Da perseguitata a connivente. La nuova vita della Chiesa ortodossa russa
Il saggio di Giovanni Codevilla, “Da Lenin a Putin. Politica e religione” (Jaca Book 2024), ripercorre i rapporti che sono intercorsi tra lo stato russo e la chiesa Ortodossa negli ultimi cento anni
Fatta eccezione per i paesi islamici, non esiste luogo al mondo dove il rapporto tra politica e religione sia tanto stretto e cruciale come è oggi in Russia. Putin e Kirill stanno conducendo in perfetta sintonia perfino la guerra in Ucraina: per entrambi una sorta di guerra santa da condurre con inaudita ferocia come monito al depravato occidente. Ma come è potuto accadere tutto questo? Dove sono finite, ad esempio, le persecuzioni messe in atto da Lenin e Stalin contro la Chiesa ortodossa?
Una risposta assai meditata e profonda a queste e a tante altre domande la si può trovare in un recentissimo e corposo libro di Giovanni Codevilla intitolato: “Da Lenin a Putin. Politica e religione” (Jaca Book 2024). Un’analisi magistrale dei rapporti tra politica e religione in Russia dai tempi di Lenin ai giorni nostri, la cui prospettiva appare chiaramente riassunta dal sottotitolo: “Dalla persecuzione alla connivenza”.
I primi capitoli del libro sono dedicati a spiegare l’intolleranza antireligiosa leninista, la creazione di un sistema giudiziario repressivo, l’organizzazione di grandi processi artatamente allestiti e l’eliminazione fisica degli esponenti della gerarchia, del clero, e dei laici, in particolare di quelli appartenenti alle confraternite religiose. Una tale repressione, avviata all’indomani della Rivoluzione d’ottobre, conosce il suo culmine negli anni 1937-38 e non si arresta sino all’invasione tedesca, quando Stalin comprende la necessità di far rinascere lo spirito patriottico per salvare il paese. Come sottolinea Codevilla, si inaugura da allora una singolare sintonia tra potere temporale e potere spirituale che si propone l’obiettivo di assegnare all’ortodossia un ruolo di guida universale nel campo spirituale in funzione anticattolica. Nel 1945 si vagheggia addirittura l’idea di dar vita ad un “Vaticano moscovita” in sostituzione di quello romano. Ma tale periodo di distensione avrà vita assai breve, lasciando nuovamente il posto all’ateismo militante e aggressivo degli anni di Krusciov.
La lotta antireligiosa terminerà alla fine degli anni Ottanta, quando prenderà avvio un processo di liberalizzazione in materia religiosa che ben presto subirà una progressiva quanto rapida e per molti versi sorprendente mutazione: si riprende allora la teoria della Mosca Terza Roma, formulata agli inizi del Cinquecento dopo il fallimento dell’Unione di Firenze e la caduta di Costantinopoli. Un po’ come allora, la Russia si ripropone come unica ed esclusiva forza salvifica dell’umanità nella lotta del Bene contro il Male: è l’idea del Mondo russo (Russkij mir), elaborata dal Patriarca Kirill e da lui suggerita a Vladimir Putin, puntualmente ratificata nel 2024 nel corso della XXV convocazione del Concilio universale del popolo russo, con la piena giustificazione della guerra santa scatenata contro l’Ucraina, in palese contraddizione con quanto asserito dai Fondamenti della dottrina sociale della Chiesa ortodossa russa, approvato dal Concilio giubilare della stessa Chiesa nel 2000.
A dire il vero non sono in molti a rilevarlo, ma questa teoria del Mondo russo sembra riprendere in parte i documenti programmatici del movimento ecclesiale filonazista dei cosiddetti “Cristiani tedeschi”, in particolare le “Direttive” del maggio 1932 e i “Dieci princìpi fondamentali” del maggio 1933, che sostenevano la nuova dottrina imperiale-religiosa del Terzo Reich, un grumo di idee xenofobe che benediceva l’unificazione tra Chiesa e stato predicando la sintesi tra cristianesimo e nazionalsocialismo tedesco. Non a caso, come Codevilla sottolinea molto bene, membro del Presidium del Concilio universale del popolo russo e promotore del documento Mondo russo è Aleksandr Dugin, il quale non ha mai nascosto le sue simpatie per le idee del fascismo e del primo nazismo, reinterpretati nei loro fondamenti quasi religiosi.
La pretesa universalistica della Chiesa di Mosca, che rivendica senza esitare la superiorità del cristianesimo russo su quello bizantino e lo stretto legame che ne vincola il futuro a quello dello stato, porta con sé, secondo Codevilla, almeno due rischi gravissimi: il primo riguarda l’isolamento dell’ortodossia russa da quella di Kiev e di Costantinopoli, riducendola a una mera Chiesa nazionale marginalizzata; il secondo riguarda l’intolleranza all’interno della Chiesa di Kirill, caratterizzata dalle posizioni estremistiche e xenofobe del monachesimo e dal rifiuto di ogni atteggiamento critico.
A tal proposito, basterà ricordare che i sacerdoti che rifiutano di recitare durante la liturgia la preghiera per la vittoria nella guerra in Ucraina vengono ridotti allo stato laicale, al pari di coloro che rifiutano il principio della triunità tra Russia, Bielorussia e Ucraina, paesi che la Chiesa di Kirill considera parti di un unico e indivisibile territorio canonico. Parallelamente la Russia di Putin sceglie la via della più ferrea intolleranza con l’introduzione di norme penali draconiane che colpiscono quanti osano contestare la sacralità del potere, quando non comportano l’eliminazione fisica di chi osa mettere in dubbio le scelte governative. Basti pensare alla fine toccata a Navalny, a diversi giornalisti o ai dirigenti della Lukoil, la massima compagnia petrolifera del paese, rei di aver manifestato nel marzo 2022 il proprio dissenso sulla “Operazione militare speciale in Ucraina”, auspicando la ricerca di un compromesso con Kyiv.
“Dalla persecuzione alla connivenza”, recita il sottotitolo di questo libro. Mai avremmo immaginato che in Russia la connivenza tra politica e religione potesse far rimpiangere i tempi della persecuzione.
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