, figuriamoci tre mesi! Come dar loro torto?
Insomma, entrambi torto non ce l’hanno, è evidente. Però forse qualcosa non è andato perfettamente durante l’anno e forse un supporto avrebbe alleggerito la situazione: un Tutor
ad esempio, una collaborazione più chiara e rilassata con i docenti, delle indicazioni su cosa è meglio o peggio per il proprio figlio, sapere dove e a chi chiedere informazioni sulla dislessia,
sul PDP e sulle normative (una consulenza pedagogica?).
Vivendo entrambe le esperienze con i genitori non mi sento di giudicarli, anzi. Mi sento però di consigliare loro di cercare e, possibilmente, di trovare una soluzione nel mezzo.
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