Sudditi, elettori, élite: lezioni sul potere e i “geni invisibili” della società
Riflettere sulle trasformazioni del rapporto tra individui, società e politica in una fase storica segnata da profondi turbamenti. Il saggio ancora attuale di Guglielmo Ferrero
Pubblicato per la prima volta nel 1942, Potere, libro di Guglielmo Ferrero (1871-1942) torna in libreria con una nuova edizione (Ibex, 344 pp.) introdotta da Lorenzo Castellani, il quale mette in luce come l’intento di fondo dell’opera sia quello di riflettere sulle trasformazioni del rapporto tra individui, società e potere politico in una fase storica segnata da profondi turbamenti. L’iniziativa editoriale è sicuramente meritoria perché l’opera serba non pochi spunti di riflessione per studiare anche le democrazie contemporanee, nonostante si concentri quasi esclusivamente su alcune fasi della Rivoluzione francese e del bonapartismo. Infatti, proprio attraverso il ricordo di alcune fasi storiche ormai lontane, l’autore riesce a far emergere alcune regolarità politiche con le quali ancora oggi ci troviamo a fare i conti.
In ogni epoca, sono in azione dei “geni invisibili”, cioè delle forze che agiscono nell’intimo delle società umane impedendo loro di cristallizzarsi in una forma definitiva. A partire da questa constatazione, Ferrero si concentra sui quattro princìpi di legittimità che si sono intrecciati tra loro lungo i secoli, lottando e collaborando l’uno con l’altro nel definire i regimi politici: l’elettivo e l’ereditario, l’aristo-monarchico e il democratico.
Tali princìpi sono “giustificazioni del potere” cioè giustificazioni del diritto di comandare, capaci di immunizzare il male più terribile che possa capitare al potere stesso, ossia la paura dei suoi sudditi. Il tema della paura è una chiave di lettura di tutto il libro, così come lo sono almeno altri due temi: il primo riguarda le minoranze. Ferrero è influenzato dalle posizioni di Gaetano Mosca, di cui era anche amico, e pertanto enfatizza il ruolo delle élite, sottolineando il loro ruolo soprattutto nella fase di consolidamento di un regime, ma senza porle in contrapposizione alla massa: anzi, sostiene che il rapporto tra le due classi deve essere complementare e integrativo. Il secondo aspetto riguarda “la difficoltà di educare il popolo all’esercizio della sovranità”; da questo punto di vista, Ferrero è consapevole del fatto che con l’allargamento del suffragio c’è sempre maggiore bisogno di intermediari “che si distribuiscano la massa per organizzarla, mobilitarla, illuminarla”. Un compito che dovrebbero svolgere i partiti, ma al prezzo di inevitabili discordie. La conclusione di Ferrero sul punto è che le grandi democrazie fondate sul suffragio universale sono lente, imprevidenti e complesse. Una considerazione che è bene tenere a mente anche oggi.
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