Matematica voce dell’Enciclopedia

Matematica, una rassegna storica delle voci enciclopediche a partire dall’Encyclopedie di Diderot e d’Alembert.

Mathematics nell’Encyclopædia Britannica

La Matematica dell’Encyclopédie

La voce “Matematica” dell’Encyclopédie

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Il progetto delle voci “Matematica”

Sul sapere enciclopedico. Il progetto delle voci “Matematica” e il problema del corretto uso delle enciclopedie digitali.
Matmedia ha avviato il progetto di mettere a confronto le voci dedicate alla matematica in diverse enciclopedie e in diversi dizionari enciclopedici.
Ciò perché confrontare diverse versioni di un argomento consente di esercitare lo spirito critico, facoltà che sembra affievolirsi sempre più in un contesto sociale dominato dalla credulità, dal disinteresse, dalla faciloneria, difetti tali da svalutare e svilire il pensiero. Forse non è inutile affiancare al sopra nominato progetto un excursus sull’ideale enciclopedico ieri e oggi.
Il sapere enciclopedico può essere oggetto di studio nel suo configurarsi attraverso il tempo come strumento di civiltà.
Una storia dell’enciclopedia ricca di dettagli nozionistici è reperibile in Wikipedia e rimandiamo ad essa chi desideri questo genere di informazioni. Sul piano sincronico si dispone invece della voce Enciclopedia  dell’Enciclopedia Treccani in rete, ove viene data notizia di varie iniziative di sistemazione enciclopedica delle conoscenze nell’odierno mondo globalizzato. Qui ci limiteremo a evidenziare diacronicamente alcune salienti forme di organizzazione del sapere e i significati che esse possono assumere sul piano culturale in senso antropologico, non senza giungere a suggerire forme di   fruizione critica delle enciclopedie da parte dei giovani in chiave pedagogica.
È interessante considerare il sapere enciclopedico sul piano terminologico.
Nel Grande Dizionario della Lingua Italiana (GDLI) si dà del termine “enciclopedia” la seguente definizione:
“Ciclo intero della cultura; ordine o principio secondo cui le scienze o le correnti di pensiero si dispongono nei loro rapporti di coordinazione e subordinazione entro un sistema che le comprenda; il sistema stesso”.
Nel GDLI troviamo anche una seconda definizione del termine:
“In senso concreto: esposizione più o meno particolareggiata delle scienze e delle arti secondo un sistema logico e organico (enciclopedia sistematica o per materia) o per voci ordinate alfabeticamente (enciclopedia alfabetica). – Anche, in senso più ristretto: opera che raccoglie, per lo più secondo l’ordine alfabetico, le nozioni relative a una sola scienza (enciclopedia medica, ecc.)”.
Il GDLI riporta una serie di ricorrenze contestualizzate del termine in autori italiani. Eccone alcune estrapolate. In Galileo Galilei: “enciclopedia delle scienze”. In Giovan Battista Marino: “enciclopedia, quasi un circolo di tutte quante le scienze”. In Antonio Rosmini: “enciclopedia delle scienze, non presa come un aggregato materiale quasi gittato a caso, o distribuito secondo la norma delle lettere dell’alfabeto, ma come un tutto organico”.
Non mancano prese di posizione ironiche o severe nei confronti delle enciclopedie.
Ironico è un “evviva!” di Giacomo Leopardi per le “enciclopedie portatili” rientranti nelle “tante belle creazioni” del suo secolo. Giuseppe Giusti esprime disprezzo per “i centoni delle enciclopedie”. Federico De Roberto si dice scettico sulla possibilità di “non che studiare, ma neppur leggere [..] le voluminose enciclopedie, i dizionari universali”.
L’aggettivo “enciclopedico” è anch’esso soggetto a difformi giudizi.
Per Melchiorre Cesarotti “le conoscenze enciclopediche diffuse nella massa delle nazioni … hanno prodotta una rivoluzione generale in tutti gli spiriti”. Giosuè Carducci riconosce a Dante Alighieri il vagheggiamento della “scienza enciclopedica”. In contrasto con simili apprezzamenti vi sono la “diarrea enciclopedica” stigmatizzata da Giuseppe Giusti, i “fanciulli imbrattati di polvere enciclopedica” compianti da Giuseppe Rovani, la “asinità enciclopedica” denunciata da Carlo Dossi.
L’avverbio “enciclopedicamente” rende giustizia al sapere enciclopedico in una bella definizione di Niccolò Tommaseo:
“Si può enciclopedicamente trattare ciascuna scienza considerando le armonie di lei con tutte le parti dell’umano e sapere e operare”.
In Occidente la nozione di enciclopedia risale al mondo classico.
Ben si sa che Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia così si esprime:
”Iam omnia attingenda quae graeci τῆς ἐγκυκλίου παιδείας vocant”.
Se nel genitivo sostantivale παιδείας vogliamo riconoscere una valenza non solo culturale, ma anche pedagogica, il genitivo aggettivale ἐγκυκλίου può suggerirci che la circolarità intesa come completezza e insieme come apertura sia insita non solo nel sapere, ma anche nell’educazione. Saremmo così di fronte all’idea di una proiezione della cultura nel futuro per il suo valore formativo. D’altronde, quale senso potrebbe mai avere una sistemazione del sapere destinata a non essere trasmessa?
Nell’era cristiana l’idea di una cultura enciclopedica cominciò a strutturarsi in forma pluridisciplinare.
Ne è un esempio la raccolta Etymologiae di Isidoro di Siviglia, santo della Chiesa cattolica: sono trattate nell’opera  le arti del trivio e del quadrivio insieme con argomenti medici, giuridici, ecclesiastici, teologici, storici, politici, etimologici, fisici, geografici, architettonici, bellici, e quant’altro.
All’età  bizantina risale il Lessico Suda.
In esso  è disposta alfabeticamente una quantità di nozioni concernenti una varietà di discipline, fra cui storia, geografia, letteratura, filosofia, scienze, e via discorrendo.
Per il Medioevo ricordiamo Li Livres dou Tresor di Brunetto Latini, maestro di Dante.
Nell’Inferno il maestro raccomanda al discepolo la sua opera non col  titolo provenzale, ma col termine italiano Tesoro. La struttura del Tesoro in tre libri è enciclopedica: vi sono trattati argomenti di diverse discipline, sia umanistiche, come etica, retorica, politica, sia scientifiche, fra cui storia, fisica, medicina, geografia, astronomia, architettura. Dante fa dire a Brunetto Latini parole che esprimono lo stretto legame fra cultura e vita:
“Sieti raccomandato il mio Tesoro,nel qual io vivo ancora […]” (Dante, Inferno, XV, 119-120)
In età  umanistico-rinascimentale spicca l’opera De expetendis et fugiendis rebus  di Giorgio Valla in 49 libri, 19 dei quali dedicati alla matematica.
Gli altri ripropongono una varietà di argomenti alla stregua delle opere pluridisciplinari citate in precedenza.
Nel Settecento la struttura dell’enciclopedia si consolidò secondo uno schema destinato ad affermarsi nei secoli successivi, giungendo fino a noi.  
Notevole fu il successo della Cyclopedia organizzata da Ephraim Chambers.  Questo dizionario enciclopedico, frutto di una équipe di studiosi, si palesò felicemente innovativo, perché all’organizzazione alfabetica univa una serie di rimandi interni alle varie voci, precorrendo i moderni link informatici, e anticipò la struttura  dell’illuministica Encyclopédie  di Diderot e d’Alembert.
La Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers è una pietra miliare nella storia delle enciclopedie a stampa.
D’Alembert nell’Avvertenza ribadisce che a Diderot si devono il Prospetto dell’Enciclopedia quale parte integrante del Discorso preliminare  e la Tavola o Sistema figurato delle conoscenze umane. Si dice lieto del successo dell’opera e non si cura di critiche come quelle, tanto per citarne una, di chi pretende “che molti teologi della chiesa romana”  non abbiano fatto “reiterati sforzi per erigere in dogmi opinioni assurde e dannose”. Rigetta le obiezioni mossegli sul modo in cui nell’Enciclopedia sono trattate le questioni etico-religiose.
Si difende dall’accusa di plagio per avere attinto qualcosa da Bacone. Fa comprendere che il successo dell’opera sua e di Diderot ha suscitato enorme invidia. Non esita a denunciare “l’intrigo, l’ignoranza o l’imbecillità” di quanti lo  hanno rimproverato per gli elogi da lui tributati “ad alcuni grandi uomini” del suo  secolo.  Oggi sì che avremmo bisogno di uomini di cultura dotati di simile spirito giustamente polemico, legittimati dalla loro intelligenza a definire idioti i tanti intellettualoidi da strapazzo sempre pronti a smerciare le loro cialtronerie in ripugnanti esibizioni  televisive.
D’Alembert, dopo aver  sottolineato  che l’opera è dovuta non a due sole persone, ma ad  “una società di uomini di studio”,  nella prima parte del Discorso preliminare  chiarisce i due  scopi essenziali dell’Enciclopedia:  
“[…] Come enciclopedia, deve esporre, per quanto è possibile, l’ordine e il concatenamento delle conoscenze umane; come dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, deve contenere su qualsiasi scienza e su qualsiasi arte, sia liberale, sia meccanica, i princìpi generali che ne costituiscono la base, ed i particolari più essenziali che ne costituiscono il corpo e la sostanza.”
Le conoscenze sono distinte in dirette (ricevute dai sensi) e riflesse (ad opera dello spirito). Nel riflettere, ci rendiamo conto della nostra esistenza corporea e degli oggetti esterni. Per fruire degli oggetti utili e fuggire quelli nocivi, ci rendiamo conto che è importante unirci con gli altri esseri a noi simili:
“La comunicazione delle idee è il principio e il fondamento di questa unione, e richiede necessariamente l’invenzione di simboli.”
Di qui nasce il linguaggio come vincolo sociale:
“Tale è l’origine della formazione delle società, con la quale sono nate le lingue.”
Il vincolo sociale è insidiato dalla “legge del più forte”, che dà origine alla “nozione dell’ingiustizia, e conseguentemente del bene e del male morale”.
Il discorso prosegue con i paragrafi dedicati alla nascita delle scienze e delle arti e alle branche delle scienze della natura.
Fra queste ultime risaltano la geometria e l’aritmetica o scienza dei numeri. Viene spiegato il passaggio dall’aritmetica all’algebra. Dall’astrazione si ritorna  poi al mondo materiale  come oggetto delle scienze fisico-matematiche. Segue una digressione sui limiti della conoscenza umana:
“L’uno di questi limiti, quello da cui siamo partiti, è l’idea di noi stessi, che conduce a quella dell’Essere onnipotente e dei nostri principali doveri. L’altra, è quella parte delle matematiche che ha per oggetto le proprietà generali dei corpi, dell’estensione e della grandezza.”
Il paragrafo successivo riguarda le scienze dell’attività umana, fra cui la scienza della comunicazione delle idee, e le arti. Dopo di che non resta che delineare l’albero enciclopedico delle conoscenze.
Al Discorso preliminare fa seguito un dizionario ragionato delle scienze e delle arti, considerate nel loro sviluppo e nel loro stato all’epoca.
Del dizionario si illustrano scopo e disposizione. Nel concludere, d’Alembert non manca di rievocare, accanto agli elogi e agli aiuti ricevuti,  quei “nemici tanto deboli quanto potenti, che hanno cercato, invano, di soffocare l’impresa prima che nascesse”. E scaglia una frecciata contro chi critica l’opera conoscendone nient’altro che il titolo:
“Tocca al pubblico che legge giudicare: noi crediamo doverlo distinguere da quello che parla.”
Dall’Ottocento a oggi l’opera di Diderot e d’Alembert è stata il modello per una proliferazione di monumentali enciclopedie e dizionari enciclopedici.
È venuto meno però un requisito essenziale: la passione conoscitiva, ben presente in quei prestigiosi intellettuali illuministi, nemici acerrimi di ogni dogmatismo, anelanti alla  sistemazione di un sapere militante, schierati contro gli aspetti negativi o sterili della tradizione, desiderosi di offrire un prezioso contributo allo sviluppo della civiltà.
Oggi le enciclopedie a stampa sono state soppiantate dalle enciclopedie digitali.
C’è chi possiede la nostra Treccani e vorrebbe venderla, ma non trova acquirenti, dal momento che le voci a stampa risultano disponibili in rete, hanno il vantaggio di poter essere consultate con  tanto maggiore rapidità quanto più performante è il computer, consentono di spaziare altrettanto velocemente fra diversi siti grazie ai link. Questa è una nuova rivoluzione nella disponibilità del sapere, aperto fra l’altro alla collaborazione degli utenti come nel caso di Wikipedia. E non basta: in internet possiamo reperire anche un sapere enciclopedico multimediale, come ben sa chi naviga in youtube. Il verbo navigare ben si attaglia all’esperienza dei fruitori delle conoscenze enciclopediche digitali, giacché si rischia di naufragare non dolcemente in uno sterminato oceano di informazioni.
Negli odierni contesti pedagogici e didattici è urgente affrontare il problema del corretto uso delle enciclopedie digitali.
Assai gravi sono le colpe dei responsabili delle istituzioni educative per non essersi resi conto a tempo debito delle necessità emergenti in tal senso. Fin dagli ultimi decenni del Novecento, che potremmo definire l’era di Bill Gates, avrebbe dovuto essere inserita nei curricoli scolastici una nuova disciplina. Educazione informatica, questo il suo nome. Educazione, non istruzione. Si trattava e si tratta non soltanto di istruire all’uso del computer, ma anche e soprattutto di educare ad usarlo per acquisire un sapere al servizio del genere umano. Esigenza, questa,  che comporta la necessità di acuire lo spirito critico degli studenti, mettendoli in guardia dalle labirintiche insidie nelle  quali una fruizione ingenua delle risorse in rete rischia di invischiarli, e sollecitandoli a rigettare il  pernicioso oltraggio dell’inconcludente assoggettamento a sterili cimenti con nozionistici quesiti.
Un uso corretto delle enciclopedie continua a rimandarci all’illuminismo.
Quando si trattò di capire cosa fosse il rivoluzionario fenomeno culturale dell’illuminismo, fu posta la domanda: “Was ist Aufklärung?”. Per rispondere, Immanuel Kant prese a prestito l’esortazione oraziana a un amico: “Sapere aude!” Per Kant il motto equivalse a  dire: “Abbi il coraggio di servirti del tuo intelletto!” Consideriamo il significato del motto nel contesto oraziano della seconda epistola del libro primo limitatamente ai versi 32-43.  Orazio qui  esorta l’amico a destarsi presto per salvare il suo io e cercare un libro da leggere alla lucerna, prima che sorga il giorno, rivolgendo quindi l’animo agli studi di buon  mattino. Se l’amico, prosegue Orazio,  si affretta a curare disturbi come quelli della vista, perché continua a rimandare ciò che è più importante, ossia la cura dell’animo?
Chi ben comincia è alla metà dell’opera: cominci quindi l’amico ad essere saggio. Chi differisce il momento di vivere rettamente, è come chi si aspetti che un fiume smetta di scorrere: fiume che continuerà invece a scorrere per sempre. Questi versi insegnano a fare buon uso del tempo come in un carpe diem culturale. In ciò le risorse enciclopediche possono risolversi senz’altro in un valido ausilio, immettendo chi se ne avvale nel flusso conoscitivo della civiltà.
Bisogna dunque essere saggi, come insegna Orazio, e avere il coraggio dell’intelligenza, rivendicato da Kant.
Con questo spirito bisogna usufruire del sapere enciclopedico, partendo dalle proprie esigenze conoscitive per rielaborare le informazioni attinte, non senza confrontare diverse versioni di un dato argomento, come si è detto all’inizio con riferimento a voci enciclopediche concernenti la matematica e come si ribadisce in conclusione con riferimento ad  ogni altra disciplina.

Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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Mathematics nell’Encyclopædia Britannica

La rassegna delle voci Matematica. La voce Mathematics nella prima edizione della Encyclopædia Britannica (1768-1771).
La notizia di traduzione in italiano della voce “Matematica” dell’Encyclopédie (1751-1772) data in “Newsletter Matmedia” del 15 aprile 2022 mi ha spinto a segnalare a Emilio Ambrisi la possibilità di pubblicare una traduzione della voce MATHEMATICS dell’edizione 1771 della “Encyclopædia Britannica”, disponibile anche nella ristampa anastatica 1973 (vedi Google: “Encyclopædia Britannica 1771”).
Anni fa aderii alla proposta della Encyclopaedia Britannica di acquisto della ristampa anastatica dei tre volumi della prima edizione: a  “Mathematics” è dedicata poco meno di una colonna alle pagine 30-31 del terzo volume con rimandi a “Arithmetick” (pp. 365-423 del primo volume), a “Geometry” (pp 684-710 e tavole XLIII-XLVI del secondo volume) e a voci di “matematiche miste”. Ritengo opportuno segnalare che ci sono anche voci non segnalate: per esempio “Algebra” (pp.79-118 del primo volume) e “Calculus differentialis” (quattro righe a pag. 8 del secondo volume).
Ben volentieri ho accettato la proposta di occuparmene: comincio segnalando dati dei tre volumi: A-C (pagine numerate fino a 697 + altre), D-L (pagine numerate fino a 1009 + altre), M-Z (pagine. numerate fino a 953 + altre): a “Mathematics” è dedicata poco meno di una colonna alle pagine 30-31 del terzo volume, con alcuni rimandi (v. traduzione).
Ritenevo e ritengo che sarebbe interessante considerare l’evoluzione nelle edizioni successive (v. “History of the Encyclopædia Britannica” in Google) riuscendo a trovare una soluzione ai problemi di accesso ai testi e di diritti d’uso.
Ovviamente, un passo che ognuno può compiere è il confronto con la sua idea di Matematica e con gli attuali piani di studio delle lauree italiane in Matematica (v. classi L-35 e LM-40, consultabili anche in Google): si può ritenere interessante considerare l’idea di matematica proposta 250 anni fa da “Encyclopedie” (1751-1772) e “Encyclopædia Britannica” (1768-1771).
Propongo una traduzione tendenzialmente letterale, con scelte personali per privilegiare il presumibile senso e, in coda, due mie note.
MATHEMATICHE originariamente indicava qualsiasi disciplina o apprendimento; ma, attualmente, denota quella scienza che insegna, o contempla, qualsiasi cosa che possa essere numerata o misurata in quanto numerabile o misurabile e di conseguenza è suddivisa in Aritmetica, che ha per argomento i numeri, e Geometria, che tratta della grandezza. V. ARITMETICA e GEOMETRIA.1
Le Matematiche sono comunemente distinte in pure e speculative, che considerano la quantità astrattamente, e mista, che tratta di grandezza come sussistente in corpi materiali e conseguentemente sono intrecciate con considerazioni fisiche. Le Matematiche miste sono molto ampie, poiché ad esse possono essere riferite Astronomia, Ottica, Geografia, Idrostatica, Meccanica, Fortificazione, Navigazione, eccetera. V. Astronomia, Ottica, eccetera.2
Le matematiche pure hanno un peculiare vantaggio, che non provocano dispute tra litigiosi contendenti come in altre branche della conoscenza, e la ragione è che le definizioni dei termini sono premesse, e chiunque legge una proposizione ha la medesima idea di ogni parte di essa. Quindi è facile porre fine a ogni controversia matematica mostrando che il nostro avversario o non si è attenuto alle sue definizioni, o non ha posto premesse vere, o ha tratto conclusioni false: e se non siamo capaci di fare alcuna di queste dobbiamo riconoscere la verità di ciò che egli ha dimostrato.
È vero che nelle matematiche miste, dove ragioniamo matematicamente su soggetti fisici, noi non possiamo dare definizioni come quelle degli studiosi di geometria; noi dobbiamo quindi essere coerenti con le descrizioni; ed esse dovranno essere usate come le definizioni, purché noi siamo coerenti con noi stessi e sempre intendiamo la stessa cosa con quei termini che abbiamo una volta spiegato.
Il dottor Barrow dà una descrizione molto elegante della eccellenza e utilità della conoscenza matematica nel suo discorso inaugurale per la nomina a professore di matematiche a Cambridge. Le matematiche, egli osserva, fanno fare efficacemente esercizio, non illudono vanamente, non tormentano vessatoriamente le menti studiose con oscure sottigliezze, ma dimostrano con chiarezza ogni cosa alla loro portata, traggono conclusioni certe, stabiliscono utili regole e spiegano piacevoli domande.
Queste discipline allo stesso modo abituano e corroborano la mente a una costante diligenza negli studi; esse ci liberano del tutto da una credulona ingenuità; molto fortemente ci fortificano contro la vanità dello scetticismo, ci trattengono efficacemente da una imprudente presunzione, facilmente ci inducono a un assenso dovuto, perfettamente ci assoggettano alla guida della retta ragione. Mentre la mente è astratta ed elevata dalla materia sensibile, contempla distintamente pure forme, concepisce la bellezza delle idee, indaga l’armonia delle proporzioni, le maniere stesse sono sensibilmente corrette e migliorate, le affezioni sono composte e corrette, la fantasia calma e tranquilla, la comprensione innalzata e stimolata a più sublime contemplazione.Mathematics nella prima edizione della Encyclopædia Britannica
NOTE

ARITMETICA: pp. 365-423 del primo volume, GEOMETRIA: pp. 684-710 e tavole XLIII-XLVI del secondo volume.
ASTRONOMIA: pp. 434-500 e tavole XXXIX-L del primo volume, OTTICA: pp. 416-441 e tavole CXXXVIII-CXLI del secondo volume.

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