Adrian Bravi allo Strega: “Adelaida testimone del ‘900, lascito per l’Argentina di oggi”

Un’artista. Una testimone del suo tempo. Una ceramista che ha perso i suoi figli inghiottiti dal cono d’ombra della dittatura argentina. Una donna che ha vissuto in modo totale il secolo scorso. E’ Adelaida Gigli, la figlia del pittore Lorenzo Gigli, alla quale l’argentino Adrian Bravi dedica ‘Adelaida’, libro pubblicato da Nutrimenti ora entrato nella dozzina del premio Strega. Un riconoscimento che ha sorpreso lo scrittore nato a Buenos Aires ma trapiantato oramai da molti anni in Italia, a Recanati, dove affondano le sue origini. Conversando con l’AdnKronos, infatti, Bravi confessa nel suo italiano fluente, lingua in cui scrive dal 2000: “In verità non avevo mai contemplato, nella mia vita, la possibilità di partecipare al premio Strega. Essere in dozzina è già un grandissimo traguardo, la cinquina sarebbe il massimo”. La storia di Adelaida gli ha permesso, dunque, di entrare nel ristretto club dei finalisti. Un ottimo risultato che si spiega in virtù della particolare biografia di questa donna forte e determinata divisa tra l’Italia, Paese in cui è nata nel 1927, e l’Argentina dove ha vissuto per molti anni.

“Adelaida Gigli – racconta Bravi – è stata una grandissima artista. Ha attraversato il Novecento di cui ha vissuto i periodi bui. La sua vita potrebbe rappresentare quel secolo e anche l’attuale: ha vissuto l’esilio, il compromesso politico, etico e artistico. Ha perso due figli portati via dalla dittatura militare, che si è insediata in Argentina nel 1976, anno in cui morì la figlia. Quattro anni dopo, nel 1980, perse anche il figlio. Entrambi furono considerati desaparecidos: non ha mai avuto una tomba dove poterli piangere. Nel 1976 – continua Bravi – è stata costretta all’esilio. Si reca prima in Brasile e, dopo un anno e mezzo, torna nella sua città natale, Recanati”. Da dove, ricorda, “era partita nel 1927 quando il padre, il pittore Lorenzo Gigli, dopo aver partecipato a due Biennali di Venezia, decise di lasciare l’Italia fascista – per non compromettersi con il regime – e di andare in Argentina”.

In questo senso, secondo Bravi, Adelaida è “una donna che in qualche modo ha rappresentato uno spaccato storico”. Ma il suo lascito può essere utile all’Argentina dei nostri tempi governata, dal dicembre dell’anno scorso, dal presidente Javier Milei. “La sua figura – sostiene Bravi – è ancora molto importante. La sua testimonianza servirebbe anche all’Argentina di oggi che è un po’ distratta rispetto al passato. Altrimenti – osserva – non si capirebbe come mai sia stata votata una persona che nega i drammi della dittatura. Il governo è negazionista nei confronti dei desaparecidos e delle atrocità commesse dal regime. Prova a dare dei benefici ai militari condannati. Una figura come quella di Adelaida potrebbe rappresentare in pieno tutto quel vissuto. Negli anni Cinquanta e Sessanta si è impegnata sotto il profilo etico contribuendo a far sì che anni dopo l’Argentina uscisse dalla dittatura. E’ una figura molto attuale”.

Bravi è di origini italiane. Il padre era di Recanati e la madre molisana. Ha lasciato l’Argentina alla fine degli anni Ottanta, periodo in cui ha iniziato a frequentare Adelaida. “L’ho conosciuta e frequentata come amica, le sono stato vicino. Conoscerla qui in Italia è stato molto importante perché mi ha aiutato a riscoprire anche la mia Argentina”, dice Bravi, che chiosa: “Ho scritto questa biografia come un atto di amicizia e affetto nei suoi confronti. Avevo le sue carte, le sue lettere, tutti i suoi manoscritti. Con questo materiale ho cercato di ricostruire la sua vita”. Bravi anticipa poi che “un grosso editore argentino, Planeta, ha letto il libro appena è uscito e ha deciso di pubblicarlo anche in Argentina dove uscirà a breve”.

Cosa ci ha lasciato Adelaida? “Quando arrivò in Italia – risponde lo scrittore – aveva alle spalle la morte dei figli. Ha fatto i conti con questo dolore, con il suo passato e con la sua vita attraverso l’arte che per lei è diventata una necessità. L’insegnamento che ci lascia è questo: di fronte al dolore c’è sempre uno spiraglio. Lei lo ha trovato scrivendo, lavorando la ceramica che era la sua arte più sentita e immediata. Penso che questo sia un insegnamento fondamentale: riscattarsi dal dolore attraverso l’arte”.

(di Carlo Roma)

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