Calendario Pirelli 2023: backstage. Video e foto. Di Emma Summerton

Muse, come le chiama Emma Summerton, la fotografa australiana chiamata a firmare il Calendario Pirelli 2023

Ashley Graham, la modella attivista curvy. Lauren Wasser, l’atleta disabile. Sasha Pivovarova, supermodella e pittrice. E poi le modelle Emily Ratajkowski e K arlie Kloss, una scrittrice (il libro My Body è un best seller) e l’altra esperta di tecnologia. Non solo belle, ma di talento. Muse, come le chiama Emma Summerton, la fotografa australiana chiamata a firmare il Calendario Pirelli 2023. Una donna «talented» in mezzo ad altre donne con un messaggio da far passare: tra loro Adwoa Aboah, Adut Akech, He Cong, Cara Delevingne, Bella Hadid, Precious Lee, Lila Moss, Kaya Wilkins e Guinevere van Seenus.

Foto (gallery) e video relativi al backstage del nuovo Calendario Pirelli 2023 di Emma Summerton


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Continua la lettura su: https://www.affaritaliani.it/culturaspettacoli/calendario-pirelli-2023-811934.html?ref=rss Autore del post: Affaritaliani Cultura Fonte: http://www.Affaritaliani.it

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Muse di grandi artisti, nell'arte e nella vita

Di molte non si conosce nulla, di altre qualche particolare di vita, di altre ancora il nome, o quel soprannome con cui la loro esistenza si è intrecciata con il cuore di qualche artista. Sono state donne reali o frutto dell’immaginazione, ma tutte muse ispiratrici immortalate tra righe poetiche, pagine di letteratura e opere d’arte. Senza di loro, forse, alcune opere che ammiriamo non sarebbero nate, oppure non sarebbero state le stesse, perché gli artisti non avrebbero potuto esprimere la loro arte. Eccone alcune tra le più famose nella storia dell’arte.
Sandro Botticelli e Simonetta Vespucci. Botticelli (1445-1510), celeberrimo artista del Rinascimento, fu legato a Simonetta Vespucci (1453-1476), nobildonna italiana, “degna di bellezza e della purezza di un angelo”. La si trova in celebri capolavori dell’artista: potrebbe essere lei la Venere della Nascita di Venere (1485), ma è suo il volto di Flora nella Primavera (1482), e della Dea dell’Amore in Venere e Marte (1483). Morì giovanissima, a soli 23 anni, di tubercolosi. Botticelli, tra le sue ultime volontà, chiese di essere sepolto nella chiesa fiorentina di Ognissanti per riposare per sempre vicino alle spoglie della sua amata: le cronache più recenti, però, raccontano che i resti di lei furono trascinati via dalle acque durante l’alluvione che nel 1966 colpì Firenze.

Ritratto di Simonetta Vespucci, Sandro Botticelli (1480).
© CC BY-NC-ND 2.0

Raffaello Sanzio e Margherita Luti. La storia vuole Raffaello (1483-1520), tra i più grandi artisti del Rinascimento italiano, legato a una donna misteriosa, spesso dipinta nelle sue opere più importanti. Lui, principe delle arti, che amava la bellezza in ogni sua forma ed i piaceri della vita, venne catturato dall’amore per Margherita Luti, meglio conosciuta come la Fornarina. La giovane era così chiamata per essere, forse, figlia di un fornaio di Trastevere. Ma nulla esclude, vista la moda del tempo, che fosse in realtà una cortigiana. I dipinti dedicati alla celebre donna mostrano certamente il lato più intimo di Raffaello, la sfera dei suoi sentimenti, il canto dell’amore. Celebre è un ritratto della fanciulla, un olio su tavola, chiamato proprio La Fornarina, conservato oggi presso Palazzo Barberini, a Roma, databile al 1520. Un dettaglio bellissimo e significativo del quadro è il bracciale sul braccio sinistro della donna, sul quale si legge la firma dell’autore, Raphael Urbinas, sicuramente il suo pegno d’amore nei confronti della Fornarina. Di lei si racconta che amasse Raffaello al punto che, alla sua morte, lacerata dal dolore, si rinchiuse nel convento di Sant’Apollonia.

La Fornarina, Raffaello Sanzio (1520).
© P.D.

Auguste Rodin e Camille Claudel. Auguste Rodin (1848-1917) aveva quarantacinque anni ed era considerato un “gigante buono”. Camille, invece, era appena ventenne ed era la fanciulla dai riccioli ribelli. La loro fu una storia d’amore durata dieci anni che lasciò un segno indelebile nelle opere di entrambi. Camille preparava l’argilla, il gesso, l’armatura e modellava le mani ed i piedi dei soggetti scultorei di Rodin. Ma con il passare del tempo Camille cadde spesso preda della paranoia: nell’ultimo periodo pensava che Rodin le volesse sabotare la carriera, rubare le idee e che, addirittura, stesse architettando di ucciderla. Era talmente annientata dal dolore che arrivò anche a distruggere alcuni suoi capolavori. Alla fine fu lei a rompere la relazione. Nel 1913, dopo che morì il padre, l’unico che, nonostante i tempi, l’avesse appoggiata nella sua carriera d’artista, la madre e il fratello decisero, con la forza, di rinchiuderla in un manicomio, con l’accusa di schizofrenia. Ma i medici non le diagnosticarono nessun disagio psichico. Sopravvisse internata nel manicomio di Montfavet (Avignone, Francia) fino al 1943, anno in cui si spense, dimenticata da tutti.

Galatea, Auguste Rodin (1887): un marmo che raffigurerebbe Camille Claudel, ispirato al suo lavoro.
© Museo Rodin / P.D.

Gustav Klimt e Adele Bloch-Bauer. Furono numerose le donne che costellarono la vita privata di Klimt (1862-1918), uno dei più significativi artisti della secessione viennese, ma solo una riuscì a catturarlo profondamente: Adele Bloch-Bauer, figlia di un agiato imprenditore e moglie di Ferdinand Bloch, ricco industriale dello zucchero. Klimt aveva avuto modo di conoscerla durante i ricevimenti che la famiglia Bloch-Bauer dava regolarmente, ma l’idea di ritrarla fu del marito Ferdinand che, nel 1903, commissionò a Klimt un quadro a figura intera avente per soggetto Adele. Fu da quel momento che l’artista sviluppò una passione per lei, che divenne la sua grande musa ispiratrice. I suoi lineamenti li ritroviamo infatti nella celebre Giuditta I, ma anche nella donna del più famoso Bacio. Adele si spense di meningite nel 1925, a soli 43 anni, quando oramai il suo volto era lacerato dalla malattia.

Ritratto di Adele Bloch-Bauer, Gustav Klimt (1907).
© P.D.

Amedeo Modigliani e Jeanne Hébuterne. La vicenda di Amedeo Modigliani (1884-1920) e di Jeanne Hébuterne si consumò a Parigi nell’atmosfera della Belle Époque. Per la donna fu un amore sofferto, paradiso e inferno allo stesso tempo. Quando la famiglia di lei venne a sapere che la figlia si era legata a un personaggio dalla reputazione così torbida, venne ripudiata: Modì (come veniva chiamato Modigliani) era infatti l’artista maledetto del momento, bohémien (anticonformista), provocatorio, squattrinato e dipendente dall’alcol. Lei, donna audace, disinibita e ribelle, accettò di rinunciare ai suoi pennelli e di dire addio alla sua carriera di pittrice per diventare la sua musa a tempo pieno. Attraverso le sue tele Modigliani le donò tutta quella bellezza che non era riuscito a concederle nella vita reale. Nei numerosi dipinti in cui viene ritratta Jeanne, l’artista decise di dare un aspetto diverso alla sua amata: la donna appare come una figura lontana, senza tempo e senza luogo, gli occhi sono malinconici, ovali e il volto è allungato, ma la figura di Jeanne rimane riconoscibile.
Una curiosità che riguarda alcuni di questi quadri è visibile osservando gli occhi della donna: in alcune tele le pupille di Jeanne sono state dipinte, in altre no. Questa particolarità è dovuta al fatto che l’artista aveva deciso di iniziare a dipingere anche gli occhi della sua amata solo quando ne avesse conosciuto anche l’anima. Ma non visse abbastanza a lungo: morì a 35 anni, di tubercolosi. Jeanne, che non lo abbandonò neanche per un istante, fu colta dalla disperazione. Il giorno dopo la morte dell’amato, in preda al delirio, si gettò dal balcone di casa trascinando nella morte anche il figlio che portava in grembo.

Ritratto di Jeanne Hébuterne, Modigliani (1915).
© Metropolitan Museum of Art / Coldcreation, via WikiMedia / P.D.

Salvador Dalì e Gala (Elena Dmitrievna D’jakonova). Salvador Dalì (1904-1989) e Gala (1894-1982) si incontrarono per la prima volta nel 1929. Lui era un artista stravagante, un po’ sopra le righe, e lei fu per lui molto più dell’amore della vita: ebbe infatti molta influenza nella vita e nell’opera del pittore, ispiratrice del suo Surrealismo. Era la sua sosia, il suo doppio, la sua gemella… e attraverso di lei, lui seppe affermare la sua esistenza. Dalì, nominato marchese dal Re Juan Carlos I, le regalò un castello che lui stesso aveva decorato, a Pubol, presso Girona (Spagna). Nei suoi ultimi anni Gala fu affetta da demenza senile, malattia che si tradusse in grandi scontri con Dalì: morì nel giugno del 1982 e, dopo un trattamento di imbalsamazione, venne sepolta nel castello, dove ancora oggi riposa. E il castello divenne il rifugio e la prigione di Dalì, quando venne poi colto da una terribile depressione.

Ritratto di Gala, Salvador Dalì (1933).
© P.D., via salvador-dali.org

———-Per approfondire:Colonnelli L., Le muse nascoste. Protagoniste dimenticate di grandi opere d’arte, Giunti Editore, 2020;Pulvirenti G., Non dipingerai i miei occhi. Storia intima di Jeanne Hebuterne e Amedeo Modigliani, Jouvence Editore, 2020;Romagnoli P., Le muse di Klimt, Electa, 2016;Parmiggiani S., Camille Claudel. Anatomie della vita interiore, Skira, 2003.

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