Sulle armonie musicali, Pitagora si sbagliava

Divenuto l’incubo di tutti gli studenti per il suo celebre teorema geometrico, il greco Pitagora è considerato ancora oggi una delle menti più brillanti e poliedriche di tutti i tempi. Fondatore nel VI secolo a.C. di una tra le prime scuole filosofiche dell’antichità, nel corso della sua vita si interessò alle materie più disparate, dalla matematica all’astronomia, fornendo le basi per la fondazione del pensiero occidentale. Dopo oltre 2.500 anni, oggi c’è però chi ha smentito (almeno in parte) l’insegnamento pitagorico che più di ogni altro ha influenzato le teorie musicali europee. 

Formula matematica. Stando al filosofo, la formula perfetta per produrre un’armonia musicale, ovvero un suono piacevole e non stonato composto da più note, deve rispettare la cosiddetta “consonanza”, ossia una semplice relazione matematica tra le frequenze che lo compongono. Secondo tale meccanismo, esistono precisi rapporti in grado di produrre intervalli considerati consonanti: nell’ottava, per esempio, una delle due note presenti nell’accordo ha esattamente la metà o il doppio della frequenza dell’altra (rapporto 1:2), mentre nella quinta il rapporto tra le note è di 3:2. Gran parte della musica che conosciamo è stata costruita su questo semplice principio pitagorico, ma in realtà sembra che tali proporzioni non siano sempre valide, specie in culture che si avvalgono di strumenti musicali poco noti alla tradizione occidentale. 

Fuori dagli schemi. Nel loro studio, pubblicato su Nature Communications, un gruppo di ricercatori delle università di Cambridge, Princeton e dal Max Planck Institute for Empirical Aesthetics di Francoforte, ha scoperto che esisterebbero armonie diverse e altrettanto piacevoli anche al di fuori della consonanza pitagorica e che durante l’ascolto di una melodia, spesso il nostro orecchio si discosta dai rapporti matematici “classici”. Per dimostrarlo, gli studiosi si sono avvalsi di una serie di prove comportamentali, coinvolgendo 4.000 persone provenienti dagli Stati Uniti e dalla Corea del Sud. In una di queste, ai partecipanti è stato chiesto di ascoltare alcuni accordi valutandone la gradevolezza, mentre in un altro le persone sono state invitate a utilizzare un cursore per regolare note particolari in modo da modificarle e renderle più piacevoli alle loro orecchie.

Armoniose imperfezioni. Analizzando i comportamenti degli ascoltatori, gli esperti hanno rilevato una preferenza significativa per le lievi imperfezioni, o “inarmonicità”, che anzi sembravano rendere la musica ancora più godibile. Ulteriori esperimenti hanno inoltre esplorato la percezione dell’armonia con strumenti musicali diversi da quelli occidentali, come per esempio il bonang (diffuso in Indonesia e formato da un insieme di piccoli gong) o vari tipi di percussione, accorgendosi che erano in grado di creare modelli completamente nuovi di consonanza e dissonanza nei quali le tradizionali relazioni matematiche non erano più valide.

Più che sconfessare totalmente Pitagora, lo studio in questione potrebbe ampliare ulteriormente la nostra comprensione della musica, dando la possibilità a compositori e musicisti di sperimentare nuove combinazioni di strumenti e di suoni attingendo a un mix di culture diverse.

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