Impronte digitali: ma sono davvero uniche?

L’incredibile vita di Guglielmo Marconi, lo scienziato-imprenditore al quale dobbiamo Gps, Wi-Fi, Internet, telefonia mobile… Per i 150 anni della sua nascita, lo ricordiamo seguendolo nelle sue invenzioni ma anche attraverso i ricordi dei suoi eredi. E ancora: come ci si separava quando non c’era il divorzio; il massacro dei Tutsi da parte degli Hutu nel 1994; Marco De Paolis, il magistrato che per 15 anni ha indagato sui crimini dei nazisti; tutte le volte che le monarchie si sono salvate grazie alla reggenza.

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2 luglio 1897: Marconi brevetta il wireless

Il 2 luglio 1897 Guglielmo Marconi ricevette dal Patent Office di Londra il brevetto numero 12.039 per la sua invenzione che consentiva trasmissioni a distanza senza fili. Scopriamo le tante invenzioni di Marconi attraverso l’articolo “Senza limiti” di Matteo Liberti, tratto dagli archivi di Focus Storia.

Iniziamo dalla fine. Giovedì 12 dicembre 1901, isola di Terranova (Canada), tarda mattinata: all’interno di una stazione ricevente su una collina della città di St. John’s, di fronte all’Oceano Atlantico, Guglielmo Marconi attende un segnale radio in arrivo da 3.400 km di distanza. Per la precisione da Poldhu, località marittima in Cornovaglia (Gran Bretagna), dove egli stesso ha già installato un’antenna alta circa 130 metri, costituita da decine di fili tesi tra due piloni. Il segnale, previsto per le 12:30, deve giungere sotto forma di codice Morse.

Missione compiuta. L’attesa è febbrile, ma all’orario stabilito Marconi può sorridere: dal suo ricevitore telegrafico sente tre battiti di martelletto (“punto, punto, punto”, sequenza che nel Morse sta per “S”). La prima comunicazione radio transoceanica è andata a buon fine, aprendo la strada – come ricorda una targa collocata sulla suddetta collina, ribattezzata Signal Hill – a “una nuova era nelle comunicazioni mondiali”. Peraltro, Marconi aveva già testato (e brevettato) la telegrafia senza fili su distanze più brevi, in capo a una serie di sperimentazioni iniziate nel 1894, quando aveva appena vent’anni.

La torre sulla collina ribattezzata Signal Hill, sull’isola di Terranova (Canada), dove Gugliemo Marconi nel 1901 ricevette il segnale proveniente dalla Cornovaglia.
© Shutterstock

AUTODIDATTA. A stimolare le ricerche di Marconi sulla possibilità di sviluppare un sistema di comunicazione senza fili furono gli studi sulle onde elettromagnetiche svolti da rinomati fisici come lo scozzese James Clerk Maxwell, il tedesco Heinrich Rudolf Hertz, l’italiano Augusto Righi e il serboamericano Nikola Tesla.
Pur privo di formazione scientifica (la sua carriera di studente fu affidata a insegnanti privati), egli iniziò a ragionare sulle possibili applicazioni delle scoperte di questi scienziati, cercando, da autodidatta, di tradurne le teorie in pratica.

Grandi precursori. A incuriosire la sua mente furono in primis le ricerche sulla natura dei campi elettrici e magnetici svolte da Maxwell, a cui si deve la moderna conoscenza delle onde radio (radiazioni elettromagnetiche riproducibili con dispositivi elettrici).
Il giovane Guglielmo fu inoltre eccitato dagli studi di Hertz, ideatore di un’antenna (costituita da due bracci metallici e detta “a dipolo”) capace di ricevere radioonde emesse da breve distanza, producendo al momento della ricezione una scintilla di avvertimento.
Di Righi apprezzò invece lo studio delle proprietà delle radiazioni elettromagnetiche in comparazione con quelle luminose, mentre di Tesla ammirò gli esperimenti sulla trasmissione di energia, mettendosi in testa di realizzare quanto prima dei dispositivi per la comunicazione a distanza.

Senza fili. Quest’ultima, dalla metà del XIX secolo, era affidata ai telegrafi elettrici, connessi da lunghissimi cavi – anche sottomarini – e utili a trasmettere segnali in codice Morse (sequenze di punti e linee) emessi da specifici apparecchi.
Il sogno di Marconi, semplicemente, era di fare a meno dei cavi, superando ogni limite geografico. «In tal senso, egli fu il primo a pensare in modo globale, apportando un vero cambiamento di paradigma nella comunicazione», spiega Marc Raboy, docente alla McGill University (Canada), esperto di media e autore del saggio Marconi. L’uomo che ha connesso il mondo (Hoepli).

TEST CASALINGHI. Con questi propositi in testa, Marconi costruì nel 1894, tra le mura di casa, un trasmettitore di onde radio, alimentato da una pila, capace di far suonare un campanello elettrico senza l’ausilio di fili. Per realizzarlo, sfruttò un preesistente dispositivo detto “coesore” (coherer nel mondo anglosassone), progettato dal fisico italiano Temistocle Calzecchi Onesti e consistente in un tubicino di vetro, simile a un fusibile, contenente della limatura metallica tra due elettrodi, così da creare una resistenza elettrica che reagiva alle onde elettromagnetiche.

Bambino prodigio. Marconi collaudò l’apparecchio “suona-campanello” di fronte ai genitori, sbalorditi da tanto ingegno (il ragazzo fece poi del dispositivo un segnalatore di temporali, pronto a suonare quando cadeva un fulmine). Finanziato dalla sua famiglia, sperimentò quindi nuovi congegni per aumentare la distanza dei segnali, testandoli nella tenuta di campagna del padre, in località Pontecchio (Bologna).
E proprio qui, nel 1895, dopo aver messo a punto un nuovo tipo di antenna (parola introdotta proprio da Marconi, derivante dal nome di un palo fissato all’albero maestro delle navi), detta “a monopolo” e costituita da un conduttore a forma di asta, fece trillare un campanello da una distanza di due chilometri.

Incompreso in patria. Tesla e altri scienziati, tra cui il fisico indiano Jagadish Chandra Bose, avevano già compiuto test simili con esiti più lusinghieri in termini di distanze percorse, ma il caparbio Guglielmo era pronto a surclassare tutti. Per far ciò dovette però andare in Inghilterra con la madre irlandese, visto che in patria non trovò sponsor adeguati.

BREVETTO RIVOLUZIONARIO. Giunto nel Regno Unito nel 1896, Marconi depositò a Londra la richiesta per il primo brevetto al mondo del telegrafo senza fili, utile a trasmettere messaggi Morse tramite onde radio (a onor del vero, in quello stesso anno un apparecchio analogo fu testato anche dal fisico russo Aleksandr Stepanovich Popov).

Tale rivoluzionario brevetto gli fu riconosciuto dopo alcune dimostrazioni pubbliche, in una delle quali stabilì un contatto radio tra le sponde del Canale di Bristol (Inghilterra Sud-Occidentale), su una distanza di circa 14 km (grazie all’uso di palloni aerostatici e aquiloni con cui alzò in aria le antenne). Non pago, nel 1898, dopo aver fondato la società di telecomunicazioni “Wireless Telegraph & Signal Company”, l’enfant prodige bolognese effettuò la prima trasmissione telegrafica senza fili su mare aperto, con un segnale radio che da Ballycastle, nell’Irlanda del Nord, giunse all’antistante isola di Rathlin (per un totale di circa 12 km).

L’inventore del wireless. Qualche settimana dopo si registrò inoltre il primo lancio di un Sos da una nave con attrezzature fornite da Marconi, il quale nel 1899 realizzò una nuova storica impresa, dal respiro internazionale.
Di fronte alla stampa, stabilì un collegamento telegrafico tra la sponda inglese e quella francese del canale della Manica, su una distanza di oltre 51 km. «In proposito, il New York Times dichiarò che egli aveva “sbalordito il mondo”, e lo consacrò come colui che la Storia aveva scelto come inventore del wireless», racconta Raboy.

Altri brevetti. Nessuno dei suoi “competitor” aveva d’altronde mai fatto meglio, ma nel giro di un paio d’anni Guglielmo fece ancor di più, stabilendo la prima comunicazione transoceanica. Prima però, nel 1900, depositò un altro ingegnoso brevetto, relativo a un circuito, detto sintonico (costituito da un condensatore e da una bobina in rame), che consentiva di ricevere trasmissioni radio su una frequenza determinata, sintonizzandosi con essa, mentre in precedenza i ricevitori tendevano a captare ogni segnale, creando sovrapposizioni di suoni e impedendo di capirne l’esatta provenienza.

INTERCONTINENTALE. Così, alla fine del 1901 Marconi stupì il mondo ricevendo in Canada il citato messaggio in codice Morse proveniente da Poldhu. Ignorava che questo era accaduto perché le onde radio avevano “rimbalzato” sulla ionosfera (strato di molecole e atomi carichi elettricamente, detti ioni), a quel tempo pressoché ignota. Marconi pensava invece che tali onde seguissero la curvatura terrestre. Continuò quindi a sfornare nuove invenzioni, tra cui un rivelatore di onde radio destinato a gran successo, migliorando nel contempo il funzionamento delle antenne.

Un successo. Le sue apparecchiature conobbero così un boom di vendite, finendo su numerose navi destinate alle tratte oceaniche. Come il transatlantico britannico Republic, il cui operatore radiotelegrafico (il “marconista”) lanciò una richiesta di soccorso quando, nel gennaio 1909, nelle acque del Massachusetts, la sua nave fu speronata dal piroscafo italiano Florida.

Il Nobel. Sul finire dell’anno, per il suo “contributo allo sviluppo della telegrafia senza fili”, Marconi ricevette il Nobel per la fisica, condiviso col tedesco Karl Ferdinand Braun, inventore del tubo catodico (dispositivo in cui si concentravano fasci di elettroni, poi sfruttato per lo sviluppo del televisore). «Con Marconi, gli accademici svedesi premiarono per la prima volta il concetto d’innovazione tecnologica, nonché un imprenditore, ruolo che avevano fino ad allora trascurato», sottolinea Raboy.

PIONIERE. Durante la Prima guerra mondiale, l’inventore-imprenditore si schierò tra le file dell’esercito italiano (come ufficiale dell’esercito, ma servendo anche in marina) senza smettere di studiare e progettare. Ad affascinarlo erano soprattutto la radiogoniometria (i radiogoniometri erano strumenti di localizzazione utili a stabilire la giusta rotta di navi e aerei) e le potenzialità della radiodiffusione, ossia la trasmissione di parole e suoni tramite onde elettromagnetiche. Non dimentichiamo che il telefono (con filo) era nato da poco, nel 1876.

Battaglie legali. Allo sviluppo della radio contribuirono in realtà in tanti, da Tesla a Popov passando per l’americano Thomas Alva Edison e il canadese Reginald Fessenden (che nel 1906 realizzò la prima trasmissione di voce e musica), tanto che la paternità di tale tecnologia sarà oggetto di battaglie legali. Di certo c’è che la prima emittente radiofonica di tutti i tempi, la Bbc, vide la luce nel 1922. Nel 1931 inaugurò Radio Vaticana, che lui stesso aveva contributo a creare su richiesta di papa Pio XI, mentre nel 1934, dagli studi Eiar, l’ente antesignano della Rai diede il via alle radiotrasmissioni con gli Usa: Marconi aveva globalizzato le comunicazioni. Niente male per un pioniere autodidatta la cui eredità, la tecnologia wireless, fa sentire oggi più che mai la sua “onda lunga”.

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