L’Arabia Saudita ridimensiona le aspettative sul progetto The Line

Bin Salman aveva ideato una città a forma di linea, di vetro e acciaio, lunga 170 chilometri come parte del progetto urbanistico Neom. Il tutto doveva diventare realtà entro il 2030, ma ora il rischio è che ne venga realizzato appena l’1 per cento

Una città a forma di linea, tutta di vetro e acciaio, lunga 170 chilometri. Era questa l’idea alla base di The Line, progetto presentato dalla corona dell’Arabia Saudita nel gennaio 2021 come parte di Neom, un enorme piano urbanistico che avrebbe dovuto diventare realtà entro il 2030. Il condizionale è d’obbligo perché questa settimana le aspettative legate al progetto sono state ridotte, e non di poco: nel luglio del 2022 il principe saudita Mohammed bin Salman aveva previsto 1,5 milioni di abitanti entro il 2030; pochi giorni fa la cifra è scesa a 300 mila. Ma è la lunghezza della futuristica linea ad aver subito l’impatto peggiore con la realtà dei fatti: entro la data fatidica saranno infatti completati solo 2,4 chilometri dei 170 previsti, ovvero l’1,4 per cento.
 

È un duro colpo per il principe, che sul progetto Neom ha puntato molto, sia in termini d’immagine sia, soprattutto, economici, visto che Neom potrebbe arrivare a costare circa 500 miliardi di dollari. Una fortuna per cui nemmeno i petrodollari bastano, spingendo la corona saudita a indebitarsi: a inizio anno il governo ha annunciato che il debito pubblico del paese aumenterà fino a raggiungere il 26,5 per cento del pil, una percentuale molto bassa per gli standard nostrani ma che è in continuo aumento per finanziare i “megaprogetti” con cui il principe vuole incentivare i settori che non dipendono dai combustibili fossili.
 

Al centro di questa conversione c’è proprio Neom, una sorta di nuova Atlantide che dovrebbe sorgere nella regione di Tabuk, a nord del Mar Rosso e a est dell’Egitto, in una posizione strategica ma attualmente desertica. Dentro Neom – nome che fonde la parola “nuovo” con le iniziali di Salman – c’è di tutto: città galleggianti, un’isola per turisti chiamata Sindalah, una meta sciistica, e anche The Line. Per presentare quest’ultima città, i video e i documenti ufficiali tirano in ballo l’idea di città del futuro e di “smart city”.
 

Quello della smart city è ormai un concetto tanto abusato quanto ingiustamente temuto da alcuni, ma viene usato per indicare un ripensamento del rapporto dei cittadini con la città, la sua gestione e il tessuto urbano, anche grazie alla tecnologia. Spesso se ne parla anche in riferimento alla “città a 15 minuti”, modello urbanistico sposato dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo, in cui tutti i servizi fondamentali sono sparsi tra centro e periferia, in modo da rendere ciascun quartiere il più possibile indipendente. Non proprio The Line, quindi.
 

Nonostante questo, l’idea ha sin da subito attirato le attenzioni dei media. “Una rivoluzione della civiltà”, l’aveva definita un video caricato sul canale YouTube di Neom, con immagini della città ricoperta di specchi tra le sabbie: era lo scorso febbraio, negli stessi giorni in cui delle immagini aeree sembravano dimostrare l’inizio dei lavori per la città del futuro. Bei tempi. A onor del vero, però, le voci critiche sul progetto non sono mai mancate: l’architetto e urbanista Etienne Bou Abdo, ad esempio, aveva notato sin da subito che “le immagini 3D presentate non sono immagini 3D di architetti tradizionali” e sembravano più adatte a un videogioco.
 

Quanto alla forma scelta, The Line sembra rifarsi a idee diffuse già alla fine dell’Ottocento come la “città lineare” proposta dall’architetto spagnolo Arturo Soria nel 1882. La sua “ciudad lineal” si sarebbe sviluppata in un’unica direzione, permettendo il trasporto via treno (proprio come nel progetto saudita, che però includeva l’alta velocità). Anche Le Corbusier propose una città sviluppata lungo un’autostrada per la città di Algeri, negli anni Trenta, ma fu rifiutato. The Line ricorda infine una versione distopica delle opere del collettivo d’architetti fiorentini Superstudio, che tra il 1969 e 1970, furono autori di “Monumento continuo”, una misteriosa architettura di vetro e metallo in grado di attraversare il pianeta intero.
 

Già, ma chi costruirà questa linea, qualora ne venisse completato anche un singolo metro? Tra numeri spropositati e render distopici, le condizioni di lavoro locali non sono mai al centro delle attenzioni, anche se in Arabia Saudita gli emigrati vivono in condizioni simili a quelle della schiavitù, secondo l’organizzazione in difesa dei diritti umani Human Rights Watch, e le stesse Nazioni Unite hanno “espresso preoccupazioni” in vista dell’inizio dei lavori.

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