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Quanta connessione internet consuma Spotify?

Spotify è diventato uno dei servizi di streaming musicale più diffusi al mondo, con milioni di utenti che lo utilizzano per ascoltare musica, podcast e molto altro. Tuttavia, molti si chiedono quanta connessione Internet consumi Spotify durante l’utilizzo del servizio. È un’informazione importante per chi ha limitazioni di dati o per chi utilizza il servizio in mobilità. In questo articolo, esploreremo il consumo di dati di Spotify in modo dettagliato, analizzando come funziona il servizio, quali fattori influenzano il consumo di dati e come è possibile risparmiare dati quando si utilizza Spotify. 
Se sei un grande appassionato di musica e podcast, questo articolo è pensato per te. Scoprirai tutto quello che c’è da sapere sul consumo di dati di Spotify e come gestire il tuo utilizzo per non superare il tuo limite di dati.

Come funziona Spotify?

Spotify è un servizio di streaming musicale che funziona attraverso una connessione a Internet. Gli utenti possono accedere a un vasto catalogo di brani musicali, podcast, audiolibri e molto altro ancora. Il servizio trasmette i dati attraverso una connessione Internet, utilizzando la tecnologia di compressione per ridurre la quantità di dati trasmessi. Inoltre, Spotify utilizza un sistema di buffering per prevenire interruzioni durante la riproduzione di brani. 

 

Gli utenti possono utilizzare il servizio su diversi dispositivi, inclusi computer, smartphone, tablet, smart TV e altri dispositivi connessi a Internet. In generale, il consumo di dati di Spotify dipende da diversi fattori, tra cui la qualità audio, la durata dell’ascolto, la connessione Internet e il tipo di dispositivo utilizzato per l’ascolto.

Qualità della musica come fattore decisivo

Un fattore estremamente importante per determinare la quantità di dati mobili che consumeremo quando ascoltiamo musica su Spotify è la qualità della musica – e non stiamo parlando del fatto che si stia ascoltando reggaeton o rock and roll, ma piuttosto della risoluzione. a livello audio, che conta la musica che stiamo ascoltando. Come per i video che possiamo vedere su YouTube, ad esempio, da 420p a 4K, anche l’audio ha diverse risoluzioni che ci permettono di aumentare o diminuire la qualità del suono che stiamo ascoltando, e ovviamente una migliore qualità del suono richiederà un maggiore consumo di dati.

 

Qualità normale: è la qualità standard di Spotify, che richiede un utilizzo minimo di dati e fornisce una qualità audio minima per impostazione predefinita. Funziona a circa 96kbps ed è di gran lunga la peggiore opzione possibile. È la qualità più comune con cui Spotify lavora quando si utilizzano i dati mobili per ascoltare la musica.

Alta qualità: è la seconda qualità di Spotify, grazie alla quale possiamo scaricare a circa 160 kbps, offrendo una qualità audio media che ci permetterà di ascoltare con prestazioni minime e di godere della nostra musica senza troppe difficoltà. Questa qualità non è selezionata di default, ma dobbiamo selezionarla noi stessi.

Qualità estrema: al momento questa è la migliore qualità che Spotify offre nel suo servizio di streaming, è abbastanza lontana dalla qualità standard, infatti la triplica e la supera in corso d’opera, scaricando a circa 302 kbps, anche se è ancora un po’ lontana dall’HiFi iniziando già a offrire prestazioni più che accettabili per ottenere una buona qualità dalle nostre cuffie o apparecchiature audio.

 

Tuttavia, per impostazione predefinita, tutte le app di Spotify (ad eccezione di alcune versioni dell’app desktop) sono abilitate. Qualità automatica, l’app rileva da sola la velocità di trasmissione dei dati e quindi risparmia il più possibile mentre ascoltiamo la musica, inoltre si adatta alle esigenze della copertura mobile e quindi evita le interruzioni della musica.

Quanta connessione internet consuma Spotify?

Come abbiamo detto prima, il consumo è direttamente proporzionale alla qualità del suono che ascoltiamo, il che significa che migliore è la qualità del suono che scegliamo nell’app attraverso il suo sistema di configurazione, maggiore sarà il consumo di dati. telefoni cellulari, Per darci un’idea generale, questo sarà il consumo a seconda del meccanismo scelto:

 

Con la qualità standard utilizzeremo circa 40 MB di dati per ogni ora di musica ascoltata.

In alta qualità utilizzeremo circa 70 MB di dati per ogni ora di musica ascoltata.

Con la qualità Estrema utilizzeremo circa 150 MB di dati per ogni ora di musica ascoltata.

 

Per avere un’idea, con 4 GB di capacità totale di dati mobili potremo ascoltare circa 100 ore di musica in qualità standard, circa 56 ore di musica in alta qualità o solo 26 ore di musica in qualità estrema. Se avete una velocità che si aggira intorno a questa capacità, potete già fare i conti con la capacità esatta in modo da poter fare i vostri calcoli e non esaurire i dati mobili solo per ascoltare la musica mentre andate al lavoro. Se avete ancora delle domande, leggete qui per saperne di più sulle statistiche spotify.

Come risparmiare dati su Spotify?

Ci sono alcune opzioni per risparmiare dati su Spotify. Ad esempio, è possibile utilizzare le impostazioni di qualità audio inferiori per ridurre il consumo di dati durante la riproduzione di brani. In alternativa, si può utilizzare la funzione di download offline per ascoltare la musica senza utilizzare una connessione Internet.

 

Un’altra opzione per risparmiare dati è quella di utilizzare una connessione Wi-Fi invece di una connessione dati mobile. In questo modo, si può evitare di consumare il proprio traffico dati e utilizzare la connessione a banda larga domestica o quella di un hotspot Wi-Fi.

Come monitorare il consumo di dati di Spotify?

Per controllare il consumo di dati di Spotify, è possibile utilizzare una funzione integrata nell’applicazione per monitorare l’utilizzo dei dati. Inoltre, esistono anche applicazioni di terze parti che consentono di monitorare il consumo di dati di Spotify e di altri servizi di streaming musicale.

 

È importante monitorare il consumo di dati di Spotify per evitare di superare il proprio limite di traffico dati e incorrere in costi aggiuntivi. Inoltre, utilizzare una connessione dati mobile per la riproduzione di contenuti può comportare una riduzione della velocità di connessione, specialmente se si utilizza una connessione a banda larga mobile con limitazioni di traffico dati.

Conclusioni

Il consumo di dati di Spotify dipende da diversi fattori, tra cui la qualità audio, la durata dell’ascolto, la connessione Internet e il tipo di dispositivo utilizzato. Tuttavia, ci sono diverse opzioni per risparmiare dati, come utilizzare le impostazioni di qualità audio inferiori, utilizzare la funzione di download offline, utilizzare una connessione Wi-Fi e monitorare l’utilizzo dei dati attraverso l’applicazione o un’applicazione di terze parti.

 

Utilizzare Spotify per ascoltare musica e altri contenuti può essere un’esperienza piacevole e divertente, ma è importante tenere sotto controllo il consumo di dati per evitare di superare il proprio limite di traffico dati e incorrere in costi aggiuntivi. Con le giuste impostazioni e precauzioni, è possibile ascoltare la propria musica preferita senza preoccuparsi del consumo di dati.

 

I cinque podcast da non perdere a febbraio 2023

Black humor fatto bene (altro che Fedez), folli sperimentazioni sul medium e busti di Lenin. Ma anche orsi e latitanti. La classifica delle migliori “cose da ascoltare” uscite (più o meno) questo mese. Perché ci vuole orecchio

Il 65 per cento degli italiani ascolta con regolarità audiolibri, podcast o serie audio. L’ascolto è ormai un’abitudine consolidata: lo conferma Audible Compass 2022, un’indagine internazionale realizzata da Kantar per conto della piattaforma di Amazon. Ci piacciono soprattutto, dice il sondaggio, i contenuti originali: più di 6 intervistati su 10 hanno si sono detti entusiasti per le storie pensate per essere ascoltate, invece che lette o guardate. Anche per orientarci in questo grande mare abbiamo pensato a Podiocast, l’appuntamento del Foglio con i nuovi podcast in cerca di ascoltatori. Vi segnaliamo – senza formalizzarci troppo sulle date di pubblicazione – i podcast italiani più interessanti in uscita o disponibili online da poco. Insomma, quelli più freschi e interessanti e che metteremmo sul “podio” di questo mese. Buon ascolto.
  L’isola di Matteo

Dove ascoltarlo: su Audible

di Matteo Caccia 

L’assist dell’attualità è al bacio, come si dice. Non possiamo che partire con un podcast che parla del caso più discusso dell’ultimo mese: l’arresto del boss mafioso Matteo Messina Denaro, quello che fino a poco fa era l’ultimo componente ancora latitante della oramai sciolta commissione regionale di Cosa Nostra. E, vista la portata della cronaca, di podcast ne sono spuntati come funghi. C’è quello di Mario Calabresi per Chora, che insieme al giornalista Giovanni Bianconi e al fondatore di Libera don Luigi Ciotti racconta chi è Messina Denaro e i suoi trent’anni di latitanza e perché il suo arresto è così importante per la lotta alla mafia. C’è “Cosa Resta” (che racconta la storia di Falcone e Borsellino ma ha due episodi extra scritti dopo il raid dei Ros a Palermo) scritto da Francesco Oggiano e Carlo Notarpietro per Will Media. C’è “La cattura”, nel quale Mario Pescio su Audible racconta la settimana decisiva del gennaio 1993 che portò all’arresto di Totò Riina, dopo 24 anni di latitanza (una settimana che diventa il racconto di un’epoca). C’è quello di Roberto Savaiano sul maxi processo, che sempre su Audible nelle ultime settimane è stato in cima alla classifica ed è il racconto della vittoria dello stato su Cosa Nostra.

Ma il podcast migliore, a nostro sindacabilissimo giudizio, per qualità e per contenuto, è “L’isola di Matteo”. Zero retorica, zero militanza da anti-mafia e dietrologie complottiste, zero interviste discutibili al “barbiere del giudice” et similia. Anche per questo il fatto che abbia compiuto ormai due anni non lo rende affatto datato, anzi. Nel giugno del 2020 Matteo Caccia e Luca Micheli hanno visitato la Sicilia occidentale, la terra che ha dato i natali e nascosto uno dei criminali più pericolosi al mondo, all’epoca ancora latitante. A guidarli è stato Giacomo di Girolamo, che da sempre si occupa di raccontare le cose di mafia, quelle appariscenti e quelle minute, quelle straordinarie e quelle di tutti i giorni. Un giornalista “residente”, come ama definirsi, a sfregio della retorica del giornalismo “resiliente e resistente”. Uno che ai lettori del Foglio non può che piacere, non solo per la sua genuina simpatia e per l’affabulazione straordinaria. Giacomo non si compiange mai, non si arrende mai, ride di sé e di quella terra “senza rabbia e senza indignazione”, scherza delle querele e delle minacce, non chiede scorte, non si proclama vittima, rimane tutti i giorni al suo microfono e al suo computer, perché raccontare storie di quel territorio è l’unico modo per tenerlo desto.

  

Questa non è solo la storia di Matteo Messina Denaro. Anzi, la sua figura si scorge, gigantesca e tentacolare, ma solo in filigrana. Questa è una storia di associazioni anti racket che non lo sono davvero, di quei personaggi che la mafia genera, del business dei centri commerciali, di una portinaia che non ti parla più perché, dopo che hai ricevuto un pacco bomba che lei ha ritirato, è stata convocata dai carabinieri: un affronto intollerabile per “una persona per bene”. Gli incontri con amici, i famigliari e i colleghi di Giacomo ma anche con il figlio dell’unico pentito della famiglia Messina Denaro ci introducono a un mondo antico fatto di intese e sottintesi dove la famiglia ancora comanda tutto e tutti, dove il malaffare si nasconde in ogni angolo ma dove la bellezza tutto copre e nasconde.

    

Non aprite quella podcast – stagione 4

Dove ascoltarlo: su Spotify e Podtail

di J-Ax, Matteo Lenardon, Pedar

   
    

Attenzione, questo podcast tratta argomenti che potrebbero traviare giovani menti e impressionare bacchettoni facilmente triggerabili. Si consiglia l’ascolto a un pubblico che non beve latte di soia.

Il discaimer iniziale, recitato dall’inconfondibile voce di Maria De Filippi, così come la sigla di apertura, sono ormai di culto. Non Aprite Quella Podcast arriva alla quarta stagione. “Qualcosa che mai avrei scommesso mi sarei trovato a pronunciare”, dice J-Ax nel presentare il primo dei nuovi dieci episodi. Il fondatore degli Articolo 31 (sappiamo già per chi tifare a Sanremo) il giornalista (e autore) Matteo Lenardon e il rapper Pedar danno un nuovo significato alla definizione di true crime, quel genere in cui si incasellano i racconti di crimini realmente accaduti. E che fa la parte del leone nella produzione audio del momento. La serie, prodotta da Spotify Studios e Willy L’Orbo, officina creativa che fa capo al cantante, affronta i diabolici misteri del mondo criminale, soprannaturale e paranormale in tono dissacrante e sarcastico. Una lezione non richiesta per Fedez: ecco cos’è il vero “black humor”. E anche per certa tv nostrana: si può raccontare la cronaca nera anche senza morbosità. Partire da questa nuova stagione e recuperare le prime tre. “Ah! È un’opera meravigliosa!”.

Un episodio nuovo ogni giovedì  

Brodo

Dove ascoltarlo: su Spotify e Podtail

dei The Pills, prodotto da Show Reel Agency in collaborazione con Spotify Studios

   

“Era davvero necessario? Avoja!” I comici romani Luca Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini aka i mitici The Pills, presentano così il loro nuovo podcast, anzi vodcast, perché oltre ad ascoltarlo va anche guardato sullo smartphone. Risultato? Per ora è un Nì. I The Pills sono esilaranti e infatti Brodo è subito schizzato al primo posto nella classifica di Spotify. E il format è davvero innovativo: pure in Non Aprite Quella Podcast, per esempio, si possono vedere sullo schermo del proprio telefonino volti, ammiccamenti e smorfie dei tre conduttori, ma in Brodo questo diventa quasi irrinunciabile. Ogni puntata è composta da una prima parte di interviste e chiacchiere irriverenti con un ospite seguite da un’altra di fiction, con sketch legati alla creazione di un ipotetico podcast in un’agenzia inventata: si gioca con i luoghi comuni e le contraddizioni del settore, nel consueto stile che ha reso famoso il trio su YouTube. E però, saremo pigri noi, ma la bellezza del podcast è anche quella di lasciare il cellulare in carica o in tasca, e scordarselo lì, mentre con le mani ti reggi al manubrio di una bici, al corrimano del tram o sbucci le cipolle (“e le sento addosso/ sulla pelle”).

Fatto sta che Luca, Luigi e Matteo, che se ne fregano e fanno bene, si divertono e ci divertono. “Brodo è una guida intergalattica multilinguaggio per conoscere la società, per allargare i nostri orizzonti e per unire punti di vista che pensiamo inconciliabili”, dicono. “Il nostro obiettivo è creare dei piccoli cortocircuiti tra di noi e con gli ospiti”. Se ne parlerà, in ogni caso.

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Un episodio nuovo ogni mercoledì

   

Kult

Dove ascoltarlo: su tutte le piattaforme

di Eleonora Sacco e Angelo Zinna

    

  

L’ascolto inizia con una telefonata, anzi con quello che sembra un messaggio vocale imbottigliato su Whatsapp e lasciato alla corrente dell’estate, in attesa di trovare il suo approdo:

Ciao Ele, come va? Senti un po’, c’è una novità: mi ha contattato un certo Nicola del comune di Cavriago. Non so se te lo ricordi Cavriago, ne parlavamo un po’ di tempo fa… Loro vorrebbero fare un podcast per raccontare la storia del busto di Lenin che hanno lì, in piazza. Siccome a lui è piaciuto ‘Cemento’, ci chiede se fossimo interessati a farlo noi. Io te la butto lì, non so che piani hai per i prossimi mesi, però potrebbe essere una cosa divertente da fare questo inverno…

Una cosa divertente da fare, ma pure da ascoltare. Dopo il successo di “Cemento”, podcast che parlava di est nuovo e vecchio, di viaggi e delle curiosità sovietiche che ci spingono a tornare in luoghi che a malapena sappiamo pronunciare, Eleonora Sacco (Pain de Route) e Angelo Zinna (Collisioni), tornano con un nuovo lavoro.

Da cento anni esatti Lenin e Cavriago sono legati. Che cosa c’entra il leader della Rivoluzione d’ottobre con il piccolo comune della provincia di Reggio Emilia, i fan degli Offlaga Disco Pax lo sanno già. Per tutti gli altri ci pensa Kult. “Siamo andati a sviscerare”, ha spiegato Sacco a Meridiano 13, “l’immagine eterna di Lenin, diventata uno stereotipo dell’Unione Sovietica – l’onnipresente statua di Lenin, oggi anche regina dell’Instagram – che viene replicata all’infinito come simulacro vuoto, ma dietro cui c’è un mondo di significati. Kult fa riferimento alla nascita del culto della personalità di Lenin dopo la sua morte, che ha dato il ‘la’ a quello di molti altri leader comunisti nel mondo, dallo stesso Stalin a Enver Hoxha, a Nicolae Ceaușescu, fino alla dinastia Kim in Corea del Nord, Mao in Cina e non solo – con la differenza che loro erano in vita. Ma anche questa volta il nome è un po’ anche un gioco di parole: la stessa nascita del socialismo ha un che di kult”. 

   

Orsa minore

Dove ascoltarlo: su RaiPlay Sound

di Francesca Camilla D’Amico con Paolo Barberi e Gianluca Stazi

La confidenza uccise l’orso. Il 24 gennaio è morto Juan Carrito. È stato investito da un’automobile sulla strada statale 17 vicino a Castel di Sangro. M20, più conosciuto come Juan Carrito, era l’orso marsicano che scorrazzava per i centri abitati dell’Abruzzo e rubava i dolcetti dalla vetrina della pasticceria, che si lasciava fotografare dai curiosi e non voleva saperne di avere paura degli umani. Era una mascotte, un simpatico “Gian Burrasca”, come lo aveva definito Giovanni Cannata, presidente del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. La sua morte è stata un dolore per molti, ma cosa cambierebbe nelle nostre vite se un giorno scomparissero tutti gli orsi? Possiamo permetterci di farne a meno? In questo podcast di RaiPlay Sound in collaborazione con la riserva naturale, i racconti delle biologhe del parco nazionale si intrecciano alle storie degli orsi e del loro ambiente, in cammino per salvare se stessi e la loro specie. Un viaggio a tratti commovente, dalla tana alle foreste, dalle incursioni in paese, agli incontri con i turisti, barriere da attraversare tra un territorio e un altro alla ricerca dell’espansione, in questo pezzo di Appennino che tenta di preservare il cuore della natura selvaggia ma a contatto con le vite degli uomini: una delle tante specie animali che abitano questa terra e “sicuramente la più invadente”, per citare Daniela D’Amico, responsabile della promozione e comunicazione del parco.

Per chi non ne avesse abbastanza, sempre su RaiPlay Sound, c’è anche “Muso a muso”, il racconto degli incontri (o degli scontri) fra gli uomini e gli orsi e i lupi che sono tornati a vivere accanto alle loro case. Un’esplorazione attraverso interviste originali e voci del passato custodite dalla Teca.

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