In declino circa la metà delle specie migratorie del mondo

Quasi la metà delle specie migratorie del mondo è in declino, secondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite pubblicato oggi. Molti uccelli canori, tartarughe marine, balene, squali e altri animali migratori si spostano in ambienti diversi al variare delle stagioni e sono minacciati dalla perdita di habitat, dalla caccia e dalla pesca illegali, dall’inquinamento e dai cambiamenti climatici. Secondo il rapporto, circa il 44% delle specie migratorie di tutto il mondo è in declino. Più di un quinto delle circa 1.200 specie monitorate dalle Nazioni Unite è a rischio di estinzione.

Biodiversità Becchi più grandi e nuove rotte migratorie: così gli uccelli si adattano alla crisi climatica di Pasquale Raicaldo 25 Settembre 2023
“Si tratta di specie che si spostano in tutto il mondo. Si spostano per nutrirsi e riprodursi e hanno anche bisogno di siti di

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La caccia alle balene le fa estinguere da millenni

La caccia alle balene su scala industriale è una piaga relativamente recente, cominciata nell’Ottocento in seguito a un aumento vertiginoso della domanda di prodotti di derivazione cetacea. Ma le popolazioni europee la praticano da millenni; e anche quando i metodi a loro disposizione erano più, diciamo così, artigianali e meno adatti alle stragi di massa, l’appetito dei nostri antenati per le balene ha causato dei danni irreparabili. Lo sostiene uno studio pubblicato su The Royal Society Publishing che ha analizzato le pratiche della baleneria nelle zone dell’Europa affacciate sull’Atlantico dal 3.500 a.C. fino al XVII secolo; l’analisi ha dimostrato che, un tempo, nelle acque europee nuotavano due specie di balene che oggi sono localmente estinte.

Dove sono le “nostre” balene? Lo studio si è avvalso di 719 campioni raccolti in decine di siti diversi lungo la costa atlantica del continente, dal Portogallo fino alla Norvegia; campioni rappresentati da ossa di balene, e che coprivano un arco temporale di 5.000 anni. Il team ha poi analizzato la composizione di una particolare proteina, il collagene, che si sviluppa in modi diversi tra le differenti specie di cetacei: ogni balena ha la sua composizione caratteristica, ed è quindi possibile identificarne la tassonomia in maniera inequivocabile.

I risultati di quest’analisi hanno restituito un quadro all’apparenza inaspettato, quasi contraddittorio rispetto a quanto sappiamo oggi delle balene europee. Da un lato, infatti, i frammenti di ossa appartenenti alle specie più diffuse oggi (soprattutto la balenottera minore) e quelli di specie particolarmente soggette alla caccia (balenottera azzurra, megattera) erano numericamente sottorappresentati. Dall’altro, il team ha riscontrato un’abbondanza di ossa appartenenti a balene grigie e balene franche nordatlantiche, che oggi sono totalmente assenti dalle aree studiate.

Troppe? Le conclusioni che si possono trarre da questi risultati ci dicono che, prima dell’ascesa della baleneria su scala industriale, le acque dell’Europa atlantica erano abitate da specie che oggi sono diffuse altrove, in America o in Asia. I nostri antenati le hanno estirpate con la caccia intensiva, e il risultato è che, quando la caccia alle balene è diventato un affare internazionale, le specie a disposizione erano quelle che non compaiono nei record storici.
Facili da cacciare? Quale sia il motivo di questo cambio di prospettiva non è chiaro: l’ipotesi più accreditata è che le balene grigie e le balene franche fossero più facili da cacciare, o più semplicemente che fossero le due specie più numerose nell’Atlantico europeo. Con il tempo (e la pesca costante) i loro numeri si sono ridotti fino ad azzerarsi, e i cacciatori di balene hanno quindi dovuto cambiare bersagli – proprio quando cominciavano a nascere metodi per una caccia più efficiente e su larga scala.

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