Stop a uso del femminile, Accademia della Crusca: “Ddl improvvido, bene ritiro”

Il disegno di legge del senatore leghista Manfredi Potenti è “sicuramente improvvido” laddove vuole vietare per legge, negli atti pubblici, i nomi al femminile di talune professioni. “Fa, pertanto, piacere che si arrivi al suo ritiro“. Lo dice all’Adnkronos il professor Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca.

Le iniziative in sede legislativa che riguardano la lingua italiana, osserva D’Achille, “non possono essere estemporanee: devono essere il più possibile condivise e mai ideologiche. Gli usi individuali o letterari della lingua non li norma nessuno. Bisogna, invece, essere cauti nelle innovazioni in sede legislativa perché le leggi hanno un forte impatto sociale e devono risultare comprensibili e chiare, inserendosi in una tradizione di scrittura che non può essere ignorata”.

In via generale, il presidente dell’Accademia della Crusca ricorda che “qualunque nome di genere maschile in italiano può essere volto al femminile e riferito a donne; al contrario, ci sono nomi di genere femminile che non si possono volgere al maschile anche se sono riferiti a uomini”.

Prima della richiesta da parte della Lega di ritirare il disegno di legge presentato dal senatore Potenti, era intervenuto contattato dall’Adnkronos Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca e professore emerito di storia della lingua italiana dell’Università del Piemonte Orientale.

La lingua ha un solo nemico vero: l’autoritarismo linguistico, di qualunque segno“, ha affermato Marazzini.

“Poco tempo fa un rettore ha introdotto ufficialmente il femminile sovraesteso nel regolamento del suo ateneo: ha abolito il maschile ‘rettore’, lasciando sopravvivere solo ‘rettrice’. Mi pare che nessuno l’abbia obbligato a correggere una simile forzatura, che meritava come minimo un’interrogazione parlamentare – ha commentato Marazzini – In molti atenei già le autorità accademiche impongono ai docenti l’abbandono del maschile non marcato, e pretendono l’uso obbligatorio di asterischi e schwa. Per fermare queste imposizioni non si muove nessuno (basterebbe un richiamo del ministero). Ecco però la bella trovata che dovrebbe risolvere tutto: ecco l’imposizione di segno contrario, destinata a fare un po’ di chiasso, senza conseguenze pratiche, trattandosi di un’idea inapplicabile. Peccato: il risultato sarà simile a una gazzarra”.

“Sarebbe stato utile, prima di lanciare proposte inapplicabili, leggere i consigli dell’Accademia della Crusca, in particolare quelli diretti al Comitato pari opportunità della Corte di Cassazione. Occasione persa, dunque, per ristabilire una sana e giusta libertà – ha aggiunto Marazzini – Ne verrà nuovo spazio per i fautori del femminile sovraesteso, per i fanatici di schwa e asterischi, che si presenteranno al mondo come custodi della libertà democratica, mentre in realtà, a loro volta, sono ben propensi a varie forme di autoritarismo. E il nemico vero è proprio quello: l’autoritarismo linguistico, di qualunque segno”.

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