“Il woke è una tirannia”. La versione di Dominique Schnapper

La sociologa e politologa francese mette in luce le radici della crisi di un modello che fatica a mantenere le sue promesse

Nel suo ultimo libro, la sociologa e politologa francese Dominique Schnapper mette in luce le radici della crisi di un modello che fatica a mantenere le sue promesse. In un’opera affascinante, “Les Désillusions de la démocratie” (Gallimard), la figlia di Raymond Aron esplora i limiti e le conseguenze di un modello democratico che fatica a mantenere le sue promesse. E’ così che dobbiamo intendere la febbre “woke” che colpisce i giovani in occidente, i quali vogliono che tutte le disuguaglianze siano corrette, sia per loro stessi e che per le minoranze. Benché apparentemente lodevole, l’obiettivo rimane irraggiungibile, il che spiega il radicalismo di questi giovani. Al di fuori dell’occidente, le dittature, in particolare la Russia e la Cina, osservano con interesse (e piacere) queste tensioni interne che, poco a poco, stanno mettendo in discussione l’equilibrio dei regimi democratici.

 
“Seguo le orme del pensiero di Tocqueville sulla democrazia” spiega Schnapper a Le Point. “La Repubblica è la forma francese di democrazia. Ce ne sono altre, in particolare quella ispirata alla tradizione del mondo anglosassone. Parlare di Repubblica significa parlare della nostra tradizione politica. Mi rifaccio spesso agli esempi francesi, ma le “disillusioni” riguardano tutte le democrazie e in particolare gli Stati Uniti, la democrazia più grande e potente del mondo, la cui evoluzione riguarda tutti noi. Non rispettare la legge e i risultati di un’elezione perfettamente regolare, come ha fatto Donald Trump – che rischia di essere rieletto! – è spaventoso. Ho cercato di pensare all’evoluzione interna delle democrazie e allo stesso tempo alla situazione geopolitica. Non si possono separare. Dal 1945, le democrazie europee hanno vissuto sotto la protezione del potere americano e questo ciclo sta per finire. Insisto sulle forze endogene, ma cerco di non trascurare l’orizzonte dei pericoli esterni. La dinamica democratica non ha limiti in sé, e i cittadini non sono mai – e non potranno mai essere – totalmente liberi o totalmente uguali. Allo stesso tempo, però, la richiesta di maggiore libertà e uguaglianza non conosce limiti. I democratici tendono a rifiutare i vincoli della vita collettiva e la finitudine della condizione umana. Il transumanesimo propone di eliminare la morte, è la forma estrema di questa dinamica democratica”.

Secondo lei, esiste dunque un ideale democratico portato all’estremo, così come esisteva un ideale religioso o rivoluzionario. “C’è un ideale democratico ereditato dall’ispirazione dei diritti umani. Ma in Europa occidentale i risultati dei sondaggi sui giovani sono preoccupanti. Il 40 per cento di loro accetterebbe un dittatore. È vero che in democrazia spetta a ciascuno dare alla propria vita un senso che non sia imposto da chi detiene il potere, come avviene nelle teocrazie e nelle dittature. Ciò che è libertà può essere vissuto come una mancanza di significato”.

Il woke assume le forme di una religione per riempire questo vuoto. “Possiede alcune delle caratteristiche dei movimenti religiosi quando mirano a esercitare il potere politico: passioni, rivalità e violenze. I wokisti portano all’estremo le legittime richieste di uguaglianza. Ma rischiano sempre di scivolare negli eccessi che snaturano il loro progetto. Il femminismo è l’esempio di questa possibile deriva. Originariamente, gli attivisti chiedevano l’applicazione dei princìpi democratici, ossia l’uguaglianza civile, giuridica e politica delle donne e degli uomini. Attualmente, il movimento è diviso tra coloro che portano avanti questa lotta universalistica e coloro che, nelle forme eccessive che il movimento a volte assume, vedono ogni rapporto tra uomini e donne esclusivamente come un rapporto di dominazione e considerano discriminatorio qualsiasi pensiero o comportamento che tenga conto della differenza tra i sessi. Ma la categorizzazione non è di per sé discriminatoria”.

   

I paesi del sud, come peraltro il mondo anglosassone, sembrano rifiutare la definizione francese di universalismo. “L’universalismo non deve essere confuso con dei contenuti culturali specifici. L’idea di universalismo è nata in condizioni e luoghi storici specifici, come tutto ciò che è umano. Ma l’universalismo non può essere confuso con nessuna società storica concreta. Non si oppone al particolare, è al contrario l’orizzonte necessario delle relazioni concrete tra i particolarismi, la condizione per la possibilità dei loro scambi e il loro riconoscimento reciproco. Non è un contenuto, ma un orizzonte e un punto di riferimento che orienta i comportamenti, è un ideale o un’idea regolatrice che dà senso all’azione. Fa promesse che non può mantenere. La maggior parte delle critiche sono giuste, ma l’ideale democratico non può essere pienamente realizzato. Tuttavia, l’esperienza storica dimostra che tutti gli altri regimi sono peggiori. Siamo dunque nel relativo. Ma per molte persone, soprattutto per i giovani, il relativo non è molto eccitante! Eppure la storia non ha mai visto società così ricche e libere come la nostra a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta”.

La crisi della democrazia è anche una crisi della ragione. “Sì. Per diversi secoli, la superiorità dell’occidente si è basata sul suo rapporto con la ragione, che gli ha conferito una capacità scientifica e tecnica superiore e ha alimentato l’ideale democratico. La messa in discussione della ragione tocca il cuore di ciò che ha permesso all’occidente di dominare negli ultimi secoli”.

  

La ragione non attrae i giovani più del relativismo. “È vero che la ragione non risponde di per sé al bisogno degli esseri umani di dare un senso alla propria esistenza, come hanno fatto le Chiese o le rivoluzioni per i diritti umani in America e in Francia alla fine del Diciottesimo secolo. Tutto questo si è dissolto. È un handicap. Eppure la ragione non è in contraddizione con le convinzioni e gli impegni. La classe politica non sembra all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte a noi, ma la democrazia è difficile da governare! I democratici non tollerano più gli obblighi. Quando si pensa alle sanguinose tragedie in Ucraina e in medio oriente, si rimane colpiti dal divario tra questi eventi storici e i nostri problemi quotidiani. Temo che i democratici non abbiano il senso della storia e dimentichino che la storia umana è tragica. Devono essere pronti a combattere per la loro libertà”.

  

(Traduzione di Mauro Zanon)

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