Google licenzia i dipendenti per aver fatto un sit in contro un progetto con Israele

La protesta contro il software Nimbus, sviluppato in collaborazione con Amazon e il governo di Tel Aviv. Nove persone sono state arrestate e dopo gli arresti Menlo Park ha deciso di licenziare 28 lavoratori

Martedì nove dipendenti di Google sono stati arrestati dopo aver organizzato una protesta negli uffici di New York e di Sunnyvale, in California. Protestavano contro Nimbus, un progetto da oltre un miliardo di dollari che Google porta avanti da tre anni per il governo israeliano, in particolare per alcuni ministeri, con la collaborazione di Amazon. Nimbus sta creando un potente sistema cloud che aiuti il governo israeliano a gestire, per esempio, massicce analisi di dati. I manifestanti non accettano di vendere tecnologie a Israele, tecnologie di cloud-computing e di intelligenza artificiale che, a detta loro, potrebbero essere usate per facilitare operazioni legate alla guerra a Gaza, soprattutto in materia di sorveglianza. Ai sit-in c’erano cartelli che dicevano “No AI for military”, e “No Cloud for Genocide”.
 

Un’opposizione interna a Menlo Park sulla vendita di prodotti a Israele c’era già stata quando il contratto con il governo era stato firmato, nel 2021. Con lo svilupparsi del conflitto, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, le critiche sono diventate più forti, fino ad arrivare alla protesta e alla necessità di dover coinvolgere le forze dell’ordine quando alcuni dipendenti hanno occupato gli uffici dei manager – “impedendo agli altri di lavorare”, dice l’amministrazione.
 

In seguito agli arresti, Google ha licenziato 28 persone: molti fanno parte del gruppo “No Tech for Apartheid” e sono convinti che i loro prodotti possano, come hanno dichiarato, “aumentare il livello di dislocamento e discriminazione del popolo palestinese”. Il gruppo ha già contattato gli avvocati per vedere se c’è lo spazio per intentare una causa verso l’ex datore di lavoro. “È un’escalation gigantesca rispetto a come Google risponde alle critiche dei suoi dipendenti”, ha detto un dipendente dell’azienda. Un’ingegnere di software era già stata licenziata a marzo dopo aver interrotto una conferenza per attaccare il capo di Google Israele proprio sul progetto Nimbus. “Mi rifiuto di costruire tecnologie che alimentano un genocidio”, aveva urlato.
 

I quadri di Google ci tengono a specificare che Nimbus non ha a che fare con armi o con altri prodotti di intelligence, ma che fornisce tecnologie e consulenze ai ministeri delle Finanze, della Salute, dei Trasporti e dell’Istruzione. Dopo che i militari israeliani hanno ammesso di usare dei sistemi di intelligenza artificiale per selezionare gli obiettivi per alcuni attacchi aerei a Gaza, alcuni dipendenti di Google dicono che potrebbero essere stati usati i loro sistemi, anche se non ci sono prove. Alcuni criticano l’assenza di potere che l’azienda ha nel monitorare l’uso dei nuovi sistemi di computing creati per il governo israeliano. “Quale assicurazione abbiamo che i nostri clienti non abusino di queste tecnologie per scopi militari?”, ha chiesto un tecnico del laboratorio di Google DeepMind.

L’inchiesta dentro Amazon

Dentro Amazon, che è l’altra azienda coinvolta nel progetto per il governo israeliano, le proteste non hanno avuto ancora grossi effetti, ma i dipendenti anti Nimbus vogliono far partire un’investigazione ufficiale per capire se i loro prodotti di cloud storage e computer vision “contribuiranno alla violazione di diritti umani o di leggi internazionali umanitarie da parte del governo israeliano”, si legge nel comunicato. Nel 2018 alcuni dipendenti di Google erano riusciti a bloccare un accordo simile, facendo saltare il progetto Maven che avrebbe aiutato il dipartimento della Difesa americano ad analizzare meglio i video dei droni militari. Il contratto stipulato però tra il governo israeliano e le due compagnie tech dice chiaramente che non si potrà recedere per via di pressioni pubbliche.
 

È l’ennesimo caso di un trend socio-politico che da ottobre sta creando importanti fratture nella società americana, una polarizzazione che sta colpendo il presidente Joe Biden nei sondaggi; per la prima volta un evento geopolitico sta dividendo il pubblico a livelli mai visti, dal Congresso a Hollywood, dalle università Ivy League al mondo tech

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