“Le scuole sono l'ultima cosa da chiudere e la prima da riaprire” dice l'Oms

AGI – “Le scuole devono essere l’ultimo posto a chiudere e il primo a riaprire”. Lo ha dichiarato il direttore dell’Oms Europa, Hans Kluge, durante una conferenza stampa online, sottolineando che “lasciare le scuole aperte ha importanti benefici per il benessere mentale, sociale ed educativo dei bambini”.

“I Paesi potrebbero voler considerare la revisione dei protocolli su tamponi, isolamento e quarantena dei contatti a rischio nelle classi per ridurre al minimo le interruzioni all’insegnamento, mitigando di rischi il più possibile con la ventilazione l’uso delle mascherine”, ha aggiunto il dirigente Oms.

All’attuale tasso d’infezione, oltre il 50% degli europei sarà contagiati da Omicron entro due mesi ha aggiunto l’Oms. “A questo ritmo, l’Institute for Health …..

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Covid – Omicron: le cose che ancora non sappiamo

Dalla comparsa di Omicron lo scorso novembre, il coronavirus SARS-CoV-2 ha cambiato faccia: sono mutati i sintomi dell’infezione ma anche il suo modo di attaccare le cellule, di diffondersi nel naso e nei polmoni. Ci troviamo di fronte a un virus molto diverso da quello emerso a Wuhan a fine 2019. Un articolo pubblicato su Nature ha fatto il punto sulle domande ancora aperte in relazione alla bizzarra variante Omicron, così diversa dalle altre varianti cosiddette VOC (Variants Of Concern, varianti di interesse, da monitorare), altamente contagiosa (soprattutto nella sua sottovariante BA.2) e apparentemente meno capace di causare forme gravi della malattia.

Come riesce OMICRON a essere così trasmissibile? Omicron si distingue dalle altre varianti per l’elevata capacità di beffare le difese immunitarie dell’ospite – in particolare gli anticorpi neutralizzanti che riconoscono la proteina spike e bloccano l’ingresso al virus nelle cellule. È quindi soltanto l’abbondanza di ospiti disponibili – vaccinati inclusi – a facilitare la corsa di Omicron? O è invece qualche caratteristica intrinseca del virus così mutato a favorire il passaggio da persona a persona?

Un’ipotesi è che la concentrazione di particelle virali nel naso dell’ospite infetto risulti più elevata del solito – un’abbondanza tale da consentire l’esalazione di virioni infettivi a ogni espirazione. I dati su questo non danno indicazioni chiare: alcuni studi hanno trovato che Omicron si moltiplica più facilmente delle altre varianti nelle alte vie respiratorie o nelle cellule nasali in coltura; altri studi, che la quantità di particelle virali nell’alto tratto respiratorio dei contagiati è paragonabile, se non inferiore, a quella provocata dall’ormai scomparsa variante Delta.
Piuttosto, sembra diverso il modo in cui Omicron si fa largo nelle cellule umane. Mentre le precedenti versioni di SARS-CoV-2 usavano il recettore cellulare ACE2 per legarsi ai loro bersagli e un enzima (TMPRSS2) per agganciare la spike alla membrana delle cellule, Omicron accede al nostro corpo lasciandosi fagocitare da bolle lipidiche intracellulari, gli endosomi.

Questa caratteristica darebbe a Omicron un vantaggio in partenza: molte cellule del naso infatti esprimono il recettore ACE2 ma non l’enzima TMPRSS2. Questa versione di SARS-CoV-2 trova nel naso il suo habitat ottimale di diffusione e vi si stabilisce senza bisogno di raggiungere i polmoni o altri organi dove il TMPRSS2 è più presente. Restando nell’organo che usiamo per respirare e starnutire si diffonde anche più facilmente.

Omicron provoca una forma di covid meno grave? I dati su ricoveri e decessi sembrano indicare che Omicron dia in effetti una malattia più blanda, ma è molto difficile scorporare i suoi effetti dalla protezione offerta da vaccini e infezioni precedenti. Uno studio della Western Reserve University School of Medicine di Cleveland (Ohio) sui bambini di 5 anni, non ancora vaccinabili, ha dimostrato che le infezioni da Omicron avevano provocato meno visite al Pronto Soccorso, meno ricoveri in ospedale, meno accessi alla terapia intensiva e un minore ricorso a ventilazione polmonare rispetto a quelle da variante Delta. Un’altra ricerca sulla popolazione adulta in Sudafrica stima che il rischio di malattia grave e morte da covid con Omicron sia inferiore del 25%, per via di alcune caratteristiche del virus così mutato. Quali?

La minore capacità di moltiplicarsi nei polmoni e causare infiammazione a quei tessuti (per approfondire). E l’incapacità del virus nella variante Omicron di fondere assieme singole cellule polmonari, formando aggregati – i sincizi – che sono presenti nei polmoni delle persone decedute per covid.

Omicron-sistema immunitario: chi vince? Alcune ricerche evidenziano una minore capacità di Omicron di disabilitare gli effetti dell’interferone, una molecola prodotta in risposta all’aggressione di un patogeno che comanda alle cellule di alzare le difese. Le precedenti varianti riuscivano a evitare questa prima, importantissima forma di difesa dell’organismo, che quando manca (per esempio per qualche difetto genetico) predispone a forme gravi di covid.
Un’altra buona notizia è che le proteine virali riconosciute dalle cellule T (i linfociti capaci di riconoscere ed eliminare le cellule infettate dal virus) non risultano mutate nella variante Omicron. E quindi se le cellule T sono presenti per una passata vaccinazione, sono in grado di ridurre la severità della malattia nel caso ci si infetti comunque. Ecco perché le infezioni da tri-vaccinati o le reinfezioni con Omicron sono di solito non gravi.

Che cosa ci aspetta dopo Omicron? Con decine di mutazioni, Omicron è la più sperimentale tra le varianti di coronavirus che abbiamo incontrato: è quella con cui il virus ha esplorato il maggior numero di possibilità evolutive. In futuro potremmo scontrarci con un’altra sottovariante Omicron ancora più tosta di BA.1 e BA.2, oppure con una variante nuova e completamente diversa, com’è accaduto finora.
Il virus potrebbe perfezionare il modo di agganciare le cellule: uno studio dell’Università dell’Alabama di Birmingham su colture cellulari ha permesso di rilevare che dopo un po’ di tempo e di “giri” sulle cellule, il SARS-CoV-2 aveva acquisito la capacità di fondersi a una molecola che sta sulla superficie di tutte le cellule (l’eparansolfato). Oppure, potrebbe diventare meno sensibile alle poche armi farmacologiche che usiamo per contrastarlo: in laboratorio, quando si espone più volte il virus all’antivirale remdesivir, esso inizia a diventare meno sensibile all’azione del farmaco.

Per capire che cosa ci riserva il futuro bisognerà capire se il SARS-CoV-2, che è in grado di infettare diverse specie animali, come visoni, cervi e criceti, possa anche ritornare all’uomo mutato (è una delle ipotesi sull’origine di Omicron). Su una cosa sono tutti d’accordo: non è per nulla scontato che la prossima variante sia ancora meno grave di Omicron.

Muoversi a ritmo

ARTICOLO SCRITTO DA: FRANCESCA DA RE FORMATRICE SCUOLA OLTREMUOVERSI A RITMO“Forza bimbi, a ritmo con la musica!” “E un, due, tre…e un, due, tre” “Guarda, ha il ritmo nel sangue!” “Mettiamo la musica e cerchiamo di andare a ritmo”… Ritmo… Ritmo… Ritmo… una parola semplice a dirsi quanto difficile da realizzare e trasmettere al prossimo. Solitamente le persone si dividono in due gruppi: chi il ritmo lo sente a pelle, chi il ritmo non lo sente per niente; ma è davvero così marcata e invalicabile la linea tra questi due gruppi di persone? Assolutamente, no!Secondo la definizione della Treccani[1], la parola “ritmo” significa «il succedersi ordinato nel tempo di forme di movimento, e la frequenza con cui le varie fasi del movimento si succedono». Il termine ha una bellissima origine che ci riporta al greco ῥυϑμός, affine al verbo ῥέω che significa “scorrere”: il ritmo è qualcosa che scorre, che fluisce con costanza, come lo scorrere naturale dell’acqua di un ruscello. Con riferimento ai movimenti, viene definito con «passi, mosse studiati in modo che ne risulti un movimento armonico, come di danza». Ed ecco un’altra parola del mondo della musica, armonia, che insieme al ritmo sono due dei tre elementi costitutivi della musica, insieme alla melodia.Tradurre il ritmo in azioni e movimenti non è scontato e semplice, ma è un processo che va insegnato e accompagnato nella sua evoluzione. Il ritmo in fondo ce lo abbiamo dentro di noi fin dalla nascita, anzi ancor prima, dalla vita intrauterina in cui un ritmo incessante e forte si fa sentire dentro il nostro corpo: il battito cardiaco! Tu Tum…Tu Tum…Tu Tum… Fa parte di noi, anche se non sempre lo ascoltiamo, spesso nemmeno lo sentiamo, eppure questo ritmo innato ci accompagna da sempre ed è il punto di partenza per tutti noi per sviluppare il senso del ritmo.Il primo passo è quindi quello di iniziare ad ascoltarsi e poi ad ascoltare ciò che c’è attorno a noi, i suoni della natura, le melodie, le musiche e farle nostre, trovando quella regolarità di suoni che lo rende meraviglioso, così ipnotico, e che lo fa distinguere dal resto di rumori e suoni senza definizione. Solo allora potremo fare il passaggio successivo, ovvero replicare il ritmo con movimenti del nostro corpo. Sentire, ascoltare, interiorizzare ed esprimere.Sono passaggi obbligatori per lo sviluppo di questa capacità, sia per noi adulti, ancor di più nei bambini, ma che con costanza, lungimiranza nel tempo e attività specifiche possono far germogliare quel piccolo semino che è il ritmo che è già dentro di noi e di loro.Il ritmo e la sua espressione con il movimento rientrano nelle sette Capacità Coordinative identificate dal Blume nel 1981[2]: tali capacità sono «i presupposti della prestazione motoria di un soggetto, in parte sviluppabili e in parte predeterminate geneticamente, determinate prevalentemente dai processi di controllo del movimento, che rendono un soggetto più o meno capace di esercitare con successo determinate attività motorie». Da questa definizione si capisce la loro importanza per i bambini di oggi (e adulti di domani) in quanto sono alla base del controllo del movimento: per essere acquisite sviluppano analizzatori sensoriali, cinestetici e percettivi, dislocati in tutto il corpo, e sono collegate allo sviluppo del Sistema Nervoso Centrale.Nello specifico, il Blume definisce la capacità di ritmizzazione come «la capacità di intuire un ritmo imposto dall’esterno e di riprodurlo nei propri movimenti o la capacità di riprodurre un ritmo frutto della propria immaginazione o memoria». Anche in questo caso, l’acquisizione e lo sviluppo di questa capacità andrà per gradi, iniziando prima dal tradurre in movimento un ritmo esterno e solo successivamente riproducendo in maniera autonoma un proprio ritmo inventato o ricordato.Seppur tale capacità ha come fase sensibile i 7 e 11 anni circa (per fase sensibile intendiamo l’età in cui il bambino è maggiormente predisposto a sviluppare e apprendere tali capacità), il seme del ritmo va stimolato già in tenera età, in modo da preparare il terreno fertile per la futura evoluzione.Piccoli accorgimenti durante le lezioni di motricità e attività specifiche proposte con costanza nel tempo durante l’anno scolastico e, in maniera continuativa, da un anno all’altro, bastano per stimolare l’ascolto e l’interiorizzazione del ritmo esterno: muoversi o camminare seguendo il battito di mani, muoversi a turno battendo mani e piedi seguendo le indicazioni date dall’esterno, percuotere il proprio corpo come uno strumento a percussione insieme ai compagni e/o seguendo strutture ritmiche semplici, muoversi in maniera differente a seconda della melodia della musica di sottofondo.Queste sono solo alcune delle proposte a corpo libero che possono essere portate alla Scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo di Scuola Primaria: altrettante possono essere fatte con l’utilizzo di piccoli strumenti e materiali che ci possono essere di supporto per il ritmo, ma anche per il gioco. Se al ritmo e alla musica abbiniamo anche testi di storie e poesie, il lavoro sulla ritmizzazione diventa molto più ampio e trasversale, e soprattutto magico per i bambini! Il suono e il ritmo che pervade tutto, noi e la stanza, il movimento del corpo che ci fa sentire parte di queste note, le parole che accompagnano questa espressione in un viaggio attraverso storie e mondi paralleli.Se vuoi approfondire quanto letto in questo articolo, il corso “Parole, Movimento e Musica: un incontro stupefacente!” è quello che fa per te!

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