L’Accordo globale sul clima, ratificato nel 2015 a Parigi da oltre 190 governi, ha regalato al mondo una roadmap chiara e condivisa, incentrata sull’obiettivo della neutralità climatica entro la metà del secolo in corso secondo l’approccio delle “emissioni nette zero”. Il termine nette comporta che potremo raggiungere lo zero anche in presenza di una certa quantità di emissioni diciamo incomprimibili (perché, ad esempio, non disponiamo ancora delle tecnologie adatte o perché i costi sono del tutto insostenibili) ma a patto che queste siano “compensate” da un quantitativo equivalente di gas serra sottratti dall’atmosfera. Questo potrà avvenire tramite sistemi tecnologici di cattura, che purtroppo al momento scontano una serie di limiti tecnici ed economici e sono ancora marginali, ovvero attraverso assorbimenti “naturali”, ad esempio prodotti dalla crescita delle foreste o dei quantitativi di carbonio contenuti nei suoli (il c.d. carbon stock). Da un punto di vista tecnico questo approccio è assolutamente
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