Luca Berdondini: “Il mio chip da impiantare nel cervello è più potente di quello di Musk”

Sta sviluppando un microchip da impiantare nel cervello, più avanzato di quello di Elon Musk e della sua Neuralink.  E lo sta facendo dall’Italia con Corticale, startup nata nell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova. Lui è Luca Berdondini, scienziato svizzero, che pur avendo tutte le porte del mondo aperte davanti a sé, ha scelto il nostro Paese per sviluppare tecnologie avanzate nel campo delle neuroscienze. Il chip nel cervello decodifica l’intenzione del movimento e la traduce in azione, dando comandi a sistemi di assistenza robotici, come per esempio le protesi neuro-robotiche. Una tecnologia che migliorerà la vita di chi ha disfunzioni motorie. Eppure l’annuncio di Elon Musk a fine gennaio su X: “Neuralink ha impiantato il primo chip in un cervello umano”, ha destato clamore e dubbi etici. Perché? “Perché Musk comunica scrivendo un Tweet. Perché non conosciamo esattamente le sue intenzioni e questa è una tecnologia che ha

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Neuralink: cervello umano e computer connessi

Qualche ora fa Elon Musk ha comunicato che Neuralink, l’azienda che sta sviluppando l’applicazione di microchip al cervello umano affinché possa essere collegato a un computer, ha installato per la prima volta un dispositivo del genere in un paziente. Ma come siamo arrivati fin qui? Come “funziona” Neuralink? Vi riproponiamo un articolo che abbiamo pubblicato qualche mese fa, quando l’azienda aveva avuto l’autorizzazione dall’ente regolatore americano per procedere con i primi test sul’uomo.

Computer e cervello umano che comunicano tramite l’uso di un chip. Fantascienza? Non più. Neuralink, start-up di proprietà del discusso imprenditore americano Elon Musk, sarebbe a un passo dal connettere le menti di un gruppo di volontari ai suoi computer, al fine di farle interagire in tempo reale con l’Intelligenza Artificiale.
L’account ufficiale di Neuralink su Twitter, infatti, il 26 maggio scorso ha annunciato di aver ricevuto l’autorizzazione dell’Fda (Food and Drug Administration, l’autorità di regolamentazione statunitense in materia di salute) a testare la propria tecnologia sugli esseri umani, sottolineando al contempo di non aver ancora avviato le procedure per il reclutamento dei volontari.

We are excited to share that we have received the FDA’s approval to launch our first-in-human clinical study!This is the result of incredible work by the Neuralink team in close collaboration with the FDA and represents an important first step that will one day allow our…— Neuralink (@neuralink) May 25, 2023

UN PRIMO PASSO PER…? «Siamo entusiasti di condividere l’ottenuta approvazione da parte della Fda per avviare il nostro primo studio clinico su esseri umani!», si legge nel breve messaggio di testo. «Questo è il risultato di un incredibile lavoro svolto dal team di Neuralink in stretta collaborazione con la Fda e rappresenta un importante primo passo che permetterà un giorno alla nostra tecnologia di aiutare molte persone. La fase di reclutamento per il nostro trial clinico non è ancora aperta. Presto annunceremo ulteriori informazioni in merito!».
Ma di che cosa si tratta? L’azienda californiana, fondata nel 2016 (ne avevamo già parlato qui), si occupa di progettare e impiantare dispositivi elettronici direttamente sotto la cute, e di connettere il cervello con software appositamente creati. I primi prototipi, delle dimensioni di una moneta, sono stati inseriti nel cranio di una coppia di maialini e di alcune scimmie, e pare che queste ultime siano adesso in grado di giocare a basilari videogame o di digitare parole sullo schermo, manovrando un cursore grazie al semplice movimento degli occhi: un risultato promettente.

IN SIMBIOSI CON IA. Questi, però, sono solo i primi gradini di una scala molto più lunga. Nell’idea di chi dirige la società privata con sede a Fremont (California), i prossimi passi prevedono una connessione sempre più radicata, che porti infine a manovrare elementi robotici e a dirigere quelli informatici con la sola forza del pensiero.

L’obiettivo primario sarebbe di aiutare persone paralizzate o affette da malattie neurologiche a tornare a muoversi e a comunicare. Uno scopo nobile ma che si intreccia con complicate questioni etiche e morali, che peraltro trapelano dalle parole di Elon Musk, secondo cui questi chip dovrebbero consentire all’umanità di raggiungere una “simbiosi con l’Intelligenza Artificiale”.

SE NON ORA, QUANDO? L’affermazione di Musk – seppure datata, visto che le parole sono state pronunciate alla conferenza annuale dell’azienda nel 2020 – torna di prepotente attualità in un periodo storico in cui le Intelligenze Artificiali sono al centro del dibattito. «Siamo fiduciosi che il dispositivo di Neuralink sia pronto per l’uomo», ha invece affermato più recentemente il proprietario di Tesla, Space X e Twitter in un tweet di fine novembre 2022.
«Le tempistiche dipendono solo dal processo di approvazione della FDA». E ora che l’approvazione è arrivata, staremo tutti a vedere cosa succederà. Per ora Musk si è limitato a fare le congratulazioni pubbliche al team di Neuralink, come di consueto, sulla sua piattaforma social.

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L’invasione delle nano macchine

Danza di sinapsi

Danza di sinapsiVerso una nuova didattica educativa

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Introduzione

Sinapsi danzanti, al ritmo delle reti neurali dell’Intelligenza Artificiale, illuminano il panorama di un’era in cui la tecnologia avanza inesorabilmente, quasi in punta di piedi, lasciando dietro di sé un’umanità spesso impreparata ad accoglierla. Tuttavia, in questo vortice di innovazione, emergono con forza le connessioni profonde create dalle tecnologie che ci permettono di accedere a internet, rete delle reti, che siano computer, smartphone, tablet o smartwatch. Viviamo in un tempo segnato da profonde contraddizioni, dove la bionica e la robotica sono ormai realtà concrete, e dove il metaverso inizia lentamente a dissolvere i confini tra il reale e il virtuale.

Questo nostro tempo è caratterizzato da nostalgici ritorni al passato e a metodi secolari d’insegnamento, che si contrappongono a investimenti senza precedenti nelle tecnologie didattiche. Ambienti di apprendimento sempre più digitali si scontrano con una popolazione di analfabeti digitali, che difficilmente riusciranno a sfruttare appieno i nuovi strumenti prima che questi diventino superati e obsoleti. Basti pensare alla storia delle LIM (Lavagne Interattive Multimediali): pochi le hanno davvero utilizzate appieno, mentre molti si sono limitati a considerarle come semplici sostituti dei proiettori, non riuscendo a sfruttarne il potenziale.

Eppure, in questo panorama di luci e ombre, le Neuroscienze hanno compiuto passi da gigante negli ultimi anni, integrandosi con lo sviluppo delle scienze cognitive. Questo progresso ha portato alla creazione di nuovi approcci didattici finalizzati alla realizzazione di ambienti di apprendimento ideali per ogni studente. Le Neuroscienze ci insegnano che ogni cervello è unico e che la didattica deve essere personalizzata per rispondere alle esigenze individuali. Questo significa formare una nuova generazione di insegnanti capaci di andare oltre la didattica trasmissiva, utilizzando in modo efficace la tecnologia e le nuove scoperte per garantire un successo formativo certo agli studenti.

Le neuroscienze, con la loro bellezza e complessità, ci svelano i misteri del cervello umano, un organo straordinariamente plastico e adattabile. Scopriamo che l’apprendimento non è un processo lineare, ma una danza sinaptica, una coreografia intricata che coinvolge emozioni, motivazioni e contesti ambientali. Ogni nuova scoperta ci avvicina di più a comprendere come creiamo e manteniamo i ricordi, come sviluppiamo le competenze e come possiamo sostenere ogni studente nel suo percorso di crescita.

In questo scenario, l’entusiasmo per le neuroscienze non è solo accademico, ma profondamente umano. Ogni connessione sinaptica che comprendiamo, ogni rete neurale che mappiamo, ci avvicina di più a un futuro in cui la didattica non è solo trasmissione di conoscenze, ma un viaggio condiviso verso la realizzazione del potenziale umano. È una chiamata all’azione per educatori, ricercatori e studenti, affinché si uniscano in un impegno collettivo per costruire un mondo in cui la tecnologia e la scienza lavorano in armonia con le aspirazioni umane, per creare ambienti di apprendimento che siano non solo efficienti, ma anche profondamente umani.

Oltre il Velo della Mente: La Danza delle Neuroscienze

Le neuroscienze, con la loro capacità di penetrare i misteri del sistema nervoso, ci offrono una lente attraverso cui osservare il cervello umano, questa meraviglia biologica che governa ogni aspetto del nostro essere. È attraverso lo studio delle sue intricate reti neuronali che scopriamo come impariamo, ricordiamo e trasformiamo le informazioni in conoscenza viva. Tra le scoperte più affascinanti vi è quella della plasticità cerebrale, un fenomeno che rivela la straordinaria capacità del cervello di riorganizzarsi e adattarsi in risposta alle esperienze.

La plasticità cerebrale ci racconta una storia di cambiamento e adattamento continuo. Immaginiamo il cervello come un paesaggio in costante mutamento, dove i sentieri neuronali si costruiscono e si demoliscono, si rinforzano e si ridimensionano, a seconda delle esperienze e degli stimoli che riceviamo. Ogni nuova esperienza, ogni nuovo apprendimento, lasciano un’impronta, modificano le connessioni sinaptiche, creano nuove vie attraverso cui i pensieri possono fluire. Questa dinamica continua di costruzione e ricostruzione ci dice che l’apprendimento non è mai statico, ma un viaggio perpetuo di scoperta e crescita.

Questa comprensione della plasticità cerebrale ha profonde implicazioni per l’educazione. Se il cervello è capace di adattarsi e trasformarsi, allora l’insegnamento deve essere altrettanto flessibile. L’educazione non può più essere vista come un semplice trasferimento di conoscenze predefinite, ma deve diventare un processo fluido, in grado di rispondere alle esigenze e alle esperienze uniche di ogni studente. Deve essere capace di stimolare il cervello in modi che siano significativi, rilevanti e coinvolgenti.

L’Intersezione del Pensiero: Neuroscienze e Scienze Cognitive

Gli studi cognitivi, concentrandosi sui processi mentali come la percezione, la memoria, l’attenzione e il linguaggio, offrono una mappa dettagliata delle funzioni della mente. Le neuroscienze, invece, penetrano i misteri biologici che sottendono questi processi, rivelando i meccanismi profondi che li governano. L’integrazione di queste due discipline ci permette di ottenere una comprensione più completa e sfumata del cervello e della mente, creando una base solida per sviluppare strategie didattiche che siano al contempo efficaci e mirate.

La percezione e l’attenzione, ad esempio, sono processi selettivi che influenzano in modo determinante l’apprendimento. Le neuroscienze cognitive hanno dimostrato come il concetto di “carico cognitivo” giochi un ruolo cruciale: sovraccaricare gli studenti con troppe informazioni contemporaneamente può ostacolare la loro capacità di comprendere e memorizzare. Invece, segmentare le informazioni in parti gestibili e utilizzare elementi visivi e uditivi per mantenere alta l’attenzione, può migliorare significativamente il processo di apprendimento. Immaginiamo un’aula dove le lezioni sono progettate non solo per trasmettere informazioni, ma per farlo in modo che il cervello degli studenti possa processarle efficacemente, senza essere sopraffatto.

La memoria, componente essenziale dell’apprendimento, segue un percorso complesso che va dall’acquisizione delle informazioni al loro consolidamento e recupero. Gli studi cognitivi ci mostrano queste fasi, mentre le neuroscienze chiariscono i meccanismi cerebrali sottostanti, come il ruolo dell’ippocampo nella formazione dei ricordi a lungo termine. Le tecniche didattiche che incorporano ripetizioni spaziate nel tempo e il recupero attivo delle informazioni sfruttano questi meccanismi naturali del cervello, potenziando la ritenzione delle conoscenze. Immaginiamo ora un ambiente educativo dove le lezioni sono strutturate in modo tale da favorire questi processi di consolidamento, con ripetizioni intelligenti e attività che stimolano il recupero attivo delle informazioni.

La metacognizione, o la consapevolezza e il controllo dei propri processi cognitivi, è un altro pilastro fondamentale per l’apprendimento efficace. Insegnare agli studenti strategie metacognitive, come la pianificazione, il monitoraggio e la valutazione del proprio apprendimento, può migliorare significativamente la loro autonomia e le capacità di problem-solving. Le neuroscienze cognitive suggeriscono che questi approcci non solo aiutano gli studenti a diventare più consapevoli dei propri processi mentali, ma anche a gestire meglio le loro risorse cognitive, rendendo l’apprendimento più efficiente e personalizzato. Immaginiamo quindi una didattica che non si limiti a trasmettere nozioni, ma che insegni anche come pensare, come riflettere sul proprio processo di apprendimento e come migliorarlo continuamente.

Neuroscienze in Aula: Una Sinfonia di Apprendimento

Le neuroscienze ci raccontano una storia profonda e affascinante su come apprendiamo, rivelando che ogni studente possiede un modo unico e irripetibile di assimilare il sapere. Immaginiamo una scuola dove le tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale, diventano alleate preziose nel creare percorsi di apprendimento personalizzati. Ogni studente può essere guidato attraverso un cammino educativo che tiene conto delle sue specifiche esigenze, dei suoi punti di forza e delle sue passioni. Questo non solo aumenterebbe la motivazione, ma renderebbe l’apprendimento un’esperienza profondamente efficace e gratificante.

Ma c’è di più: le emozioni giocano un ruolo cruciale in questo viaggio. Gli studi neuroscientifici ci insegnano che emozioni positive, come la gioia e l’entusiasmo, possono agire come potenti catalizzatori per la memorizzazione e la comprensione dei concetti. Un ambiente scolastico che coltiva il benessere emotivo diventa così un terreno fertile dove le menti possono fiorire. Pratiche di mindfulness, tecniche di gestione dello stress e un curriculum che valorizzi le competenze socio-emotive sono strumenti essenziali per creare questo ambiente. In una scuola così, l’apprendimento diventa non solo un processo cognitivo, ma anche un’esperienza emotiva positiva.

E poi c’è la memoria, quella componente essenziale dell’apprendimento che ci permette di trattenere e richiamare le informazioni nel tempo. Le neuroscienze ci suggeriscono che la ripetizione spaziata e il recupero attivo delle informazioni sono strategie potenti per consolidare la memoria a lungo termine. Gli insegnanti, con questa conoscenza, possono pianificare le lezioni in modo da massimizzare la ritenzione delle informazioni, creando un ciclo continuo di apprendimento e rafforzamento.

Infine, il cervello apprende meglio quando viene stimolato in modo multisensoriale. Un’aula moderna e futuristica trasforma l’educazione in un’esperienza sensoriale senza precedenti. Le pareti dell’aula, animate da schermi interattivi, pulsano di vita, mostrando contenuti educativi in tempo reale, pronti a rispondere al tocco curioso degli studenti. Le scrivanie, con superfici tattili avanzate, invitano a esplorare modelli 3D virtuali, rendendo tangibili concetti complessi e astratti.

Nel cuore dell’aula, un santuario di realtà aumentata e virtuale attende. Qui, gli studenti indossano visori VR e vengono catapultati in mondi straordinari, da intricati laboratori di scienze a antichi siti storici ricostruiti con precisione. I suoni ambientali, perfettamente sincronizzati con le esperienze visive e tattili, avvolgono gli studenti, trasformando l’apprendimento in un’avventura coinvolgente e dinamica.

In questo spazio, la tecnologia non è un mero strumento, ma un compagno vibrante nell’odissea dell’apprendimento. Essa accende la curiosità e alimenta la creatività, facendo di ogni lezione un viaggio emozionante e indimenticabile. La realtà aumentata e virtuale aprono portali verso universi lontani, rendendo i concetti più complessi accessibili e comprensibili attraverso esperienze immersive e pratiche.

In questo ambiente magico, l’apprendimento si eleva a un’avventura multisensoriale, dove ogni senso, stimolato e coinvolto, contribuisce a costruire una comprensione profonda e duratura del mondo. Le lezioni diventano racconti epici, le conoscenze acquisite si intrecciano con emozioni vivide, e ogni giorno di scuola si trasforma in un capitolo straordinario della grande storia della conoscenza.

Conclusione

Nonostante le infinite potenzialità, l’integrazione delle neuroscienze nell’educazione incontra sfide formidabili. C’è la necessità imperiosa di formare adeguatamente gli insegnanti, affinché possano abbracciare e applicare le scoperte neuroscientifiche con la maestria di un artigiano che plasma l’argilla. Ma c’è di più: la delicatezza delle implicazioni etiche, come la privacy degli studenti e l’uso responsabile delle tecnologie, ci richiede una prudenza amorevole e una saggezza profonda.

Le neuroscienze offrono un’opportunità unica per rivoluzionare il sistema educativo, trasformandolo in un organismo vivente, vibrante, in perfetta sintonia con le esigenze del nostro tempo. Immaginiamo di applicare le conoscenze sul funzionamento del cervello per sviluppare strategie didattiche che non solo migliorano l’apprendimento, ma che accendono la scintilla della motivazione e nutrono il benessere emotivo degli studenti. Tuttavia, queste meravigliose innovazioni devono essere affrontate con un approccio etico e consapevole, garantendo che ogni passo avanti sia compiuto in modo responsabile e inclusivo.

Eppure, nonostante tutto, ecco mille classi, mille alunni, tantissimi docenti, che giorno dopo giorno, anno dopo anno, reiterano lo stesso rituale. Le lezioni si ripetono nella loro identica ritualità, come una danza antica, ciclica, inesorabile. Si ripetono, rinascendo come una fenice dai ricordi degli insegnanti, che rivedono se stessi bambini, seduti nei banchi di scuola. Un rito semplice, fatto di lezioni frontali, compiti per casa, interrogazioni e compiti in classe. Un rito che, reiterandosi, celebra se stesso, rendendo vane tutte le meraviglie pedagogiche, cognitive, scientifiche e neuroscientifiche che il nostro tempo ci offre.

È come se il tempo si fosse fermato, un perpetuo ritorno all’uguale, una liturgia educativa che resiste al cambiamento. Eppure, il mondo fuori corre veloce, evolve, si trasforma. Le neuroscienze ci hanno mostrato che l’apprendimento è un processo dinamico, un continuo divenire. La plasticità cerebrale ci invita a innovare, a creare, a esplorare nuovi modi di insegnare e apprendere. Ma nella sacralità della classe, spesso, tutto rimane immutato, in un’eco infinita di passato.

Possiamo immaginare un futuro diverso, dove le aule siano vivaci fucine di idee, dove le tecnologie si integrino armoniosamente con la didattica, dove ogni studente sia visto e valorizzato nella sua unicità. Un futuro in cui l’educazione sia una danza armoniosa tra scienza e arte, tra rigore e creatività, tra tradizione e innovazione. Un futuro dove le neuroscienze non siano solo una promessa lontana, ma una realtà viva, pulsante, che trasforma ogni giorno la vita degli studenti e degli insegnanti.

Perché, in fondo, l’educazione è questo: un atto d’amore, un impegno verso il futuro, un sogno che diventa realtà. E le neuroscienze sono il soffio vitale che può risvegliare questo sogno, che può farci volare alto, oltre i confini del conosciuto, verso un orizzonte di infinite possibilità.

Fonti

Eric R. Kandel, “In Search of Memory: The Emergence of a New Science of Mind”, W. W. Norton & Company, 2007.

Howard Gardner, “Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences”, Basic Books, 1983.

Carol S. Dweck, “Mindset: The New Psychology of Success”, Random House, 2006.

Stanislas Dehaene, “How We Learn: Why Brains Learn Better Than Any Machine…for Now”, Viking, 2020.

John Hattie, “Visible Learning: A Synthesis of Over 800 Meta-Analyses Relating to Achievement”, Routledge, 2008.

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