Matisse e il Jazz da guardare

Henri Matisse (1869-1954) è uno degli artisti più gioiosi di tutti i tempi. L’arte è per lui una festa di forme colorate, sintetiche e vitali. Il piacere di creare non lo abbandona neanche quando, nel 1941, subisce un delicato intervento chirurgico per via di un tumore intestinale che lo costringe in sedia a rotelle mentre l’artrosi gli impedisce di usare il pennello.È così che inventa i papiers découpés (letteralmente carte ritagliate), immagini ottenute tagliando con le forbici la carta precedentemente colorata a tempera dalla sua assistente.

Ne escono fuori i cosiddetti “cut-out”, sagome monocromatiche estremamente essenziali.

Con questi ritagli Matisse realizza tra il …

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La rifrazione nei dipinti di Matisse: fisica electronic arte

Quella di Matisse per i pesci rossi era una vera ossessione, una mania nata durante un viaggio a Tangeri, in Marocco, che l’artista e la moglie Amélie fecero nel gennaio del 1912.

In quella città, per lui così esotica, il pittore vide molti abitanti del luogo passare intere ore sdraiati a fantasticare, osservando incantati il pigro moto dei pesci rossi nelle loro bocce di vetro. Da quel momento i pesci rossi iniziarono a incarnare per lui la serenità, la contemplazione e il senso di un paradiso ormai perduto. Non stupisce, dunque, che compaiano in almeno quindici opere, tra dipinti e stampe.

Si tratta tuttavia di un soggetto inconsueto: i pesci rossi, introdotti in Europa dall’estremo Oriente nel XVII secolo, come ho raccontato in questo articolo, raramente venivano raffigurati in pittura. Matisse, invece, li rende spesso protagonisti assoluti dell’opera, come nella grande tela dipinta nella primavera del 1912 intitolata proprio Pesci rossi.

Qui, al centro della composizione, campeggia una vasca cilindrica con quattro pesci posata su un tavolino rotondo. Tutto intorno ci sono le piante e i mobili del giardino d’inverno della casa a Issy-les-Moulinaux, nella periferia di Parigi, dove Matisse si era rifugiato per allontanarsi dalla frenesia della capitale.

La prospettiva appare volutamente deformata: il tavolino sembra visto dall’alto mentre la vasca è vista più lateralmente. Eppure questo non disturba l’armonia della scena, dominata dai quattro pesci rossi. Questi attirano immediatamente l’attenzione anche perché Matisse ha scelto di affiancare al colore rosso il suo complementare, cioè il verde, ottenendo l’effetto di “accendere” maggiormente il rosso.
Questo espediente, che l’artista sfrutterà in tutta la sua carriera, derivava dall’esperienza fatta in seno ai Fauves, il gruppo di artisti francesi che nel 1905 rivoluzionò la pittura usando il colore in modo violento e innaturale, guadagnandosi per questo il soprannome di “belve” (in francese fauves).

Tuttavia nell’arte di Matisse non c’era nulla di aggressivo: «Quello che sogno – scriveva il pittore nel 1908 – è un’arte dell’equilibrio, della purezza e della serenità, priva di argomenti preoccupanti o deprimenti, un’arte che potrebbe essere […] un calmante, un potere calmante sulla mente, qualcosa come una buona poltrona che fornisce relax dalla fatica». Nella raffigurazione dei pesci rossi troverà proprio questo: l’essenza della semplicità e della tranquillità.

Poco tempo dopo i pesci rossi tornano in un dipinto quasi astratto, un ricordo onirico del Café Maure di Tangeri. La scena è un campo turchese in cui l’unico riferimento spaziale è una sequenza di archi a ferro di cavallo, sullo sfondo.Delle sei figure sedute o sdraiate sul pavimento si distingue solo il tono ambrato del volto e degli arti, ripreso anche dalla cornice perimetrale. In basso, per terra, una boccia sferica con due pesci rossi. Stavolta la loro presenza non è particolarmente evidente ma restano comunque il fulcro del dipinto, l’elemento attorno a cui ruota la vita lenta e meditativa dei marocchini, tanto invidiata da Matisse.

L’acquario è di nuovo protagonista assoluto in un’altra tela dell’inizio degli anni Venti: La boccia dei pesci rossi. La scena è dipinta nell’appartamento di Matisse, al terzo piano di Place Félix 1, a Nizza.  Attorno alla boccia, che poggia su una cassettiera bianca dalle forme ondulate, pochi oggetti: alcuni frutti, un barattolo, un giornale ripiegato e una bottiglia. Sullo sfondo la carta da parati con motivi floreali e l’angolo di un dipinto con due figure sdraiate.

Nonostante la stilizzazione degli elementi, la scena ha una maggiore concretezza rispetto alle opere precedenti grazie all’ombra che i vari oggetti proiettano sul piano orizzontale e alla generale coerenza della prospettiva. Resta comunque quel senso di silenziosa beatitudine, di incanto ipnotico, creato dai quattro pesci rossi.
C’è tuttavia un indizio, anzi due, che ci inducono a pensare che, al di là dei significati simbolici, la ricerca sui pesci rossi e in generale sui contenitori pieni d’acqua, fosse per Matisse anche una forma di esplorazione dei meccanismi segreti della visione umana. Mi riferisco a quella macchia bruna sul lato destro della bottiglia e a quella arancione sulla superficie dell’acqua contenuta nella boccia. 
Nel primo caso si tratta della carta da parati della parete retrostante che appare riflessa rispetto alla posizione reale per via della rifrazione che avviene dentro il liquido. Nel secondo caso, non si tratta di un quinto pesce a pelo d’acqua ma di uno dei quattro sottostanti che però, – anche stavolta per via della rifrazione – risulta visibile anche in superficie. Questo effetto è ancora più evidente nei Pesci rossi del 1912: in quel dipinto tutti e quattro i pesci appaiono due volte, in posizioni che però non sono quelle corrispondenti alla loro reale collocazione nell’acqua. 

Vediamo come funziona questo fenomeno. La rifrazione avviene nel passaggio di un raggio luminoso da un mezzo a minore densità (come l’aria) a uno a maggiore densità (come il vetro o l’acqua) e viceversa e consiste nella deviazione del raggio luminoso dalla sua normale traiettoria rettilinea. 

Quando il raggio passa da un corpo meno denso a uno più denso si assiste a un avvicinamento alla linea perpendicolare alla superficie. L’angolo di rifrazione θ1 è quindi minore di quello d’incidenza θ2. Si ha un allontanamento dalla verticale se il raggio, invece, passa da un corpo più denso a uno meno denso (l’angolo di rifrazione θ1 è maggiore dell’angolo d’incidenza θ2).
La legge che lega l’angolo di rifrazione all’angolo di incidenza è nota come legge di Snell, dal nome dello scienziato olandese Willebrord Snell van Royen che la formulò nel 1621. Questa legge afferma che il rapporto tra il seno dell’angolo di incidenza e il seno dell’angolo di rifrazione è pari al rapporto tra l’indice di rifrazione del secondo mezzo e l’indice di rifrazione del primo. 

Se l’angolo di incidenza è di 0° (dunque il raggio è perpendicolare alla superficie) il suo seno sarà anch’esso pari a 0, dunque risulterà nullo anche l’angolo di rifrazione. Ne consegue che un raggio luminoso che entra o esce dall’acqua in direzione perpendicolare, non subisce nessuna deviazione. In tutti gli altri casi si avrà una rifrazione più o meno evidente in base all’angolo di incidenza.
Il caso della boccia di Matisse è il secondo dello schema in alto: la “sorgente luminosa” infatti è costituita dal corpo dei pesci che rinvia verso il nostro occhio raggi di luce rossa. Questi raggi, che i pesci inviano in tutte le direzioni, si piegano in corrispondenza delle superfici di separazione tra acqua e aria, sia superiormente che sul lato verticale della vasca. 

Accade allora che per via della rifrazione giungano al nostro occhio sia i raggi emessi verso il pelo dell’acqua sia quelli inviati verso il lato della vasca. Per questo motivo ciascun pesce viene visto due volte in posizioni che però sono solo “virtuali“, perché corrispondono all’origine del raggio luminoso se questo non fosse stato deviato. La reale posizione del pesce dentro l’acqua è una via di mezzo, ma non può essere percepita.
Quanto al ribaltamento della decorazione della carta da parati che si osserva sulla bottiglia nel dipinto del 1921, questo è dovuto a una doppia rifrazione, simile a quella che avviene in una lente biconvessa (come la lente di ingrandimento che concentra i raggi solari e innesca il fuoco…).

I raggi luminosi emessi dall’oggetto, posto dietro la bottiglia, vengono rifratti una prima volta passando dall’aria al liquido. Data la convessità della superficie, i due raggi che prima erano paralleli, iniziano a convergere (sebbene l’angolo di rifrazione sia comunque minore di quello di incidenza). Questa convergenza aumenta per via della seconda rifrazione, in uscita dalla bottiglia, al punto che i raggi si incrociano ancora prima di arrivare all’occhio umano. Per questo motivo l’oggetto che sta dietro la bottiglia apparirà ribaltato in senso orizzontale.

Non sappiamo se Matisse conoscesse le regole fisiche di questi meccanismi dell’ottica geometrica, ma il fatto che li abbia rappresentati intenzionalmente, nonostante il suo stile rapido e sintetico, è estremamente significativo. D’altra parte non aveva mai rigettato la concezione di arte come rappresentazione del reale. Secondo Matisse «Un artista deve riconoscere, quando ragiona, che il suo quadro è un artificio, ma quando dipinge, dovrebbe sentire di aver copiato la natura. E anche quando si discosta dalla natura, deve farlo con la convinzione che è solo per interpretarla più pienamente».

Giovanni Modugno: a master of the senses

GIOVANNI MODUGNO: UN “MAESTRO DEL SENSO” PER LA SCUOLA ITALIANA DI OGGI

di CARLO DE NITTI

Alle “voci archetipe” della mia remotissima adolescenza

per sempre nei miei spazitempi mnesici, con infinita gratitudine.

Nascoste ai molti, si palesano,

a chi le cerca con animo puro,

perle, veri tesori delle profondità,

che rivelano le nostre vite,

la nostra intima essenza

di cercatori tra le pagine …

1. PROLOGO

Non mi è possibile iniziare questo intervento senza ringraziare con sentimenti di sincera gratitudine il prof. Vincenzo Robles, illustre cittadino bitontino e studioso di preclara fama, per avermi invitato a partecipare – bontà sua – a questo evento sul pensiero di Giovanni Modugno, pedagogista del ‘900 pugliese, italiano, europeo.

Non è quella che segue una forma di excusatio non petita: non sono un esperto di Giovanni Modugno nel senso accademico della parola, ma ho avuto, da molti anni, con la sua storia di vita, di pensiero, politica, culturale e religiosa una frequentazione che mi affascina. Sì, perché una personalità come quella di Giovanni Modugno non può non sé-durre, a prescindere dalle idee di chi a lui si accosti, purché lo faccia con onestà intellettuale e disinteresse, anche venale. Caratteristiche che egli stesso possedette in modo assoluto e che costituirono la cifra peculiare della sua personalità di uomo, di docente e quindi, di pedagogista.

Tutti gli altri intervenuti a questo evento – certamente molto più competenti di me – hanno lumeggiato o lumeggeranno da par loro al meglio il pensiero del pedagogista: a me, che raccolgo “materiali per chi voglia scrivere di storia” (alla maniera dei Commentari cesariani) piace interrogare la figura di Giovanni Modugno per cogliere – provando a suggere l’essenza del suo pensiero – quanto egli possa dire (rectius: insegnare) a noi persone di scuola del XXI secolo, che operano nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado (sebbene, ahimè, io mi trovi nel “pronaos” della quiescenza). Il ri-pensare Giovanni Modugno nella scuola di oggi non può, né deve, essere un mero esercizio di erudizione storiografica, ma un interesse squisitamente teoretico che interroghi il pedagogista, a partire dagli interrogativi del presente che scaturiscono, ovviamente, da bisogni didattici, educativi e pedagogici che urgono alle persone di scuola.

2. I “MAESTRI DEL SENSO”

E’ possibile connotare Giovanni Modugno come un “cercatore di Cristo”, un “apostolo dell’educazione”, un “pellegrino dell’Assoluto”: queste locuzioni possono legittimamente compendiarsi – per utilizzare il lessico della pedagogia di Papa Francesco – nell’espressione “maestro del senso”. Non trovo migliore sintetica definizione se non quella delle parole usate dal Pontefice recentemente a Lisbona, parlando ai giovani dal Pontefice per definirli: . 

E Giovanni Modugno lo è stato, di sicuro, ante litteram, … e lo è ancora oggi, a sessantacinque anni dalla sua scomparsa!

Leggere Giovanni Modugno oggi significa affrontare in modo efficace le urgenze educative del mondo contemporaneo: riformare la scuola, per Modugno, voleva dire formare le coscienze delle degli educandi. Al centro del processo educativo – come sostenevano in quegli anni i pedagogisti dell’attivismo pedagogico – non possono che esserci gli educandi con i loro vissuti, le loro storie interiori, i loro bisogni. Nel processo di educazione, non si può che “ascendere insieme”, per riprendere il titolo di un testo del 1943 dello stesso Modugno, per cambiare se stessi e contestualmente la società in cui si vive. L’unica vera riforma della scuola doveva essere, a parere di Giovanni Modugno, la “riforma interiore”, quella della formazione dei docenti.

La sua vita, la sua ricerca culturale, il suo insegnamentoincarnano l’anelito verso una società più giusta e più libera, nella quale ogni persona, consapevole della sua dignità, possa recuperare e vivere il significato dei valori fondamentali, in primis, la vita e la libertà, senza dei quali non è possibile praticare alcun altro valore. L’attualità del suo messaggio si focalizza prioritariamente intorno alla finalità dell’educazione, riprendendo le istanze più significative della tradizione pedagogica cristiana, arricchita dal dialogo fecondo con autori contemporanei. A partire dalla fine degli anni Venti, intensa fu la relazione di Giovanni Modugno con il gruppo di pedagogisti cattolici che si raccoglieva in quel di Brescia intorno alla casa editrice La Scuola, fondata nel 1904, ed alla rivista Scuola Italiana Moderna, nata nel 1893. Il medesimo milieu cattolico in cui, com’è noto, nacque (nel 1897) e si formò un giovane sacerdote (proclamato santo nel 2018), don Giovanni Battista Montini (il cui padre, l’avvocato Giorgio, era stato tra i fondatori della casa editrice), che alle posizioni di Giovanni Modugno fu certamente vicino, anche attraverso la filosofia della persona di Jacques Maritain (1882 – 1973).  

Nel gruppo di docenti e pedagogisti cattolici bresciani e nelle loro iniziative, di cui fu ispiratore e sodale anche attraverso il suo discepolo e figlioccio Matteo Perrini (1925 – 2007), Giovanni Modugno trovò quella consonanza intellettuale e religiosa che spesso gli mancò in Puglia, una sorta di accogliente “rifugio” ma anche la possibilità di incidere nella scuola militante: basti pensare alla comunanza di interessi e alla sua consonanza intellettuale con Laura Bianchini (1903 – 1983), docente di filosofia bresciana e madre Costituente.  

Anche dopo la seconda guerra mondiale, Giovanni Modugno continuò a collaborare con Scuola Italiana Moderna, la rivista scolastica più diffusa tra i docenti di scuola elementare, ed ispirò anche una filiazione diretta del gruppo bresciano: il “gruppo di maestri sperimentatori” di Pietralba (BZ),  dal nome dalla località dolomitica nella quale il gruppo si riunì per la prima volta nel 1948, cui partecipò anche un altro grande pedagogista pugliese, allora appena venticinquenne, suo allievo all’Istituto Magistrale di Bari: Gaetano Santomauro (1923 – 1976).  

Giovanni Modugno riconosce che la pedagogia è la “scienza della vita”: si preoccupa di affinare una riflessione rigorosa ma anche che manifesti un’efficacia pratica, fondata su principi e valori saldi, applicabili sia alla prassi quotidiana, scolastica e non. Per Modugno, la scienza della vita costituisce la risposta più significativa all’esigenza di riaffermare il primato della moralità, della razionalità e della spiritualità, come qualità peculiari di ogni persona che impara a riconoscerle come espressioni ineludibili della propria dignità e della propria coscienza morale.

Giovanni Modugno ricerca sempre il “perfezionamento interiore” anche nei momenti più drammatici della sua vita personale, come nel 1934, con la precoce morte dell’unica figlia Pina. Evento – collegato con altri lutti familiari (i genitori) – che interroga la coscienza del pedagogista. Quando la figlia si ammala, il progetto del Modugno è di lavorare per ‘cristianizzare la vita’, in lui e attorno a lui. E’ convinto che le disuguaglianze sociali e le miserie non si eliminano soltanto con le leggi e le riforme, ma con l’amore. La vera riforma interiore consiste nel disporsi a comprendere i bisogni di ciascuna persona in difficoltà e nel sentirsi responsabili se manca il necessario per vivere.

I motivi fondamentali che accompagnano la vita di Modugno sono quelli di ‘ascendere insieme’, ‘salire alla sublime vetta’,‘aiutare gli altri a salire’: l’insegnamento gli consente di adempiere a questa sua idea. Nella prospettiva del suo pensiero, la religione costituisce il principale centro d’interesse dell’intero curricolo scolastico, oltre che il contenuto più significativo della scienza della vita. Essa è la guida per cogliere nella vita concreta le relazioni tra le singole azioni ed i principi della ragione e della morale. Con la didattica della ‘provocazione riflessiva’, stimolata dal docente, la pratica del riflettere durante le lezioni li sollecitanella chiarificazione dei criteri direttivi e li pome nelle condizioni di osservare, giungendo a scoprire le istanze più profonde della vita.

3. GIOVANNI MODUGNO VIVANT

Riflettere oggi, nel terzo decennio del XXI secolo, sulla figura, sul pensiero e sulla storia di Giovanni Modugno, “cercatore di Cristo” ed “apostolo dell’educazione” è un atto “rivoluzionario” nella sua essenza, che modifica radicalmente i paradigmi del pensiero corrente, spesso incentrato sui tecnicismi della pedagogia– declinati in tutte le sue branche – e della scuola, piuttosto che sulla persona, quale punto di imputazione ultimo di ogni azione educativa.

Questo è il continuum che attraversa la vita di Giovanni Modugno, anche prima di insegnare, quando, da giovanissimo, iniziò ad impegnarsi nelle vicende della politica della sua città, in solido con lo storico molfettese Gaetano Salvemini (1873 – 1957), cui lo unì un lunghissimo sodalizio intellettuale e politico, nonostante le diverse posizioni, che ha attraversato la storia italiana dai primi anni del XX secolo agli anni ’50 del medesimo.Pressocché coetanei, furono entrambi “figli”, molto diversi tra loro, della medesima temperie culturale, quella positivistica, da cui furono entrambi però sempre alieni, giungendo a posizioni politiche diverse che avevano in comune l’impegno infaticabile e diuturno per il riscatto dei contadini meridionali rispetto ai soprusi dei latifondisti assenteisti, attraverso la conquista del primo e più fondamentale dei diritti, quello all’istruzione.   

Il fulcro dell’attività di Giovanni Modugno – che volle essere sempre “maestro di maestri” – fu sempre l’educazione dei giovani al pensiero critico, lontano da ogni possibile strumentalizzazione da qualunque “luogo” essa provenisse. Egli non fu mai uomo “di parte”, rifiutò sempre per se stesso incarichi, cariche ed onori di ogni tipo, proprio per conservare la sua libertà di pensiero: com’è noto, rifiutò la carica di Provveditore agli studi di Bari, sia nel 1923, quando gli fu proposta da Giuseppe Lombardo-Radice (1879 – 1938) perché temeva che avrebbe dovuto venire a compromessi con il fascismo, sia dopo la seconda guerra mondiale, quando fu invitato a ricoprire la medesima carica da Tommaso Fiore (1884 – 1973), a nome del Comitato di Liberazione Nazionale. Parimenti, non a caso, nel 1929, fu assordante il suo silenzio – in un’Italia osannante – di fronte alla firma dei Patti Lateranensi, che, com’è noto, ponevano fine alla sessantennale “questione romana”.

Questa missione – cui adempì senza deroga alcuna – non gli impedì di mantenere relazioni intellettuali con i più sensibili ed insigni pedagogisti del suo tempo, a cominciare dalla “scoperta” di Friedrich Wilhelm Foerster (1869 – 1966) e Josiah Royce (1855 – 1916). Con ed attraverso di loro, Giovanni Modugno difese la persona umana, la sua dignità e la sua libertà interiore, trovando nel cristianesimo, inteso come “fede nella Resurrezione”, il miglior fondamento per conseguire questo obiettivo. In quest’opera educativa, massima era la sintonia del pedagogista con l’allora Arcivescovo di Bari, Mons. Marcello Mimmi (1882 – 1961), di cui condivideva in toto il metodo pastorale.

La cifra di tutta l’esistenza del pedagogista che si può compendiare nel titolo del volume – pubblicato dieci anni dopo la sua scomparsa, a cura dell’amatissima moglie, Maria Spinelli Modugno – Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno: mediante un’ascesa interiore, mai disgiunta dall’adempimento del dovere della missione educativa, indirizzata alla conquista, da rinnovare continuamente, della libertà, della coscienza critica e della dignità della persona umana. Un’eredità pedagogica e morale da raccogliere e praticare con rinnovata lena anche, se non soprattutto, nelle scuole di ogni ordine e grado. 

Quella ‘coscienza critica’ di cui oggi – dopo oltre sessanta anni dalla sua morte – si avverte uno smisurato bisogno: VINCENZO ROBLES, da storico, con i suoi volumi, ne rende seriamente consapevoli noi tutt*, uomini del XXI secolo, persone di scuola e non.

4. EPILOGO “APERTO”

Più che un epilogo – per quanto aperto – mi piace avanzare una proposta concreta per continuare a riscoprire e valorizzare il pensiero di Giovanni Modugno nel XXI secolo. Mi piace avanzarla qui in un luogo simbolo della sua città natale, alla presenza delle autorità civili e religiose e di tanti illustri esperti.

Come si è diffuso nella scuola barese, pugliese ed italiana, forse melgré lui, il pensiero di Giovanni Modugno? A questa domanda,penso, si possa dare una risposta certa: attraverso i suoi studenti cui è toccato in sorte di averlo avuto come docente, prima a Corato, per sette anni, poi. dal 1920 al collocamento in quiescenza. presso l’Istituto Magistrale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari.

Essi hanno “abitato” ed “innervato” la scuola – segnatamente e prioritariamente quella elementare – barese, pugliese e non solo portando nella loro attività didattica e professionale gli insegnamenti ricevuti. Sarebbe molto interessante – non certo per mera erudizione storiografica – ricercare i loro nomi, la loro provenienza geografica attraverso i registri del prof. Giovanni Modugno, raccolti nell’archivio storico dell’istituto scolastico frequentato.

Consultando quell’archivio, tanto si potrebbe scoprire su Giovanni Modugno e sulla storia della scuola pugliese: potrebbe essere un ottimo argomento per un’efficace e non convenzionale attività di Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (vulgo PCTO, come negli acronimi di cui è saturo lo ‘scolastichese’, nota neolingua iniziatica), ovvero, anche per tesi di laurea (triennali, magistrali e di PhD) sicuramente molto interessanti e nietzscheanamente “inattuali”.

Del resto, l’influenza del pensiero di Giovanni Modugno,attraverso i suoi studenti del “Bianchi–Dottula”, ha anche travalicato anche i confini della scuola e della pedagogia: basti ricordare anche soltanto il nome di uno di loro, divenuto un Maestro del Diritto dell’Università degli studi di Bari (e tantissimo altro…), il prof. Renato Dell’Andro (1922 – 1990).

Ma questa sarebbe un’altra storia, che mi ricondurrebbe alla mia ormai remotissima adolescenza… 

5. BIBLIOGRAFIA

• AA.VV., Maestri del senso: competenze e passione per una scuola migliore, a cura di DE NITTI, CARLO e LAVERMICOCCA, CARLO, Bari 2023, Ecumenica editrice, di prossima pubblicazione;

• CAPORALE, VITTORIANO, Educazione e politica in Giovanni Modugno, Bari 1988, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Un pedagogista del Sud, Bari 1995, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Pedagogia Scienza della Vita, Bari, 1997, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, La proposta pedagogica di Giovanni Modugno, Bari, 2004, Cacucci;                                                                                                              

• CAPORALE, VITTORIANO, Pedagogia e vita di Giovanni Modugno, Bari 2006, Cacucci;

• CAPURSO, GIOVANNI, Due Maestri per il Sud: Gaetano Salvemini e Giovanni Modugno, Corato, 2022, SECOP;

• MICUNCO, GIUSEPPE, La buona battaglia. Santità e laicità in Giovanni Modugno, Bari, 2013, Stilo editrice;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno. Il volto umano del Vangelo, Bari, 2020, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno e il suo “rifugio”bresciano, Bari, 2022, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO – AUFIERO, ARMANDO, Giovanni Modugno: il volto umano del Vangelo in AA.VV., Op. cit.;

• SANTOMAURO, GAETANO, Giovanni Modugno attraverso gli inediti, «La Rassegna pugliese», 1969, 4-5, pp. 3 – 22;

• SARACINO, DOMENICO, Giovanni Modugno. Politica, cultura e spiritualità in un cercatore di Cristo, Bari 2006, Stilo editrice; 

• SPINELLI MODUGNO, MARIA, Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno, Bari 1967, Editoriale Universitaria.

Et si parva licet …

• DE NITTI, CARLO, La missione educativa di Giovanni Modugno e la sua attualità nel XXI secolo. Nota a margine di una recente biografia del pedagogista bitontino, ”Educazione & Scuola”, XXVI, marzo 2021, 1123;

• DE NITTI, CARLO, In difesa del Sud: storia dell’amicizia di due Maestri tra Molfetta e Bitonto, ”Educazione & Scuola”, XXVII, settembre 2022, 1141; 

• DE NITTI, CARLO, Giovanni Modugno: un “cercatore di Cristo”, apostolo dell’educazione, in VINCENZO ROBLES, Giovanni Modugno e il suo “rifugio” bresciano, Bari 2023, Edizioni Dal Sud, pp. 9 – 12.

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