L’economia delle piattaforme innova all’insegna della regressione sociale
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Un centinaio di migliaia di documenti interni, risalenti al periodo compreso tra il 2013 e il 2017, sono stati divulgati da Mark MacGann, ex responsabile delle attività di lobbying di Uber. Questi espongono le pratiche, adottate da quella che allora era ancora start-up, volte a esercitare delle pressioni su numerosi leader politici in tutto il mondo.
Le pagine pubblicate testimoniano una strategia aggressiva e abilmente elaborata, che – in vista della prevedibile rabbia delle principali vittime, i tassisti – mira a presentare questo modello come una promessa economica tale per cui sarebbe un errore storico, o una chiara mancanza di lucidità, provare a frenarne il continuo sviluppo.
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La società, tra l’altro, ha inaugurato un nuovo modello nel 2009, diventando uno dei principali simboli di un nuovo tipo di economia: quella dei dati e delle piattaforme. Un’economia che, grazie all’avvento degli smartphone, alla loro localizzazione tramite il sistema GPS e ai progressi dell’intelligenza artificiale, era ormai destinata a sfruttare l’interpretazione dei comportamenti degli individui, suggerendogli eventualmente una gamma potenzialmente infinita di prodotti o servizi iper-personalizzati.
Detto altrimenti, si tratta di un’architettura tecnologica che ha permesso di far emergere il principio di una connessione presumibilmente “diretta” tra fornitori di servizi e consumatori. Come Airbnb, per esempio, che è stato lanciato un anno prima, consentendo di stipulare accordi tra host e affittuari occasionali.Il carattere proprio di questa configurazione sembrava incarnare appieno la filosofia iniziale del Web, basata su una struttura non gerarchica, in grado di stimolare, quasi senza alcuna barriera all’ingresso, lo spirito imprenditoriale, o per molti, soprattutto per le popolazioni più svantaggiate, di impegnarsi in nuove professioni senza lunghi periodi di formazione preliminare. Per quanto riguarda gli utenti, hanno potuto improvvisamente beneficiare di un comfort aggiuntivo e vedere il mondo, come con un semplice tocco, venire loro incontro.
Affinché le pratiche di lobbying possano rivelarsi efficaci, non sono sufficienti i mezzi economici e gli abili opinion maker, ma occorre un ulteriore elemento decisivo: un contesto favorevole. E tale contesto era più che mai all’opera nel trionfo di una doxa che, all’epoca, affermava che una simile svolta industriale avrebbe promesso enormi ricchezze, favorendo la creazione di posti di lavoro, nonché nuove modalità di management, “orizzontali e cool” – quelle presumibilmente prevalenti nelle start-up.
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