“Prof., non so come dire”. Perché la scuola deve fornire ai giovani un linguaggio

Il valore inestimabile del patrimonio lessicale, per comprendere e conoscere sé stessi, nel periodo in cui il processo di impoverimento del linguaggio è spaventosamente accelerato dall’informalità delle chat e dai ridottissimi registri linguistici ammessi nella rete

Mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile”, scriveva Italo Calvino nel 1985. Quasi quarant’anni dopo, nel tempo dell’innalzamento parossistico dell’immagine, il processo di impoverimento del linguaggio – spaventosamente accelerato dallo sfrenato utilizzo degli smartphone, dall’informalità delle chat, dai ridottissimi registri linguistici ammessi nella rete – appare agli occhi dei contemporanei drammaticamente avanzato, minacciando non solo le generazioni più giovani – nelle quali il dominio della parola attraversa una crisi forse irreversibile – ma segnando più generalmente la società tutta. Lo stesso Calvino, del resto, con la nota ironia non si sottraeva alla propria responsabilità, aggiungendo: “Non si creda che a questa mia reazione

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