eTwinning e Piccole Scuole: una comunità di passione per interrogare il senso della nostra professione

eTwinning e Piccole Scuole: una comunità di passione per interrogare il senso della nostra professione

Articolo a cura di Daniele Ferro, Maestro all’Istituto omnicomprensivo di Varzi (Pv)

Spesso gli insegnanti appassionati hanno bisogno di fermarsi, riflettere e rovistare di nuovo nella sacca dei motivi per i quali hanno deciso di svolgere una professione sempre più complessa. Nelle classi, manifesto della società, i bambini – oltre alle meraviglie dell’infanzia – portano pluralità di bisogni educativi e disagi. Eppure, la professione dell’insegnante, nei fatti, non gode di un brillante riconoscimento.
Soprattutto, l’insegnante riflessivo arriva a porsi inquieto una domanda: qual è il senso del mio lavoro, in un’epoca d’incertezza crescente sulle sorti del pianeta?

Il cambiamento climatico è uno spettro che al mattino ci portiamo appresso a scuola; nascosto nella borsa, così sibila: «Addio ai ghiacciai, e uragani, e caldoni e alluvioni sempre più frequenti: questa sarà la vita dei tuoi allievi!».

Era già il 1979 quando Hans Jonas scrisse che fino all’avvento dell’inquinante tecnologia moderna «la presenza dell’uomo nel mondo era un dato indiscutibile»: messa a repentaglio dal “progresso”, diviene un obbligo «conservare tale mondo in modo che restino intatte le condizioni di quella presenza»1   .

Qual è, allora, la responsabilità di noi insegnanti? Che cosa dobbiamo fare con gli allievi, nella prospettiva di un futuro tanto diverso dalla nostra esperienza di vita? O peggio, parafrasando Greta Thunberg: insegnare che senso ha, se il futuro i nostri allievi non l’avranno?

Il seminario eTwinning a Reggio Calabria tra piccole scuole primarie italiane e polacche, al quale ho partecipato, si poneva tra gli obiettivi l’ideazione di progetti collaborativi di educazione all’aperto (outdoor education): l’incontro mi sta aiutando molto a scavare tra domande e risposte che devono sempre rinnovarsi, per offrire frutti.
Sono tornato dalla Calabria coltivando quattro gemme, quattro parole tra di loro indissolubili che oggi nutrono alla radice la professione insegnante: natura, comunità, creatività e passione.
Per «conservare tale mondo», dobbiamo cambiare – radicalmente e in fretta – il nostro modo di pensare e di vivere. Quanto, ormai, tale frase sarebbe banale, se l’inquinamento globale non aumentasse sempre di più, e se il 2024 non fosse l’anno più caldo mai registrato. Vi sono banalità indispensabili!

Danilo Dolci, quasi mezzo secolo fa, già educava per «un modo diverso di esistere» che nascesse da «una diversa relazione con alberi, fiori, persone». Affermava «la necessità profonda che le persone siano creative» e bacchettava la scuola, che a suo avviso persino impediva ai bambini di conoscere «le loro curiosità vitali […] ed arrivare a dei veri e propri metodi di ricerca e di scoperta» 2.

Oggi la vita scolastica (anche) nella natura, non dovrebbe essere una possibilità, ma un imperativo della didattica, una linfa creativa di pensiero e azione diffusa. Ecco quali sono i benefici dell’educazione scolastica all’aperto, come scritto nel Quaderno delle piccole scuole L’ambiente fa scuola (p.16): «L’Outdoor Learning è momento inclusivo di apprendimento, porta gli alunni a ritrovare un rapporto con l’ambiente naturale, che diviene aula aperta in cui apprendere discipline curricolari, sperimentare situazioni interdisciplinari, allenare competenze socio-emotive, agire l’apprendimento e vivere esperienze formative complete. In outdoor ci si può muovere, emozionare, fare esperienza concreta delle discipline, sperimentare situazioni di vita reale, risolvere problemi, scoprire, creare, interagire con la comunità».
Queste righe sembrano un compendio delle Indicazioni Nazionali (si legga ad esempio il paragrafo Per un nuovo umanesimo, p.7).

In quest’ottica, le piccole scuole sono un modello di grande scuola. E possono “aiutare” – tramite scambi di progetti e ospitalità – le scuole cittadine ad avvicinarsi con più facilità alla natura, per dipingere con essa il proprio orizzonte di senso pedagogico. A tal fine serve un investimento economico e di passione professionale.
Certo sarebbe sbagliato ritenere che le scuole cittadine manchino di occasioni di scoperta e didattica all’aperto: bastano qualche pianta e uno scampolo di giardino per incuriosire gli allievi nella ricerca del sistema ecologico della natura e della sua costitutiva e formidabile diversità.
Tuttavia è nello scambio, nella progettualità tra scuole e tra menti di insegnanti appassionati che oggi la nostra professione può scorgere la luce profonda della propria missione.

Abbiamo bisogno di nutrire la nostra comunità professionale, sia nelle singole scuole sia a livello di reti interscolastiche: dopo avere partecipato per la prima volta ad un incontro tra piccole scuole, questa esigenza mi è ora chiara più che mai, perché il confronto con i colleghi di altre scuole e contesti genera un senso più ampio di appartenenza, fondato sulla passione per il nostro lavoro. Sulla passione per il futuro.

Tale confronto alimenta un ingrediente indispensabile nella progettazione didattica: la creatività, che splende quando sgorga da un processo cooperativo.
A Reggio Calabria ho compreso il valore vasto della nostra comunità, sorretto da un impegno che attraversa i confini nazionali, le scuole e gli uffici delle istituzioni come INDIRE.
La mia sacca dei motivi per i quali ho deciso di svolgere la professione dell’insegnante è ora più ricca.
E grazie all’incontro eTwinning ho più fiducia su un futuro in cui non accada quanto narrato allo gnomo dal folletto delle Operette morali di Leopardi: «Ma ora che ei [gli esseri umani] sono tutti spariti, la terra non sente che le manchi nulla».

= = =
1  Il principio responsabilità, Einaudi 2009, p.15
2 La scuola è dappertutto, Podcast Rai

Continua la lettura su: https://piccolescuole.indire.it/etwinning-e-piccole-scuole-una-comunita-di-passione-per-interrogare-il-senso-della-nostra-professione/ Autore del post: Indire Fonte: https://www.indire.it/

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