Bullismo: “Mia figlia voleva morire. La scuola è un fallimento”

Il bullismo a scuola esiste e fa male.

Ha scelto di raccontarlo Silvana, la mamma di una delle tante vittime di bullismo, con il suo libro-denunciaBullismo, quando la scuola diventa una trappola infernale“.

Un testo che porta alla luce episodi spiacevoli vissuti tra i banchi di scuola, che vanno raccontati e analizzati affinché si possano conoscere e superare.

L’esperienza da cui Silvana Gambino, insegnante siciliana residente a Cremona, ha deciso di cominciare è proprio quella di sua figlia, bullizzata da anni e caduta nella trappola della depressione.

Ha passato momenti terribili: ansia, attacchi di panico, ricoveri, episodi di autolesionismo. Mia figlia è troppo sensibile, non ce la faceva più. E’ grave ciò che sta accadendo, la scuola di oggi è un fallimento”.

Come racconta Cremona Oggi, la ragazza, che soffre di dislessia, già in prima media ha subito gli effetti di pesanti offese quali: “Puzzi, sei grassa”, “Fai schifo, vieni dalla discarica, perché non muori?”.

Messaggi di una crudeltà inaudita”, li ha definiti mamma Silvana.

I commenti dei compagni hanno avuto sin da subito un impatto psicologico devastante sulla ragazza. “Mia figlia è stata anche ricoverata”, ha detto Silvana, che ricorda il secondo anno di scuola media come il peggiore fra tutti. “Mi ha detto che voleva morire”, ha raccontato al quotidiano online di Cremona. “Ho fatto tanta fatica, ma sono riuscita a rimetterla in piedi. Per me, lei viene prima di tutto”.

La famiglia ha quindi scelto di far studiare la ragazza da casa ma, rientrata a scuola per il primo anno di scuola superiore, la situazione non era affatto cambiata.

Sono i bulli che hanno dei problemi, non mia figlia, ha continuato mamma Silvana.

Quest’anno, con il Covid, la giovane studentessa ha seguito le lezioni in Dad e accanto a lei c’era anche sua mamma che descrive con amarezza quanto ha osservato:

Anche davanti a me la prendevano ancora in giro. Era presente anche l’insegnante e non ha detto nulla. Il problema è che nella scuola c’è troppo lassismo, è tutto il sistema che non va. I più fragili devono essere protetti, mentre tutti si girano dall’altra parte. Gli insegnanti, i dirigenti scolastici, tutti. Sono anche andata dai carabinieri, ma mi hanno detto che, trattandosi di minorenni, non potevano fare nulla”.

Io non voglio pietismo, ha concluso Silvana Gambino, “sono arrabbiata con il sistema scolasticoDa settembre mia figlia andrà in una scuola privata”.

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Allarme stress dai 3 agli 11 anni: depressione, ritiro sociale, drop out scolastico, autolesionismo e tentativi di suicidio. Lo studio. INTERVISTA a Rosa Cappelluccio

Di Tiziana Morgese

“Molti studi sperimentali evidenziano che i nostri piccoli si confrontano con sovraccarichi stressanti in misura maggiore rispetto ai bambini delle generazioni precedenti, con una pesante ricaduta sulla personale qualità della vita e su tutto l’ambiante circostante, traducendosi in una evidente disregolazione emotiva e comportamentale”.

A supporto di quanto appena enunciato, anche i dati Istat rispetto alla crescita e maturazione di bambini e adolescenti dai 3 agli 11 anni sono allarmanti e disarmanti poiché si registrano notevoli aumenti di ansia, depressione, ritiro sociale, drop out scolastico, comportamenti dirompenti, disturbi dell’attenzione e dell’iperattività, disturbi dell’alimentazione, autolesionismo, tentativi di suicidio, aggressività, mancato rispetto delle regole, bullismo e cyberbullismo.
Disagi che sono emersi dal recente studio della Dott.ssa Rosa Cappelluccio, Psicologa e Psicoterapeuta dell’età evolutiva, che ha condotto e concluso, in Campania, il primo progetto di sperimentazione e ricerca, condotto in 12 scuole secondarie di primo e secondo grado della Regione. Una ricerca che ha messo in luce i dati, confortanti, nell’utilizzo sia del protocollo DBT-Adolescenti che DBT-Bambini, “quest’ultimo messo a punto e strutturato personalmente con il fine di contribuire a modellare l’evoluzione psicologica, biologica e interpersonale dei piccoli intervenendo sulle persone che interagiscono con loro nei più svariati contesti: la famiglia, la scuola, il centro ricreativo e il setting terapeutico”.
Il programma DBT-Bambini al Primo Congresso Nazionale CBT-Italia (Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale) è stato presentato prima in Italia e pochi giorni fa anche in Corea del Sud, al 10th World Congress of Cognitive and Behavioral Therapies. Il suo innovativo lavoro è stato particolarmente apprezzato da tutta la Comunità Scientifica ed è stato richiesto anche in Romania. Rosa Cappelluccio ne ha parlato, in anteprima, a Orizzonte Scuola.
Dottoressa, intanto ci spieghi che cosa è esattamente la disregolazione emotiva?
La disregolazione emotiva è un costrutto transdiagnostico usato per indicare un’alterazione delle strategie che modulano la manifestazione delle emozioni e modellano le reazioni affettive e comportamentali in diverse situazioni. Come direbbe la Linehan, “la disregolazione rappresenta il fallimento della regolazione emotiva manifestandosi con l’incapacità di regolare e di ricondurre all’equilibrio e al bilanciamento stimoli, esperienze, azioni, risposte verbali all’evento che ha innescato l’attivazione emotiva” (Linehan, 2015b).
È in pratica il concetto centrale nella Dialectical Behavior Therapy (DBT), terapia cognitivo-comportamentale ideata dalla stessa Marsha Linehan primariamente per pazienti borderline e con tendenze suicidarie, manualizzata in un secondo momento per molti altri disturbi. Secondo la teoria della Linehan, il nucleo centrale del disturbo è da ricercarsi nella disfunzione del sistema di regolazione delle emozioni, disfunzione che ha le sue radici nel triste connubio tra una vulnerabilità emotiva biologicamente determinata e un ambiente invalidante. Questo deficit determina un’imprevedibilità e un’impulsività nei comportamenti della persona. Inoltre, si verifica un fallimento del pensiero dialettico, si fallisce cioè nel riconoscere che esistono verità relative. Nei miei studi pilota ho deciso di applicare i principi della DBT sia come intervento di prevenzione con una popolazione infantile scevra da problematiche e sintomatologie, col chiaro fine di dotare diversi set di skills per equipaggiare, con efficacia, alla intrinseca difficoltà della vita. Il programma DBT-Bambini è, dunque, un intervento che può apportare giovamento anche in situazioni non problematiche poiché equipaggia i bambini e i relativi adulti di riferimento, di abilità e di strategie utili per regolare emozioni e comportamenti, per migliorare le relazioni interpersonali e le capacità di risoluzione dei problemi. La DBT-Bambini è, inoltre, particolarmente indicata in caso di difficoltà e di problemi di salute mentale, sia nella fase iniziale di insorgenza sia nella fase più acuta e nelle manifestazioni più gravi, angosciose e rischiose.
Come si articola esattamente il progetto da lei condotto?
Il programma si compone di 16 incontri a cadenza settimanale per circa un’ora con due o tre operatori per classe, durante i quali s’insegnano le quattro abilità nucleari della DBT Mindfulness, Tolleranza della Sofferenza, Regolazione Emotiva ed Efficacia Interpersonale, adattate all’età evolutiva. Coerentemente con quanto emerso dalla letteratura, si è scelto di includere nel protocollo di insegnamento delle abilità sia insegnanti che genitori, affinché divenissero consapevoli dell’importanza di tali abilità di regolazione emotiva e ne diventassero esperti a loro volta, in un’ottica di empirismo collaborativo.
Quali sono stati i risultati?
I risultati preliminari dei primi studi pilota mostrano una forte riduzione in numerose aree sintomatologiche ed incremento di varie abilità, valutate dai questionari CBCL e BRIEF, mostrando come la DBT abbia sortito effetti statisticamente significativi, globalmente positivi sullo sviluppo dei bambini. È inoltre risultata fattibile e ben accettata da caregivers e dagli insegnanti. La positività dei risultati, pur solo iniziali, sottolinea come l’utilizzo della DBT in età evolutiva possa offrire evidenti opportunità per favorire e potenziare nei bambini e nei preadolescenti tutte le abilità e le strategie utili, non solo nella regolazione emotiva, ma anche e soprattutto nella gestione delle pressioni e degli stress di vita quotidiana, a cui i giovani vengono esposti sempre più frequentemente. Emerge infatti come la DBT abbia favorito l’incremento delle abilità interpersonali, della flessibilità cognitiva e della metacognizione, innescando un meccanismo virtuoso in bambini e adolescenti. Ma si è visto anche quanto possa aiutare nella prevenzione dei comportamenti impulsivi e aggressivi che coinvolgono sempre più giovani, e bambini, specie dopo l’isolamento dovuto alla pandemia. Mi lasci dire che i dati emersi permettono di ipotizzare un possibile futuro utilizzo sistematico, inteso in ottica di prevenzione primaria, da inserire in percorsi virtuosi di rete di sostegno allo sviluppo psicologico sano.
I dati Istat confermano come fenomeni di questo tipo siano in crescita esponenziale, quanto conta il supporto della famiglia e che ruolo deve avere la scuola?
L’ambiente familiare e scolastico è parte fondante nella maturazione dei piccoli poiché dalla nascita in poi si essi si regolano attraverso i caregivers. I grandi, sia nell’ambiente familiare che scolastico, insegnano la regolazione emotiva per cui è importante che siano adulti attenti, scrupolosi e consapevoli. Altresì, hanno la necessità di incrementare un ascolto attento, autentico, validante e non giudicante.
Il suo studio è stato presentato recentemente anche all’estero. Quale è la situazione negli altri paesi e quali sono le differenze con la scuola italiana?
All’estero (soprattutto in America ma non solo) programmi innovativi, completi ed esaustivi come la DBT-Bambini sono curriculari da svariati anni perché si agisce in un’ottica preventiva. Lavorare sulla costruzione della cultura della prevenzione significa incidere positivamente sulla maturazione psicofisiologica ed emotiva dei bambini prima ancora che il disagio o la patologia insorgano.
Qualche giorno fa il ministro dell’Istruzione Valditara ha incontrato il Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi per parlare proprio dell’aumento di problemi di salute mentale tra i giovani studenti. Focus dell’incontro gli episodi di violenza ai danni dei professori dopo l’ultimo ed efferato atto che ha sconvolto l’Italia ai danni della professoressa di Abbiategrasso. Quanto conta avere a disposizione della scuola uno psicologo e, soprattutto, che tipo di figura deve essere?
Negli ultimi tempi, lo psicologo scolastico si aggira con più spiccata leggiadria tra i banchi di scuola; fino a qualche anno fa si aggirava, anche se raramente succedeva, con timidezza poiché osservato in maniera guardinga e sospettosa. È una figura preziosa che mira ad occuparsi della prevenzione, della promozione e delle risorse psicologiche di allievi e allieve che troppe volte sono spaventati e disorientati anche quando sembra andare tutto bene. La situazione attuale è preoccupante perché intrisa di emergenze allarmanti basate sull’aggressività e sulla violenza a tutti i livelli. Gli adulti della scuola oggi sono disarmati e sentono di essere impotenti dinanzi a casi come quello della professoressa accoltellata poco tempo fa. La psicologia non può e non deve però operare in solitudine quanto piuttosto in collaborazione con gli altri adulti del sistema ed è per questo che informa e forma genitori e insegnanti, creando una squadra che possa prendere per mano i nostri bambini e ragazzi con sapienza e coscienza, senza giudicarli nel loro valore ma accompagnandoli nella ricerca di se stessi.

Pubblicato in Studenti

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