“L’educazione sessuale una fissa della sinistra”. L’ultima crociata di Sasso, il leghista che evoca Gramsci, Ezra Pound e Topolino

“Nefandezze! Se proprio ci tengono a fare educazione sessuale ad alunni di sei anni, la facciano nelle loro sedi di partito, non approfittino della scuola, senza il consenso dei genitori, per obbligare i bambini alle loro porcherie”. Poi l’onorevole Rossano Sasso si guarda intorno con smorfia tribunesca. Metà aula di Montecitorio lo applaude stancamente, l’altra gli si ribella contro.

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1° novembre 1972: muore il poeta Ezra Pound

Il 1° novembre 1972, cinquant’anni fa, moriva Ezra Pound: un poeta fuori dagli schemi, a cui oggi s’ispira il movimento neofascista CasaPound. Scopriamo perché l’artista americano è considerato il poeta dell’ultradestra, attraverso l’articolo “Ezra Pound, poeta scomodo” di Dario Biagi, tratto dagli archivi di Focus Storia.

Il bardo di Mussolini. Ci sono due Ezra Pound. Il grande vate che ha rivoluzionato i canoni poetici del Novecento, e il fiancheggiatore del fascismo che ha pagato la fedeltà a Mussolini con la prigionia e un lunghissimo internamento in manicomio. È al secondo che si richiama, per esempio, Casapound, la più bellicosa e rampante delle formazioni neofasciste italiane.
L’ultradestra nostrana dice di specchiarsi nel poeta americano autoesiliatosi in Italia non solo per gli ideali politici, ma perché propugnava i valori della bellezza e dello spirito in “un mondo agonizzante e plastificato”. E soprattutto perché combatteva l'”usurocrazia”, l’economia di carta delle banche e della finanza: uno strapotere che oggi, come e più di ieri, è accusato di accrescere le disuguaglianze moltiplicando il numero dei poveri.

Battaglia legale. La figlia del poeta, Mary de Rachewiltz, non ha affatto gradito l’associazione del nome paterno ai comportamenti spesso violenti e razzisti del partito neofascista («È stato travisato: lui era per l’incontro delle civiltà», ha dichiarato) e ha tentato più volte, senza successo, di impedire legalmente l’uso improprio del cognome.
Una cosa è certa: il pensiero di Ezra Pound contiene spunti per certi versi profetici ed è tornato d’attualità nel dibattito sulla crisi economica di questi anni. Si presta alle appropriazioni, e non solo da destra. Ma vediamo chi era il bardo dell’Italia mussoliniana e come giunse a maturare la sua ideologia.

ITALIA, patria d’adozione. Pound passò gran parte della sua vita errabonda in Europa, muovendosi in continuazione tra Spagna, Francia, Inghilterra e Italia, prima di stabilirsi definitivamente, nel 1924, a Rapallo. Ma in realtà non recise mai il legame con l’America rurale dei suoi avi puritani e quaccheri, emigrati oltreoceano nel Seicento. Lui, che era nato nel 1885 in un paesino dell’Idaho, Hailey, e poi cresciuto in Pennsylvania, aveva lasciato nel 1910 la patria per non farvi ritorno che dopo la Seconda guerra mondiale, con il marchio d’infamia del traditore.
Eppure sia la sua opera poetica, i Cantos in particolare, sia quella dell’economista eretico, si svilupparono nel segno di un richiamo nostalgico all’America dei pionieri e dei farmers e nel sogno d’un Rinascimento a stelle e strisce.

E i suoi scritti non si possono comprendere senza una conoscenza approfondita della storia americana.

Lapide sulla residenza di Zoagli, dove Ezra Pound visse tra il 1958 e il 1962.
© Wikimedia commons

Tra il vil denaro e la poesia. La genealogia giocò un ruolo importante nella creazione delle sue teorie sociali ed economiche. Il padre, Homer, ex giudice fondiario, s’era riciclato come impiegato alla Zecca di Philadelphia: vederlo pesare con il bilancino l’argento per valutarne la qualità e sventare frodi colpì il piccolo Ezra. Più ancora lo segnò l’esempio del nonno, Thaddeus, vicegovernatore e senatore del Wisconsin, che gli apparve una specie di precursore della rivolta “antiusura”. Prima di far carriera in politica, aveva guidato una ditta di legnami e fondato una compagnia ferroviaria battendo moneta propria.
Per quanto riguarda gli studi, Ezra si mostrò interessato fin dai primi anni d’università alle lingue (in particolare a quelle neolatine) e alle letterature straniere e al mondo medievale. Tra il 1910 e il 1912 dedicò tempo ed energie, come studioso e traduttore, a Guido Cavalcanti e Dante, e percorse a piedi il Sud della Francia per documentarsi sui trovatori provenzali. Tra il 1913 e il 1914 scoprì la millenaria cultura giapponese e cinese e rimase folgorato dalla saggezza di Confucio e di Mencio.

Una teoria traballante. Le fondamenta dell’edificio delle sue teorie economiche si basavano sugli studi di due economisti eretici occidentali: il maggiore Douglas, un ingegnere ex ufficiale della Raf, e Silvio Gesell, un economista tedesco che nel 1919 aveva guidato il ministero delle Finanze dell’effimera Repubblica sovietica di Baviera. Pound collaborava regolarmente, tra le altre testate, al settimanale New Age, sostenitore del socialismo gildista, sintesi di sindacalismo rivoluzionario e socialismo: un movimento che propugnava il ritorno al sistema delle gilde, le antiche corporazioni delle arti e dei mestieri.

Economisti eretici. Pound, che già aderiva a queste idee, s’infervorò ancor di più per le teorie del Social Credit di Douglas. In sostanza, predicava il maggiore, bisognava ristabilire un rapporto più equo tra produzione e domanda, prezzi al consumo e potere d’acquisto dei lavoratori, e, per far questo, occorreva restituire al popolo il controllo della finanza. Gesell introdusse l’idea delle banconote prescrittibili, cioè deperibili come le merci, per favorire circolazione monetaria e consumi.

Pound abbracciò entrambe le teorie e ne fece il centro delle sue riflessioni. Nonché il cavallo di battaglia dei suoi articoli, una volta sbarcato in Liguria. A Rapallo poteva campare con la rendita della moglie, la pittrice inglese Dorothy Shakespear, godersi il clima temperato e dedicarsi all’amato tennis.

IDILLIO NON RICAMBIATO. Ma l’Italia l’aveva conquistato soprattutto perché nella politica fascista Pound scorgeva – in gran parte ingannandosi – la quasirealizzazione del modello che ammirava: l’economia rimessa sotto il controllo statale, il corporativismo, le bonifiche, l’autarchia. In sintesi, un esempio di Stato che combatteva la ricchezza concentrata nelle mani di pochi: un miracolo inesportabile ai suoi occhi perché, secondo lui, ero dovuto unicamente al genio di Mussolini.

Compatito dal regime. Pound assimilava il duce ai grandi artisti e condottieri rinascimentali italiani, come Sigismondo Malatesta, e ai presidenti americani come Thomas Jefferson e Abraham Lincoln, che s’erano fermamente opposti alle banche centrali e al monopolio della finanza. Per anni il poeta cercò di accreditarsi come suggeritore economico del regime, pubblicando opuscoli e saggi e tempestando la segreteria del duce di richieste di udienza. Fu ricevuto una volta sola, il 30 gennaio 1933, e trattato come uno squinternato farneticante. Ma non si perse d’animo né cambiò mai casacca. Anzi.

LA PERSECUZIONE. Durante la guerra, fino al luglio del 1943, ripeté come un disco rotto gli anatemi contro il sistema “usurocratico” da Radio Roma: 125 discorsi di un’ora ciascuno, in inglese, indirizzati ai suoi connazionali. Un’attività di propaganda che gli costò l’arresto per alto tradimento il 3 maggio 1945.

Aveva affermato che la guerra non era stata un capriccio di Hitler o Mussolini, ma frutto della millenaria lotta tra usurai e contadini. Venne imprigionato in un campo di punizione presso Pisa, chiuso alla stregua d’una belva in una gabbia d’acciaio illuminata notte e giorno, senza un giaciglio ed esposto agli elementi atmosferici.

Un “matto” di comodo. Poi fu processato negli Stati Uniti, giudicato infermo di mente (versione che faceva comodo anche all’establishment americano) e internato nel reparto psichiatrico del St. Elisabeths Hospital di Washington. Qui rimase dodici anni e ne uscì grazie a una generale mobilitazione degli intellettuali americani ed europei, dopo che i suoi Canti pisani erano stati insigniti di prestigiosi premi e riconosciuti una pietra miliare della poesia moderna.

Quando fu liberato era ridotto a una larva, ma dalla scaletta dell’aereo che l’aveva riportato in Italia rispose ai fotografi con il saluto romano. Rabdomante infallibile in letteratura, rimase ostinatamente cieco sul piano politico, anche se fino all’ultimo poté rivendicare di esser stato antimilitarista e antinterventista. Morirà nel 1972 a Venezia, osannato e compatito, taciturno e impenetrabile.

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