Papa Celestino V “fece il gran rifiuto”

Il 13 dicembre 1294 davanti al concistoro riunito a Napoli, dopo solo tre mesi e quindici giorni dalla sua elezione, Celestino V abdicò con un cerimonia plateale: scese dal trono togliendosi l’anello, la tiara e il mantello, per poi rivestirsi con la tonaca della sua congregazione. Infine, sedendosi a terra, invitò il collegio a eleggere al più presto un nuovo papa, per il bene della Chiesa.

Ma perché Celestino arrivò a rifiutare il prestigioso ruolo? Il vero motivo di quello che è stato definito da Dante il “gran rifiuto” resta ancora oggi avvolto nel mistero, ma cerchiamo di fare luce sul personaggio e sulle presunte cause dell’ardito gesto.

Immortale grazie a Dante. Il 192° papa della Chiesa è sicuramente più noto per le sue dimissioni che per la sua opera. Molti, infatti, lo hanno identificato col personaggio che Dante, nella Divina Commedia, colloca nell’Antinferno, tra gli ignavi, additandolo come il papa del “gran rifiuto”: “Colui che fece per viltade il gran rifiuto“. E probabilmente, non fosse stato per gli immortali versi del Sommo poeta, Celestino sarebbe stato dimenticato, come lo sono stati gli altri papi medievali.

Ma chi era Celestino? Pietro del Morrone nacque a Isernia nel 1215 da famiglia contadina e si ritirò da giovane tra le montagne. Presi i voti, divenne un monaco benedettino e poi fondò la congregazione ecclesiastica dei Celestini. Nel 1292 morì papa Nicolò IV e, dopo un Conclave infinito e pieno di ostacoli (peste compresa), Celestino V fu eletto papa, già ultraottantenne.

Si narra che fosse una figura mistica e umile. Dopo poco più di tre mesi di pontificato, a causa della sua inesperienza di “cose pubbliche” e provato dai continui tentativi di ingerenza del re di Napoli Carlo II d’Angiò (1254-1309), decise  – consigliato dal cardinal Benedetto Caetani – di riprendere la vita da asceta. Ma la scelta di lasciare non aveva l’aria di essere definitiva: abdicò e tornò a fare l’eremita, ma portò con sé le insegne papali.

DOPO DI LUI. L’abdicazione di Celestino lasciò campo libero al cardinal Caetani, che fu eletto papa, alla vigilia di Natale, con il nome di Bonifacio VIII (1230-1303). Il nuovo papa, temendo che prima o poi Celestino si rifacesse vivo, lo fece catturare mentre stava cercando di fuggendo in Grecia, e lo rinchiuse nel castello di Fumone, in Ciociaria, fino al momento della morte, avvenuta nella primavera del 1296.

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