In questi giorni avete sentito dire di tutto sulla carne sintetica, dopo che il Consiglio dei Ministri ha approvato lo stop alla produzione e commercializzazione di alimenti e mangimi sintetici in Italia. Senza entrare nel merito delle polemiche politiche, proviamo a capire meglio come si ottiene la carne artificiale, quali sono i suoi possibili benefici, quali le pecche e gli elementi di rapporto con i consumatori. In attesa di vedere se e in che misura la carne in vitro, per ora approvata per il consumo soltanto a Singapore e negli USA, rientrerà davvero tra i cibi del futuro.
Carne sintetica: come si ottiene?
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La coltivazione di carne in vitro muove da un insieme di tecnologie sfruttate da anni nell’ingegneria tissutale, il ramo della medicina che si occupa di rigenerare e riparare i tessuti. Come spiega Hanna Tuomisto, Professore associato di Sistemi alimentari all’Università di Helsinki (Finlandia), «la produzione di carne coltivata in laboratorio inizia estraendo cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali». Un’operazione che si può tentare con qualunque specie ma che per ora è stata sperimentata con bovini, maiali, tacchini, polli, anatre e pesci.
Le staminali estratte sono trasferite in un bioreattore (cioè un dispositivo che riproduce le condizioni ottimali di temperatura, aerazione e flusso di nutrienti per le colture cellulari, replicando quelle naturalmente presenti nel corpo degli animali, ndr) dove vengono fatte proliferare fino a raggiungere la concentrazione desiderata e differenziare in cellule muscolari. Dopo la differenziazione le cellule iniziano a formare minuscole fibre dette miotubi, le unità base delle fibre muscolari, che continuano a crescere in tessuto muscolo scheletrico se si forniscono le giuste condizioni. La struttura del prodotto carne dipende dalla durata e dalle condizioni di questo processo produttivo».
Linfa e telaio. Per ottenere carne edibile, oltre a un ambiente adeguato servono due elementi di supporto: un siero che aiuti le cellule a moltiplicarsi e differenziarsi e una superficie – una sorta di impalcatura, scaffold in inglese – sulla quale far orientare la crescita delle cellule e dar loro una struttura tridimensionale. Il mezzo di coltura ideale deve fornire nutrienti, ormoni e fattori di crescita, cioè proteine cruciali per stimolare la crescita e la proliferazione cellulare. Quello che funziona meglio contiene siero fetale bovino, ricavato dal sangue raccolto dal feto di bovine gravide durante il processo di macellazione – una condizione evidentemente non accettabile per vegetariani e vegani.
«Idealmente il mezzo di coltura non dovrebbe contenere sostanze derivate da animali, non solo per ridurre i costi ma anche per non venir meno all’obiettivo di rimpiazzare i prodotti animali convenzionali», scrive Tuomisto, ed evitare la sofferenza animale. «Sono stati sviluppati altri mezzi di coltura che non contengano derivati animali, ma non sembrano adatti per tutti i tipo di colture cellulari e sono spesso meno efficienti in termini di crescita e sopravvivenza cellulare. Alternative allo studio includono cianobatteri, alghe, lieviti, funghi». Lo “stampo” su cui far moltiplicare le cellule può essere edibile (per esempio a base di amido o alginato, un prodotto ricavato dalle alghe) o venire rimosso una volta ottenuto il prodotto finale. Può funzionare come una spugna munita di pori attraverso i quali irrorare le cellule di tutti i nutrienti necessari.
Quanto costa la carne sintetica?
Il primo hamburger di carne sintetica mostrato in una conferenza stampa a Londra, nel 2013, sarebbe risultato indigesto ai più: produrlo era costato 330.000 sterline (circa 375.000 euro). In 10 anni i costi si sono molto ridimensionati diventando seppur proibitivi, almeno pronunciabili. A marzo 2021, un’analisi dell’ente no-profit Good Food Institute (GFI), che rappresenta l’industria delle proteine alternative, ha stabilito che superando una serie di ostacoli tecnici ed economici si potrebbe abbassare il prezzo di produzione della carne sintetica di 4mila volte in una manciata di anni, passando dai 10.000 dollari (9.200 euro) per poco meno di mezzo chilo attuale a 2,50 dollari (2,30 euro) per la stessa quantità nel 2030.
La carne sintetica è sicura per i consumatori?
Risponde Rachel Mazac, Ricercatrice dell’Università di Helsinki esperta di cibo sostenibile e proteine alternative: «Non posso dirlo con certezza, ma questi cibi devono passare per la Novel Food Regulation europea (la procedura per la richiesta di autorizzazione di alimenti “nuovi” rispetto a quelli tradizionalmente intesi) data la relativa novità della tecnologia. Pertanto devono dimostrare di essere sicuri tanto quanto le altre opzioni attualmente disponibili per i consumatori europei. In questa fase penso che non siano né più né meno sicuri rispetto alla carne ottenuta in modo convenzionale».
Benefici aggiuntivi. La tecnologia di coltivazione in vitro potrebbe anche, come si legge su questo documento (in inglese) dell’Agenzia europea per l’ambiente, «offrire modi per controllare la composizione della carne e renderla più salutare. Il contenuto di grasso potrebbe essere fissato ai livelli raccomandati e i grassi insalubri potrebbero essere sostituiti con i più salutari omega-3. Si potrebbero poi includere ingredienti aggiuntivi come le vitamine».
La carne artificiale «non sarebbe così dipendente dall’uso di antibiotici, perché crescerebbe i condizioni sterili a partire da animali sani. Adottare più rigide procedure di controllo durante il processo di produzione potrebbe inoltre favorire una diminuzione delle malattie zoonotiche legate alla produzione di cibo».
Pro e contro della carne sintetica
«Le colture di cellule avrebbero un impatto decisamente minore sul consumo di suolo e molto meno inquinamento di suolo diretto», spiega Mazer, anche se desta preoccupazione il possibile inquinamento derivante dallo smaltimento del siero animale usato per la produzione in vitro. «Ma coltivare cellule richiede nutrienti, e dunque campi da coltivare per estrarre queste sostanze».
Come scrive Tuomisto, «i benefici ambientali generali della produzione di carne coltivata dipendono anche da come verrebbero utilizzati i terreni da pascolo liberati dalla produzione di animali da carne. Per esempio, se i pascoli permanenti fossero convertiti in colture agricole intensive, l’impatto netto sui cambiamenti climatici sarebbe persino negativo, perché i pascoli permanenti catturano grandi quantità di carbonio nel suolo e la loro conversione rilascerebbe importanti quantità di carbonio in atmosfera. Un loro uso alternativo sarebbe la conversione in foreste o vegetazione nativa. In quei casi la conversione aumenterebbe la cattura di carbonio nel suolo e nella vegetazione e risulterebbe in benefici ambientali persino maggiori rispetto a quelli visibili dal semplice confronto tra i prodotti finali». Occorre ricordare che l’allevamento di animali da macello è responsabile, da solo, del 14,5% del totale di tutte le emissioni di gas a effetto serra di origine antropica, oltre a utilizzare circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi.
E se per il clima fosse persino peggio?
Tuttavia, uno studio del 2019 che ha considerato il diverso comportamento, in atmosfera, di metano e anidride carbonica, i gas serra più comunemente associati alla produzione di carne, ha concluso che, in alcune circostanze, la produzione di carne sintetica, associata quasi esclusivamente a emissioni di CO2, potrebbe risultare ancora più pesante, in termini climatici, di quella di carne tradizionale, che produce accanto alla CO2 anche metano e protossido di azoto (derivanti dai processi digestivi e dalla decomposizione del letame animale). Anche se il metano ha un impatto climalterante immediato molto più elevato della CO2, esso si dissipa nel giro di 12 anni, mentre la CO2 si accumula e permane per millenni. Indubbi invece i benefici per gli animali: il processo ridurrebbe drasticamente la necessità di macellazione, perché basterebbe allevare pochi animali sani per fornire le cellule staminali necessarie.
Diverso il discorso del siero fetale bovino (vedi sopra).